La pizza napoletana è speciale: impasto con acqua di mare, canapa e farina integrale
La pizza napoletana è sempre di più sotto i riflettori.
C’è un mondo che prova nuove ricette e regala nuove soddisfazioni agli appassionati.
E lo fa guardando alla tradizione per andare oltre e promuovere l’immagine e il gusto di una pizza napoletana contemporanea.
Guardate ad esempio, cosa ha sperimentato Guglielmo Vuolo a Eccellenze Campane.
Un impasto pizza che prevede l’utilizzo di acqua di mare. Certo, non è l’acqua del Golfo di Napoli, ma è un salto nel tempo, come lui stesso ricorda, quando tutto ciò che era di mare esigeva l’uso di acqua di mare.
Il valore della sperimentazione è tutto nel contenuto di sale che con un’acqua di mare microbiologicamente perfetta e a basso contenuto di sodio abbatte di molto la presenza del sale. Una delle raccomandazioni prioritarie richiamate dai professori e ricercatori dell’Università di Portici che spesso vengono citati o invitati ad esprimersi sulla tossicità di questo o di quell’ingrediente della pizza.
La pizza centimetro per centimetro analizzò proprio questo aspetto già tre anni fa e ricordare i tre appuntamenti – qui, qui e qui – farà bene a chi sta scoprendo solo ora il valore scientifico della pizza.
Bella l’idea realizzata da Vuolo con l’apporto della Steralmar e speriamo che la pizza da (a)mare entri in carta e interessante la tendenza che conferma un’idea già sviluppata da un altro pizzaiolo (quasi) napoletano: Giovanni Mandara della pizzeria di Reggio Emilia, Alla Piccola Piedigrotta, l’anno scorso presentò un impasto con farina da grano arso e acqua di mare.
Chi l’ha assaggiata ne ha detto un gran bene per la capacità dell’acqua di mare di dare sapidità uniforme e mai eccessiva. Così la descrive Identità Golose: La pizza Sultano, con impasto di acqua di mare e farina di grano arso. Il topping: limone sfusato della Costiera Amalfitana, che fa da coprotagonista, poi tarassaco, cipolla di Tropea caramellata, mozzarella di bufala, foglie di cappero di Pantelleria e acciuga di Aspra
L’attenzione dei pizzaioli è passata dagli ingredienti di farcitura e conseguenti abbinamenti all’essenza del loro lavoro, l’impasto. Ed è l’impasto a firmare le caratteristiche della pizza e della pizzeria. Il pizzaiolo spesso si trincera dietro il segreto per non rivelare la cifra del suo modo di fare pizza e di attrarre clienti.
Lo sa bene un altro pizzaiolo di vecchia scuola. Enzo Cacialli, in arte il Presidente, nella nuova pizzeria Don Ernesto sul lungomare di Napoli sta sperimentando la novità dell’anno in casa del Mulino Caputo.
La farina Ricca del sacco Brown è al centro dell’attenzione del pizzaiolo. A Napoli, dopo Niko Romito che l’ha introdotta da subito nelle sue ormai metafisiche Bombe da Gourmeet, la Ricca sta entrando in molti impasti.
Mi piace ma voglio ancora fare qualche prova, mi spiega al telefono Enzo Cacialli che ha provato una classica Margherita e una profumata pizza con limoni della Costiera. La particolarità di cottura, una miscelazione che lo porterà al 100% di farina 0 e ingredienti specifici sono le indicazioni di una strada che non abbandona il solco della tradizione ma lo esalta. Qualche veloce scambio di battute e Enzo Cacialli proverà degli abbinamenti primaverili e di mare per proseguire con il capitolo “Diversamente Pizza”.
Non siete ancora convinti? Allora dovete assaggiare l’impasto con farina da semi di canapa messo a punto alla pizzeria Gorizia 1916 al Vomero. Quel numero non è il civico, ma l’anno di fondazione della storica pizzeria che l’anno prossimo compie 130 anni e inizia i festeggiamenti chiedendosi il senso di una pizza contemporanea.
E lo fa con una ricerca del CNR che mette nel mirino la necessità di una pizza più sostenibile e con una minore impronta ecologica. L’obiettivo è consumare meno acqua e la canapa chiede praticamente zero acqua.
Farina molto debole che ha bisogno di un mix con la 00, specifica Domenico Polselli, e aggiungiamo probabilmente un po’ di manitoba.
Risultato piacevole soprattutto se si va oltre le semplici margherite e si approda alla salsiccia e friarielli o al formaggio di qualità.
E si abbina la pizza con la birra Serro Croce di Vito Pagnotta o con Otto Uve, Gragnano di Grotta del Sole.
Bravi a Grasso padre e figlio che guardano al futuro e al compleanno senza paraocchi.
E poi c’è il sondaggio di gradimento più ampio al momento. Quello che sta conducendo Rossopomodoro con il suo Rossotour 2015 intitolato Integralmente Mia. Pizza con farina integrale e pizza con farina 00 per avere un confronto immediato grazie a interpreti della tradizione napoletana come Davide Civitiello, Vincenzo Capuano, Teresa Iorio e Ciro Oliva.
Tre pizze sotto la lente di ingrandimento dei consumatori da Nord a Sud dell’Italia che le assaggeranno e saranno il termometro della nuova avventura della pizza napoletana che in tutti gli anni della sua esistenza ha cambiato pelle per restare buonissima e sempre contemporanea. Eccole.
- Piennola. Pomodorini del Piennolo del Vesuvio, origano siciliano, aglietto e olio extra vergine di oliva Penisola Sorrentina DOP a crudo.
- Sangiorgesa. Quattro formaggi campani, erborinato di bufala, prosciutto cotto artigianale affumicato “Il Gigante” di Capitelli a crudo, pepe e basilico.
- Pummarulella. Provola affumicata, pomodorini corbarini, datterini gialli e rossi, Olio extra vergine di oliva Colline Salernitane DOP a crudo.
D’altronde chi avrebbe mai detto che da “chiuditivo” per ingannare lo stomaco a ora di pranzo e quindi “pesante” avrebbe assunto i caratteri della leggerezza e della digeribilità che tutti ormai cercano?
O voi siete per la pizza che si “inchiomma” sullo stomaco e richiede un bel po’ di libagioni per passare a ricordo di una serata in cui la pizza ce la siamo bruciata?