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Cibo
11 Febbraio 2015 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 12:56

Identità di pasta perché non tutto è amatriciana con aglio. C’è di peggio!

A Identità Golose 2015 c'è la sezione dedicata alla pasta. Come al solito, aggiungerei, anche se ha fatto più rumore l'aglio in camicia nell'amatriciana
Identità di pasta perché non tutto è amatriciana con aglio. C’è di peggio!

amatriciana

A Identità Golose 2015 c’è la sezione dedicata alla pasta. Come al solito, aggiungerei, anche se ha fatto più rumore l’aglio in camicia nell’amatriciana che Carlo Cracco ha spiegato a Posta per Te, famosa trasmissione di Canale 5 dedicata all’enogastronomia (?!).

No, scherzo. Ma è chiaro che per quanto possiamo affollare un congresso gastronomico (e a Milano l’abbiamo fatto altroché ascoltando anche Carlo Cracco), un aglio in camicia in TV è come una spallina che cade a una conduttrice. L’amatriciana fa il giro del mondo e finisce anche sul Guardian.

Mentre vi strappate le vesti, giocate all’intruso in cucina o decidete se lo chef più glamour di Identità abbia fatto oppur no una figura di palta, mi corre l’obbligo di cronaca di avvertirvi che ha dichiarato ad Angela Frenda che la cucina è libero arbitrio, che ad Amatrice non hanno visto la trasmissione – suppongo, come voi – e che la cucina regionale si evolve.

Massimo Bottura spaghetto lasagna

Io non voglio schierarmi a favore dell’amatriciana con o senza aglio, con cipolla o tradizionale. Ma posso dirvi che l’evoluzione della pasta l’ho vista. E l’ho anche assaggiata.

Quindi, seguitemi da questi quattro chef e ditemi se non è vero.

1. Marianna Vitale (Sud – Quarto, Napoli)

impepata

È la miglior chef donna dell’anno per la Guida Identità Golose 2015 ad aprire la sezione. E lo fa proclamando la necessità di dare ai cosiddetti ingredienti di scarto la propria identità. Secondo Marianna Vitale solo la rivalutazione e un diverso posizionamento di questi ingredienti può portare a una sana intelligenza. E continua sostenendo il bisogno di reinterpretare i grandi piatti della tradizione (e non so se si sia messa d’accordo con Cracco).

Ed è proprio questo il punto di partenza della sua Impepata: un grande classico che diventa un primo dall’incredibile impatto gustativo arricchendosi di pasta mista, succo di limone, crema di peperoni e riccio, anche quest’ultimo in crema diversamente da quanto proposto durante l’evento La Buona Notte. E forse è proprio questa variazione nella consistenza del riccio a regalare quella potenza armonica che la Vitale voleva conferire al piatto.

Va da sè che i tradizionalisti grideranno allo scandalo per l’inserimento della pasta nell’impepata che è anche peggio dell’aglio nell’amatriciana.

2. Viviana Varese (Alice – Milano)

cous cous

“La creatività è uscire fuori dagli schemi. La follia è il mezzo per farlo”. Così esordisce Viviana Varese senza rendersi conto della miccia che sta accendendo. “Io sono folle, ma ben accompagnata”. Un modo per descrivere la sua cucina e per ringraziare tutti colori che ogni giorno l’aiutano a incrementare il successo del ristorante Alice. E i piatti che ha presentato ci hanno dato la giusta idea della piacevole follia che sta alla base dei suoi piatti.

Il cappellaio matto, ovvero un cous cous di pasta e broccolo, con crema di broccolo, polpettine di broccolo e acciughe impanate con farina di pasta, cuore di gambo di broccolo a tocchetti ripassato nel burro e spuma di bagna cauda. Lo so, qui si parla addirittura di farina di pasta.

gnocchi

La follia, e con questo piatto diamo letteralmente i numeri, si tratta di 6 gnocchi in 6 gusti – spinacio, rapa rossa, rapa bianca, carota gialla di Polignano, cavolo viola e peperone – bagnati da una interpretazione liquida di una cacio e 7 pepi: ogni assaggio un nuova esplosione di gusto.

tagliatelle celiaci

E infine Le tagliatelle di Cicerone. Tagliatelle di farina di ceci su crema di pomodori confit con baccalà, estratto di rosmarino e latte di pomodoro caldo, con le quali la Varese strizza l’occhio ai celiaci.

