Nuove aperture e bufale: Starbucks, KFC, Eataly Napoli, Grom, per dire
Nuove aperture. Tutti vorrebbero leggere questa notizia: Starbucks aprirà finalmente in autunno in Italia. La catena di caffetterie più famosa al mondo sbarcherà a Milano per la gioia di tutti gli appassionati di ‘frappuccini’, caffellatte e mocha.
E non saranno i soli.
Tutta la nostra penisola entro breve tempo sarà interessata dall’arrivo di molti noti marchi della ristorazione internazionale. La prova che la cura Renzi per attrarre nuovi investimenti è efficace.
Se a Roma (non) si contano i giorni che mancano al primo assaggio dei famosi polli fritti di Kentucky Fried Chicken, sarà Napoli la città dove il clamore mediatico si farà più forte. Arriva Oscar Farinetti con il suo Eataly (notizia accreditata dal Corriere del Mezzogiorno), che potrebbe andare all’attacco della tradizione partenopea importando la catena di pizzerie Pizza Hut all’ombra del Vesuvio (a seguito dell’accordo che già vi avevamo anticipato su Dissapore). A Milano, invece, le pizze seguono la ricetta di Gino Sorbillo.
Di leggende metropolitane riguardanti nuove aperture del mondo della ristorazione ne è pieno il web, per quanto spesso quelle riguardanti le innumerevoli aperture di Eataly sono state lanciate a scopo promozionale, se non addirittura utilizzate dai vari politici locali per ispirare la riconversione di edifici pubblici difficilmente gestibili (vedi il mercato comunale di Perugia) chiamando in causa direttamente Farinetti.
Quella poi sull’accordo con Pizza Hut è stata inventata di sana pianta da Adriano Aiello, ma era una notizia talmente verosimile che in un primo momento ha ingannato anche i commentatori più accorti.
Bufale (per usate un termine in questi casi azzeccatissimo) che ciclicamente si ripresentano autoalimentandosi. Dimostrano il nostro provincialismo ed il fascino (peraltro ricambiato) che il mondo anglosassone esercita su di noi.
In realtà non è così automatico che un brand americano incontri il pieno successo in Italia.
Per un McDonald’s di succcesso che sfama ogni giorno 700mila italiani, abbiamo Dunkin’ Donuts , la catena di ciambelle americane, che nella capitale riuscì a rimanere aperta solo per un breve triennio.
Per non parlare di Haagen Dasz (gelati di fascia premium) che aprì gelaterie a Milano e Genova: tennero (poco) banco per un paio di stagioni prima di chiudere.
Dovemmo poi aspettare l’arrivo di ‘Grom‘ per avere la prima vera catena di gelaterie di successo.
Subway, catena del panino/sandwich espresso, è dall’inizio dell’anno che annuncia lo sbarco curiosamente in Trentino, ma queste anticipazioni sembrano più che altro sirene per attirare possibili investitori, dato che non si è ancora ben capito in quale località vedrà la luce il primo negozio in quella regione.
Tanti sono i motivi per cui Starbucks non ha ancora aperto nella patria dell’Espresso.
L’ennesima leggenda metropolitana narra che il proprietario, Howard Schultz, non intenda valicare le Alpi con la sua ‘sirena’ (disegnata nel logo dell’azienda) per una sorta di vincolo affettivo con l’Italia.
Fu il periodo vissuto per lavoro a Milano che lo fece appassionare alla tradizione italiana del caffè come bevanda sociale e gli fece intuire le potenzialità di questo business, tanto da diventare prima socio e poi unico titolare, una volta tornato in patria, di una caffetteria di Seattle da cui poi partì tutto.
Più semplicemente la riproposizione identica di una formula di successo che ha avuto fortuna all’estero non è detto che venga apprezzata anche nel nostro Paese, da dove spesso, come in questo caso, un format ha tratto ispirazione per nascere, e dove la concorrenza è diffusissima, benchè non sempre di qualità.
C’è poi da dire che nel caso delle caffetterie nate a Seattle, la proposta non si basa solo su semplici caffè e cappuccini. Lo spazio maggiore viene dato soprattutto a prodotti più costosi e remunerativi di grandi dimensioni (i già citati ‘beveroni’ frappuccino et similia), che quando sono stati proposti a queste latitudini non hanno mai riscontrato un enorme successo di pubblico.
Curiosa la follia collettiva che si è scatenata per cercare conferme all’annuncio dell’arrivo di Kentucky Fried Chicken, marchio americano ormai nemmeno più sulla cresta dell’onda: nel centro di Londra molti punti vendita di KFC negli ultimi anni sono spariti spodestati dall’avvento dell’hamburger gourmet e da nuove catene di ristorazione che puntano sull’offerta di cibi sani e naturali.
Che apra o meno, le nostre speranze definitive per la sua apertura romana ve le abbiamo già enunciate.
Il delirio per questo nuovo ‘ristorante’ arriva con molto ritardo, e fa capire come siano cambiati i tempi.
A Roma si ricordano ancora, quasi trent’anni, fa le proteste per la prima apertura nella capitale di McDonald’s a piazza di Spagna (1986). Oggi assistiamo a scene di giubilo.
Si mettano pure il cuore in pace i tanti appassionati di Starbucks.
A meno che non escano dai patri confini (basta recarsi in Svizzera o Austria per trovare un punto vendita) nel breve tempo rimarranno a bocca asciutta, e dovranno accontentarsi di sedersi ad una poltrona cercando di connettersi alla rete wifi solo in uno dei cloni nostrani che sono spuntati in varie città italiane.
A Milano infatti abbiamo l’Arnold Coffee.
A Torino e Asti c’è il Busters Coffee.
A Napoli abbiamo lo Starbest Coffee ma soprattutto il Cup Cap’s, dove si può ordinare l’immaginifico e unico al mondo Cappuccino San Gennaro con sciroppo ai frutti di bosco nel caffè, a ricordare il sangue del santo.
Perchè da noi pure il ‘beverone’ è local, altro che catena!
E ora mi aspetto da voi qualche marchio di catena nostrano, un’apertura bufala o, meglio ancora, la prossima apertura che dobbiamo tenere a mente.
[Immagini: mirror.co.uk, mangiarebene, ideastream.org, businessinsider.com, thedubaimall.com, cinquequotidiano.it]