L’Archeologia a Roma, nuovo menu per mangiare bene a 40 euro
Si chiama Archeologia, ma non c’è proprio nulla di antiquato nel locale (storico, questo sì) che si affaccia con discrezione sulla via Appia Antica, tra le Catacombe di San Sebastiano e il Mausoleo di Cecilia Metella, dove i sanpietrini si alternano con l’asfalto e le pietre romane di strade millenarie bullizzano ancora quei pochi centrimetri di bitume dell’ingegneria contemporanea.
L’edificio appare già nelle stampe ottocentesche, era la fraschetta della vecchia stazione di posta, dove chi arrivava a Roma poteva sostare e far riposare i cavalli, e che tuttora è tra gli snodi più trafficati della capitale. Di giorno non si nota particolarmente, integrato com’è in un paesaggio nonostante tutto ancora agreste, blindatissimo dalla Soprintendenza in quanto siamo nel cuore del parco archeologico dell’Appia Antica; di notte invece si veste di suggestione, con lanterne e lampade a creare chiaroscuri senza tempo.
Nel corso dei suoi due secoli di vita, la fraschetta diventa man mano osteria e poi nel 1980 ristorante che della romanità si fa portavoce, nella cucina e negli ambienti, tra il giardino interno delimitato da una tomba romana in laterizi e la cantina in un sepolcro ipogeo del I secolo.
Tutto questo è però solo il valore aggiunto di un locale che oggi si presenta al pubblico in vesti moderne, grazie alla consulenza di Basilico Out of the Food, aka Davide del Duca (Osteria Fernanda) e Bruno Settimi, che con pochi ritocchi alle sale (alleggerite nei colori e nei tessuti) e un restyling del menu, hanno reso giustizia al potenziale di una realtà come poche a Roma, che dispone di salette per una cena a due come per gli spazi per un grande banchetto.
Un’impresa non facile, vista la grande percentuale di clienti fidelizzati, molti dei quali il direttore di sala chiamava per nome, e l’età media abbastanza alta, a volte restia a lasciare la strada vecchia per sapori e accostamenti insoliti (e chi è stato a Osteria Fernanda sa che Del Duca di fantasia ne ha parecchia). “Abbiamo cercato di proporre cose nuove ai clienti storici – mi spiega Davide Del Duca, che sta affiancando il resident chef Stefano Ruzzoli in questo momento di passaggio – e ci stanno dando soddisfazione. Abbiamo lavorato molto anche sulla banchettistica, uno dei punti forti di questo locale, e siamo riusciti a creare delle dinamiche di cucina in grado di assicurare sempre il massimo livello anche con molti coperti contemporaneamente“.
L’alchimia si compie sposando la familiarità di ingredienti come le costine di maiale, la frittura di moscardini, le tartare di crudi con salse, consistenze, erbe fermentate che aggiungano una dimensione in più al piatto senza stravolgerlo nel complesso.
E anche riuscendo a conciliare la qualità della materia prima e dell’esecuzione con prezzi molto accattivanti: due i menu degustazione, uno di terra a 40 euro e uno di mare a 50, entrambi di 5 portate, cui aggiungere eventualmente il wine pairing a soli 20 euro.
Consigliatissimo vista la perizia del sommelier e la varietà di bottiglie nella cantina di l’Archeologia (300 etichette, di cui circa la metà sono vini naturali).
Dalle ostriche al nasturzio, leggermente piccante – l’entrée di benvenuto – all’antipasto di branzino in tartare con maionese di ostrica e alghe croccanti e panko si capisce la mano che rispetta le gerarchie dei sapori, materia prima sempre prevalente e guarnizioni che sanno stare un passo indietro, e la offrono al palato sostenuta e impreziosita, mai sovrastanti.
L’Archetipo Marasco, 100% Maresco vitigno autoctono pugliese, metodo charmat millesimato brut nature – azienda che aderisce al disciplinare triple A – inizia un bel percorso di abbinamento con vini naturali puliti e ben fatti.
Con il tuorlo marinato sulla crema di sedano rapa e bagnato al tavolo da un ristretto di radici ritroviamo la terra, l’humus, l’erba nella sua dimensione piu armonica, l’umami.
La costina di maiale cotta a bassa temperatura e accompagnata da una crema di ricotta, cavolo nero e dal gel di rosa canina si scioglie in bocca, mentre le note tostate del cavolo nero e acidule della rosa canina le donano tridimensionalità.
Primi ad alta risoluzione, cioè ad alto grado di dettaglio: dal risotto-che-non-ti-aspetti, mantecato al topinambur con fondo di piccione e piccione marinato al caffè, un piatto dai mille profumi e di bella struttura, ai tortelli di genovese, spuma di prezzemolo e aringa affumicata, di una dolcezza stuzzicante nel contrasto con la sapidità dell’aringa, e perfettamente sinergiche con il panko croccante, che rievocava alla memoria suggestioni di gratin di cipolle.
Decisamente notevole il Cabernet Franc di Le P’tit Domaine -Saumur Champigny ‘Le Bonneveaux’, dal naso particolarmente fresco e fruttato e contemporaneamente con intense note di moka che parlavano la stessa lingua del risotto.
Il petto d’anatra, scottato e glassato e proposto con il porro arrostito su una crema di nocciole, è forse la più rassicurante delle proposte alla carta, un piatto equilibrato ma forse meno interessante (per me) degli altri finora assaggiati.
Apprezzo gli esperimenti, e quindi non potevo non apprezzare il cannolo di cioccolato con crema di semi, un dolce-non-dolce, ben bilanciato nelle componenti zuccherine, grasse e aromatiche, con il sesamo tostato che fa da filo conduttore e lascia una piacevole sensazione.
Interessante l’abbinamento con il vino di visciole di Viticoltori Finocchi di Staffolo (Jesi), prodotto tipicamente marchigiano, che si ottiene da una base di visciole fermentate aggiunte al mosto di Sangiovese e Montepulciano.
Impressioni di l’Archeologia: locale in cui tornerò molto volentieri, dal rapporto qualità-prezzo vincente, in cui ci si sente accolti e coccolati da un servizio attento e competente, in sale finalmente non rumorose e fuori dalla dittatura dei trend gastronomici.
Tra qualche settimana parte anche il lounge bar con bancone e divanetti per amanti della mixology. Cosa chiedere di più?
L’Archeologia. Via Appia Antica, 139. Roma. Tel. +39 06 7880494