Milano. Guida completa ai prezzi del cibo alla Festa dell’Unità che non è più quella di una volta
D’istinto, mi verrebbe un bel post nostalgico. Mais où sont les fêtes d’antan? potrei dire, parafrasando François Villon: dove sono le belle Feste dell’Unità di una volta, con le salamelle, il ristorante Valtellina, i volontari con le coccarde e così via?
Festa Nazionale dell’Unità, a Milano, per la prima volta (con qualche polemica) ai Giardini Montanelli (i Giardini Pubblici dei miei tempi, così ri-chiamati perché Montanelli passava di lì). Un grande tendone-ristorante all’ingresso, dietro al Museo di Storia Naturale: Il Sapore dell’Unità.
A seguire, la paninoteca Bella Ciao. Il bar Chiringuito. In fondo, il palco centrale, dibattito – naturalmente – in corso.
Sulla destra, sotto gli alberi, un viale di cose da mangiare: baracchini, apecar, food truck, chioschi vari, frittelle e birrerie, churros e gnocco fritto, panelle e pizze, burger e risottini.
Basta non frequentare un posto, o una Festa, per qualche anno, e non lo trovi (quasi) più.
Où sont les restaurants d’antan? Non ci sono, semplicemente. Resta solo Il Sapore, con l’enorme cucina, i volontari, le (stesse) tavolate di legno e le (stesse) panche scomode, e un menù che va dalla pasta al pomodoro (4 €) al maxi tagliere di formaggi e salumi da 16,50 €, attraverso linguine allo scoglio, insalata di nervetti, casoncelli e strongozzi, costate cotolette e costine, paella e stinco, fritti vari (diciamo che con 20/30 € ci si fa un pranzo completo).
Per il resto, una serie di proposte in direzione street food, anche originali, ma soprattutto dall’aria economica (con un prezzo medio di 5 €).
C’è Mortadella Bologna, a 2,50-3-5 €: ottima la mortadella, ovvio, un po’ gommosa la michetta.
C’è la Pasta Cordelia con piatti (ravioli, strozzapreti, chitarra) a 5 €.
C’è l’apecar di Pop Dog (hot dog, non canini). C’è anche l’Associazione Verace Pizza Napoletana.
C’è Salentuccia: la puccia salentina a 6 €, ma soprattutto una colonna sonora ininterrotta e preponderante e dopo un po’ appena fastidiosa.
C’è Zafferano in Strada: risotti con lo zafferano, più luganega o gorgonzola o polvere di liquirizia, a 5/6 € (lo so, il risotto di strada è un rischio, vedi cottura eccetera: ma questo non era proprio niente male).
C’è Rock Burger, con tre proposte (carne e veg) da 7,50 a 10 €. C’è l’Antica Focacceria San Francesco: pani ca mievusa a 2 pizzini (€, direi), arancina a 1 pizzino, focaccia con panelli e cazzilli a 1 €.
C’è il birrificio Senso Logico di Cesate.
C’è Johnny Pizza a Portafoglio: essendo io impedito, ed essendo la pizza bollentissima, ho avuto un po’ di difficoltà, ma ce l’ho fatta (tanto, la lavatrice…).
C’è la Piadina Romagnola (6,50/7 €). Eccetera eccetera.
E poi c’è Carapina. Simone Bonini in trasferta: si è preso un laboratorio, si fa il suo gelato, se lo vende nel suo chiosco, con aria soddisfatta. Quando mi presento non manca di sottolineare la sua insofferenza per la moda delle classifiche, la sua estraneità da vecchio (l’ha detto lui) guru (l’ho detto io) dell’arte gelatiera, e così via. Come dire: non apro una gelateria a Milano per evitare che tu mi classifichi.
E allora assaggiamolo questo gelato, visto che nelle mie incursioni fiorentine non ci sono mai riuscito. Due formati di coppette: Cara a 3 € e Pina a 4 €. Gusti: cocomero, uva, croccante, stracciatella, fresco Carapina, pistacchio…
Ho assaggiato una coppetta – offerta da Bonini – ma un tentativo di corruzione avrebbe avuto senso solo con una vaschetta da 5kg, andiamo! Ottima: cocomero, crema Milano, una crema al limone ideata appositamente per Milano (e dai: allora magari inizia a pensarci, a una CarapinaMilano), e primo latte, che io ho stoltamente chiamato fiordilatte. Che dire? Sapore, gusto, temperatura, soprattutto delicatezza: tutto perfetto.
In una classifica delle gelaterie che non vogliono farsi classificare, sull’esempio di Gualtiero Marchesi, sarebbe al primo posto.
Ah, poi c’è il chupito Pisapia ripensaci, ma quella è un’altra storia.