Pasta e patate al ristorante stellato Danì Maison o alla trattoria Nennella?
Vincenzo Capuano, pizzaiolo napoletano noto per la sua abilità, e per aver ancheggiato a passo di Tv (il programma era “Detto Fatto” su RaiDue), scodella inconsapevole pasta e patate. Nonché una sempreverde polemica.
Quando ci attovagliamo, in famiglia o al ristorante, conta di più la forma o la sostanza? Le strade non s’incontrano neanche con la ricetta tradizionale delle famiglie napoletane.
Succede che Capuano, il pizzaiolo, pubblica ammirato sul suo profilo Facebook una versione stellata della minestra asciutta partenopea. È il piatto identitario, il piccolo capolavoro di Nino De Costanzo, chef proprietario del ristorante Danì Maison di Ischia, due stelle Michelin.
Ingegnosa, la versione Di Costanzo esprime passione per le forme e i colori, oltre alla voglia di perfezione dello chef.
Mal gliene incoglie. A lui –lo chef stellato– e al pizzaiolo mediatico che ha divulgato l’orribile nefandezza. Un momento, ma questa pasta e patate stellata cos’è: un “piccolo capolavoro” o una ”orribile nefandezza? La seconda che hai detto (cit.).
Almeno per la vulgata social che scatena la bagarre. Il furibondo sdegno social colpisce il nuovo, l’inedito che ha osato sovvertire la tradizione, le nonne, il comfort food. Il tenore dei commenti social lo riassume il sito Food Club:
– “Ogni volta che uno stellato cucina una nonna muore”
– “Questa è una grande offesa, era il mio piatto preferito prima di questa foto”
– “Quella è la quantità di pasta che mia nonna mette nel piatto per vedere se è buona di sale”.
La categorica indignazione se ne frega se la cucina, diversamente dalla pittura, è materia viva, che si evolve e cambia ogni giorno con il mondo che le è attorno. E se ne frega anche se la pasta e patate dello chef stellato non l’ha mai vista prima. Né soprattutto assaggiata.
Come nota Antonio Scuteri, direttore di Repubblica Sapori, “a finire in discarica è un’intera idea di cucina. Chiamatela come volete, creativa, d’avanguardia: in ogni caso sarà gogna e disprezzo“.
Ma nella guerra senza esclusione di colpi, un altro elemento gioca un ruolo determinante contro la forma e a favore della sostanza. Il prezzo.
Come fai a spiegare, al cospetto della cieca furia di chi inneggia alla Società dei magnaccioni, “A noi ce piace de magnà e beve” (e nun ce piace de pagà, aggiungiamo noi) che la versione Di Costanzo richiede studio, applicazione e abilità tecnica? Non lo capiranno mai un prezzo del genere: 35 euro?
E di contro, come spieghi che se oltre alla sostanza c’è anche la forma, allora si crea la perfetta sintonia? Come puoi riuscirci se per una pasta e patate tradizionale il prezzo richiesto dalla trattoria Nennella di Napoli (per dirne una) è di circa 5 euro (15 € pranzo completo)? 30 euro in meno.
E con il ritorno della dicotomia ristorante stellato contro trattoria siamo al completo. Non ne usciremo mai. Quando ci mettiamo intorno a un tavolo, in famiglia o al ristorante, conta di più la forma o la sostanza?