Mozzarella di Bufala Dop. La Cia e lo stabilimento unico: garantisce i consumatori
Sulla mozzarella di bufala è arrivato anche il contrattacco della Cia, la confederazione italiana agricoltori, che plaude alle norme più restrittive che impongono la scelta da parte dei caseifici di produrre o solo Mozzarella di Bufala Campana Dop oppure mozzarella non Dop. Nel caso si volessero produrre entrambe le tipologie, quella tutelata e quella “libera” occorrerebbe avere due linee produttive in due stabilimenti separati.
La ratio della norma, come è evidente, poggia sulla tracciabilità della filiera, ma rischia di azzoppare il comparto. Un articolo del Gambero Rosso mette in luce una parziale verità: i costi sostenuti per produrre la mozzarella dop sono abbastanza alti: 1,35 € a litro di latte. Ne servono 4 per produrre un chilo di mozzarella e con gli altri costi si arriva a 7 € al chilo alla produzione. I commercianti ritirerebbero la mozzarella a poco più di 5 € con un sottocosto sostenibile solo con l’utilizzo di latte che non appartiene alla filiera dop. Quindi est Europa che pratica prezzi di 0,60 € a litro, meno della metà.
Il fallimento di allevatori bufalini e l’aumento di produzione di mozzarella dop farebbe pensare a questo scambio. Per cui un “giro di vite” con la statuizione rigida dell’utilizzo del latte entro le 60 ore dalla mungitura sarebbe una garanzia per i consumatori.
In realtà non è così. Anzi, visto dal versante della produzione in loco avverrebbe giusto il contrario: se ho la possibilità di utilizzare latte e cagliata condizionata (congelata o come volete dire voi) riesco ad ottimizzare la produzione evitando anche la necessità di far ricadere le gravidanze a tempo favorevole per il consumo di mozzarella. In pratica, il sistema si mette in equilibrio da solo.
Il guaio è che questa apertura del disciplinare diventa un cavallo di troia per quanti vorranno guadagnare di più e inseguire la logica della vendita di ingenti partite che hanno un prezzo sottocosto, una piaga che ha colpito altri consorzi.
La presa di posizione della Cia si muove in questa direzione, ma potrebbe finire per rendere anaelastico il mercato. Il bivio sembra il solito: meglio la qualità o la quantità? Certo una soluzione deve essere trovata se vogliamo evitare di ritrovarci a casa la mozzarella di bufala lavorata o semilavorata all’altro capo del mondo.
I consumatori un piccolo sforzo devono farlo e “rassegnarsi” a pagare la mozzarella un prezzo equo. Al dettaglio, a Paestum, un chilo di mozzarella costa al banco 12-13 €. Il trasporto, voce quasi drammatica per le condizioni di infrastruttura cui forse il Consorzio avrebbe dovuto dare una risposta migliore, incide per più di 1 € al chilo. Aggiungete i ricarichi necessari in una città come Roma, quella più vicina all’area di produzione escludendo Napoli che ne è al centro, e vi renderete conto che il grande problema del latticino fresco è proprio la logistica.
Una filiera strettissima danneggerà inevitabilmente la Dop e ridurrà il numero dei caseifici da disciplinare. I più conservatori rimarcano che questa è la situazione di fatto con una serie di produttori, pochissimi, a tutela delle eccellenze e poi le seconde linee che si dibattono tra qualità e numeri. Nessuno però riesce a contabilizzare quale sarebbe il danno in caso di scomparsa della Dop. Avremmo una mozzarella buona solo per pochi fortunati? Possibile.
Una soluzione sarebbe quella di ritagliare le aree geografiche e creare il consorzio a Caserta e a Salerno. Ma due nanerottoli potrebbero riuscire lì dove il gigante sta incontrando resistenze?
Nell’attesa degli sviluppi sulla questione dello stabilimento unico a tutela della Dop (di cui abbiamo parlato in tre post), ecco la nota della Cia rilasciata all’Asca.
‘Difendiamo con forza le motivazioni che hanno condotto verso questa norma nel suo complesso, che mette in trasparenza i processi produttivi della vera mozzarella di bufala Dop, a tutto vantaggio dei consumatori e di chi produce onestamente e in qualita”’. Cosi’ la Confederazione italiana agricoltori (Cia) commenta, in una nota, il recente decreto che contiene norme stringenti in merito ai disciplinari di produzione delle famose mozzarelle di bufala Dop.
”Vogliamo – afferma Cia – che venga estesa la completa tracciabilita’ a tutta la filiera e non accettiamo ulteriori deroghe alla separazione degli stabilimenti. Vogliamo assolutamente che i caseifici dell’areale Dop che producono mozzarella di bufala non lavorino anche su mozzarelle che non siano certificate, utilizzando impianti esclusivamente dedicati alla produzione a denominazione di origine protetta.
Solo in questo modo sono completamente garantiti i consumatori”.
Cia conclude dicendosi ”d’accordo con il consentire agli stessi caseifici di produrre col latte di bufala proveniente dall’areale Dop anche altri formaggi, come ad esempio la ricotta di bufala”. [Asca]