3. Chistian e Manuel Costardi (Cinzia – Vercelli)

speghetti western

Qui più che l’ingrediente è il manico a uscire dai canoni. Ebbene sì: i principini del riso sono stati chiamati a interpretare la pasta.  “Chi l’ha detto che la pasta e un primo piatto?” non poteva che essere il titolo di una declinazione allegra e creativa.

I fratelli Costardi hanno iniziato con una provocazione: basta con lo sgranocchiare patatine e popcorn, al cinema armiamoci degli Spaghetti Western, un vero e proprio street food all’italiana, ovvero spaghetti cotti in infusione in acqua aromatizzata con basilico, aglio e peperoncino, raffreddati in ghiaccio, modellati e fritti, ovviamente gustati con un intingolo per pucciarli, una salsa barbecue alla birra. Sostituire i pop corn con gli spaghetti è decisamente più folle che mettere l’aglio nell’amatriciana, condividerete con me l’impressione.

pacche milanese

Poi in vista dell’Expo hanno presentato le pacche alla milanese ripiene di midollo su crema di ossobuco. Gran bell’omaggio alla città di Milano e al suo risotto dai maestri del risotto.<

noodles

E per finire non poteva certo mancare un dolce con la pasta che non è il loro primo esperimento. Dall’Oriente nascono i noodles speziati con cioccolato alle tre consistenze. Un dolce goloso, godibile, anche se non pienamente convincente proprio per la consistenza, ma non del cioccolato bensì dei noodles.

4. Massimo Bottura (Osteria Francescana – Modena)

ravioli anguilla Bottura raviolo Bottura

A chiudere l’undicesima edizione di Identità Golose Milano con un finale davvero esaltante ci pensa Massimo Bottura.

Parte da un sogno Bottura, una valle del Po pulita dove, come una volta, le anguille possono crescere e riprodursi, e lo fa diventare commestibile. Brucia la farina e con questa prepara i ravioli, quelli che lui definisce contenitori di idee: li mangi e capisci da dove viene e cosa rappresentano. Li riempie con anguilla cotta sottovuoto a bassa temperatura e la sua gelatina, ottenuta dal succo di cottura abbattuta e privata della parte grassa. E li irrora on un brodo di alzavola.

spaghetti pesto Massimo Bottura

Prosegue poi con uno spaghetto al pesto, ma senza il pesto. Ecco, lo dichiaro: Carlo Cracco è un infante al cospetto con l’aggiunta di aglio. Qui leviamo il pesto addirittura, ma forse bisognava aspettarselo da Bottura. La pasta viene fatta cuocere in acqua di basilico, una crema di parmigiano, ottenuta mettendo in infusione il formaggio, e crema di pinoli. Il gusto è pieno, ricco… vivo.

spaghetti come lasagna

E visto che siamo a Carnevale, ecco Lo spaghetto che vuole diventare una lasagna, il titolo del suo intervento. Gli spaghetti vengo cotti, frullati. Vengono  realizzati tre impasti diversi con pomodoro, parmigiano e bietole e spinaci da cui si ricava un unico strato sottilissimo di pasta tricolore. La pasta vieni quindi essiccata, fritta e passata in uno speciale grill per conferirle i sentori della crosta bruciacchiata della lasagna. La “bandiera italiana” viene servita su un ragù rigorosamente battuto al coltello e una crema leggera di parmigiano.

Bottura e la pasta

Ecco, io ho finito. Tra impepate di cozze evolute, gli gnocchi cacio e pepe, gli spaghetti western per andare a cinema, e la lasagna formato spaghetti mi sembra che possiamo anche dimenticare l’aglio nell’amatriciana con buona pace di tutta la città di Amatrice cui dedichiamo una ricetta originale.

Non vi sembra?

PS. Sì lo so, c’è anche Davide Scabin. Ma quella è un’altra storia, fidatevi.

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