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4 Febbraio 2025 Aggiornato il 4 Febbraio 2025 alle ore 12:30

Il libro della pizza di Enzo Coccia: fritta, al forno, come si fa

Presentazione del libro sulla pizza di Enzo Coccia il 10 febbraio, ore 11.00, presso la Sala Cinese del Dipartimento di Agraria di Portici
Il libro della pizza di Enzo Coccia: fritta, al forno, come si fa

Hanno studiato il mondo della pizza a tutto tondo, focalizzando l’attenzione sulle sue caratteristiche merceologiche, reologiche ed organolettiche, analizzate con rigoroso metodo scientifico.

L’appuntamento, per conoscere i risultati di questo studio multidisciplinare, durato 4 anni, è per lunedì 10 febbraio, alle ore 11.00, presso la Sala Cinese del Dipartimento di Agraria di Portici. Verranno resi noti i risultati e presentato il libro “L’arte del pizzaiuolo napoletano tra tradizione e innovazione”, già tradotto in inglese.

Gli studi si sono avvalsi della collaborazione di 20, tra ricercatori e docenti di diverse Facoltà universitarie italiane ed istituzioni di ricerca. Hanno affiancato Paolo Masi, professore emerito di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università degli studi di Napoli Federico II. 

Nell’ottica della ricerca e dell’approfondimento sui temi relativi alla produzione della pizza napoletana, Antimo Caputo, CEO di Mulino Caputo di Napoli, ha voluto contribuire attivamente, finanziando 2 borse di studio riservate a giovani neo laureati del Dipartimento di Agraria di Portici, che hanno affiancato  i due vincitori del dottorato di ricerca bandito dall’Ateneo Federiciano.

Enzo Coccia e il libro della pizza

libro pizza enzo coccia

L’iniziativa che ha portato a far confluire i risultati delle ricerche nella pubblicazione del testo, edito da Doppiavoice, è partita dal maestro pizzaiuolo Enzo Coccia. Che gli amanti ben conoscono per essere titolare della famosa pizzeria La Notizia nonché profondo conoscitore e ambasciatore della pizza napoletana.

Coccia, da sempre animato da una grande curiosità relativa ad ogni aspetto tecnico e nutrizionale, e già autore di un libro interamente dedicato alla Pizza fritta, ha dichiarato: “Essendo completamente immerso nel mondo della pizza, per professione ma, prima ancora, per passione, mi sono accorto dell’assenza di una letteratura scientifica relativa ai processi che regolano la produzione della pizza napoletana, che potesse essere di supporto soprattutto agli addetti ai lavori e, così, ho proposto di colmare questa lacuna.

Lo studio accademico

Un invito accolto con partecipazione dal rettore dell’Università Federico II, professor Matteo Lorito, e dal professor Paolo Masi. “Siamo molto soddisfatti di questo lavoro. I pizzaioli di tutto il mondo potranno, finalmente, disporre di un testo per approfondire le conoscenze relative alla pizza napoletana: alla fermentazione, alle tecnologie, ma anche ai processi di cottura e all’impatto ambientale e alla sostenibilità energetica delle pizzerie e alle innovazioni che potrebbero migliorare l’arte del pizzaiuolo napoletano

Abbiamo voluto sostenere questo studio accademico, relativo al percorso di evoluzione della tecnica e degli ingredienti della  pizza napoletana  perché riteniamo che rappresenti un valido supporto per le nuove generazioni di pizzaioli, animati da un approccio molto più tecnico, rispetto ai maestri del passato. Il mondo ci guarda con grande attenzione ed è importante dare risposte e indicazioni che abbiano un solido fondamento scientifico, così come riescono a fare gli approfondimenti pubblicati in questo testo.” Così Antimo Caputo, Ceo di Mulino Caputo.

Un focus così dettagliato si pone in ideale continuità con un riconoscimento capitale. Quello dell’Arte del Pizzaiuolo napoletano come Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità, ratificato da parte dell’Unesco, nel 2017.

I relatori

Relatori della presentazione saranno: Mauro Moresi, già professore di Tecnologie alimentari dell’Università della Tuscia; Paolo Masi, professore emerito di Tecnologie alimentari dell’Università Federico II di Napoli e Antimo Caputo, CEO di Mulino Caputo; coordinerà il confronto il giornalista Luciano Pignataro.

Assieme all’Università Federico II di Napoli, hanno collaborato: l’Università degli Studi della Tuscia, l’Università degli Studi di Salerno, l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, l’Università di Bari, l’Università del Molise e il CNR.

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