Arriva la mozzarella di bufala congelata Dop e il mondo avrà un surrogato in più
C’è anche l’imprimatur del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Finalmente ci sarà la mozzarella di bufala congelata a marchio Dop e i produttori potranno inviare l’oro bianco anche a ennemila miglia di distanza dal luogo di produzione.
I produttori potranno finalmente spedire senza acqua di governo e con prezzi minori: risparmieranno l’inutile peso dell’acqua.
Per riuscire ad avere l’agognato prodotto congelato e buono per tutte le stagioni c’è la necessità di modificare il vecchio e stantio disciplinare che regola la produzione della mozzarella di bufala campana Dop. Senza cadere in troppi tecnicismi, la mozzarella di bufala per essere dichiarata Dop ad oggi deve:
- Utilizzare latte di bufala raccolto solo nelle zone di produzione individuate dalla Dop
- Utilizzare latte che non abbia più di 60 ore dalla mungitura
- Evitare latte congelato, cagliate congelate, latte vaccino e qualsiasi altra diavoleria che non sia il liquido che esce direttamente dalle mammelle di una bufala
Preso nota?
Significa che il tentativo di utilizzare la cagliata condizionata (in soldoni, il semilavorato congelato) non andato in porto l’anno scorso fa un deciso salto di qualità.
Invece di utilizzare latte fresco e congelare la cagliata, ora si passa direttamente al latte congelato arma di seduzione di massa per allevatori e caseifici. Non è utilizzato nella Dop, ma esiste eccome se esiste.
Forse ricorderete che il tentativo di approvare la cagliata congelata aveva fatto “rischiare” la sparizione dalla faccia della terra del consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop. Solo qualche arzigogolo legislativo degno della migliore Italia leguleia aveva permesso di mantenerlo in vita: niente doppio stabilimento a tutela del consumatore (da una parte latte di bufala dop, dall’altro latte di bufala non dop, latte vaccino e altro), ma la precisa statuizione che solo latte di bufala raccolto nella zona dop e lavorato entro 60 ore avrebbe distinto la mozzarella vera da quella falsa. Almeno secondo il disciplinare.
Tocca quindi levare l’impaccio delle 60 ore.
Via le 60 ore e il latte fresco dalla mozzarella di bufala
E qui abbiamo l’avallo governativo.
Copio-incollo dal comunicato stampa (disponibile qui) che annuncia “È record storico di produzione ma per continuare a crescere il disciplinare va modificato”
A ribadire la necessità di apportare delle modifiche alle normative, c’è Corrado Martinangelo – collaboratore della segreteria politica del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina – secondo il quale il disciplinare di produzione risulta ormai essere inadeguato alle esigenze della filiera e soprattutto non è in grado di assecondare le enormi opportunità che, specie presso i mercati esteri, il prodotto ha.
Chiaro il concetto? Per fare grandi ricavi con la mozzarella bisogna fare grandi quantità. Siamo a 38 milioni e rotti di chilogrammi di mozzarella certificata Dop prodotta nel 2014. Per superare la soglia dei 40, 50, 60 milioni va levato quel piccolo impedimento.
“Rispetto a quando il disciplinare è stato redatto è cambiato il mondo e il mercato, sono cambiati gli spazi e le tempistiche – ha sottolineato il Presidente Raimondo – per cui appare paradossale che un prodotto richiesto in tutti gli angoli del mondo non possa soddisfare questa richiesta per dei vincoli ormai obsoleti”.
Usare latte fresco è obsoleto. Possiamo essere d’accordo?
La politica del consorzio di tutela
Forse è più obsoleto il fatto che un consorzio di tutela non sia riuscito a far comprendere come si deve trasportare una mozzarella di bufala non all’altro capo del mondo ma da Paestum (o Caserta) a Roma senza dover ricorrere a tecniche di rianimazione di un prodotto che soffre gli sbalzi di temperatura.
Forse è più obsoleto che in tutti questi anni il consorzio non si sia dotato di una piattaforma distributiva proprietaria in grado di fare arrivare la mozzarella a destinazione nelle migliori condizioni possibili. Che sono quelle di un prodotto fresco. Invece, chi vuole il congelamento della mozzarella e dello stato di fatto prende ad esempio il Parmigiano Reggiano che vende prodotti Dop con diversi mesi di stagionatura “ed è sempre Dop”.
Appunto, diversi mesi di stagionatura di un prodotto che non è fresco. Giochiamo al contrario: Chi comprerebbe un parmigiano con 60 ore di stagionatura?
Paragone che non regge e che titola l’intera operazione di modifica del disciplinare a tentativo di trovare nuovi e più efficaci metodi di vendita, cioè meno costosi. Non migliori.
Forse il consorzio avrebbe potuto avviare una politica di reale destagionalizzazione del consumo di mozzarella di bufala anche sostenendo altri prodotti da latte di bufala come ricotta, formaggio da grattugiare, formaggio stagionato, yogurt, gelati. Purtroppo, invece, bisogna subire l’eccesso di produzione di latte durante l’inverno e la sfrenata richiesta di mozzarella di bufala durante l’estate. Sono rimasti pochi, pochissimi i caseifici che a luglio e ad agosto fermano la vendita perché è semplicemente terminato il latte fresco da trasformare. E questo a fronte di bufale che un paio di decenni fa se producevano 10 litri di latte al giorno erano considerate campionesse e se ora vanno sotto questa soglia diventano osservate speciali da eliminare al pari dei vitellini appena nati che finiscono nelle scatolette di cibo per cani.
Come ti frego il consumatore, cioè noi
L’unica speranza è che sulle buste di mozzarella di bufala campana Dop appaia a caratteri cubitali la scritta DA LATTE CONGELATO oppure semplicemente MOZZARELLA CONGELATA.
Ovviamente non sarà così. Agronotizie rivela che nell’accordo “preventivo” firmato in segreto venerdì tra l’assessorato all’Agricoltura della regione Campania e il Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop non si potrebbe utilizzare più del 25% di latte congelato. Quindi vuol dire che la mozzarella sarà fresca e “potrà” contenere una parte di latte congelato.
Un altro preziosismo leguleio per fregare i consumatori.
La mozzarella congelata in treccioni da 3 chilogrammi, quelli che fanno sbavare gli appassionati, saranno destinati solo al canale Horeca. In pratica finiranno nelle farciture e soprattutto sulla pizza – napoletana in primis per contiguità territoriale – cioè quella che astuti paladini vogliono difendere anche dalle evidenti bruciature.
Poi bisognerà vedere se qualcuno per errore non te la serve come antipasto al ristorante.
La vera mozzarella di bufala ha bisogno del WWF
Può darsi che continueranno ad esistere gli allevatori che eviteranno di far mangiare bombe energetiche alle bufale e caseifici che lavoreranno il latte da fresco, non diciamo a latte caldo che ormai quello è un divertissement per pochi amici.
Forse bisognerà difenderli come il panda del WWF.
Poi cercheremo di capire se questa crociata è singolare rispetto a quelle contro l’italian sounding e gli allevamenti e caseifici al nord dell’Italia che casomai utilizzano latte fresco e hanno codici più stringenti di un disciplinare o a favore del made in Italy e della difesa delle tradizioni con le prefiche che si addolorano per guinness e trasformazioni della pizza e chi più ne ha più ne metta.
O voi siete convinti che per mangiare la migliore mozzarella di bufala sarà necessario congelarla almeno un po’ non tutta per carità altrimenti come facciamo a scrivere che è fresca?