Perché il Green pass non salverà i ristoranti dalle chiusure a zona
Alla fine la montagna ha partorito il topolino vestito da Green pass che poco aiuterà i ristoranti nei cambiamenti da zona bianca e conseguenti chiusure.
La preoccupazione di dover controllare la corrispondenza tra Green pass e documento di identità ha reso necessario una circolare di chiarimenti.
Non siamo poliziotti è stata la contestazione dei ristoratori. Nata da una schermata dell’app VerificaC19. Dopo aver inquadrato il Qr code del certificato verde appare una scritta.
“Per completare la verifica è necessario confrontare i dati anagrafici sotto riportati con quelli di un valido documento di identità”.
Ed è stato il patatrac.
Non incrociare i dati e puntare tutto sulla mera esibizione del Green pass per evitare le chiusure conseguenze del passaggio da zona bianca a gialla, arancione e rossa è sbagliato.
Lo capirebbe anche un bambino.
Fatti salvi i profili di costituzionalità, garanzia della privacy, confusione tra Risoluzioni e Regolamento della UE che, in breve, stabiliscono l’interoperabilità dei Green pass nei Paesi membri, vediamo le lacune.
Partiamo dal dettato del Decreto Legge che ha istituito il Green pass e da un passaggio in particolare.
Il decreto prevede l’ingresso con il green pass “nelle zone gialla, arancione e rossa, laddove sia consentito e alle condizioni previste per le singole zone”.
Questa disposizione è una deroga. Significa che, nonostante la zona rossa, ad esempio, sarebbe possibile entrare in un ristorante. Che quindi resterebbe aperto derogando appunto al quadro generale che – sappiamo – in zona rossa deve restare chiuso. Una possibilità perché l’ultima decisione spetterebbe all’autorità sanitaria locale e quindi la Regione. Oltre alle indicazioni di una specifica del Ministero della Salute. Ma, almeno in teoria, sarebbe possibile.
Più che il Green pass a non evitare le chiusure saranno le altre disposizioni che potrebbero saltare o già sono saltate nella prassi.
Gren pass, temperatura, dati e chiusure
Nel rincorrersi di disposizioni e interpretazioni sul Green pass ci siamo persi per strada il controllo della temperatura corporea e la registrazione dei commensali.
Occorre ancora ottemperare queste prescrizioni? In teoria e secondo logica il Green pass si è aggiunto e quindi per sedersi a un tavolo all’aperto di un ristorante, il ristoratore è tenuto a farle. Ma la tentazione di far sedere un cliente nella sala al chiuso senza controllare temperatura e senza registrazione sarà forte. Vedremo se la circolare del prefetto Bruno Frattasi, attesa per oggi, chiarirà tutte le modalità di accesso in tutti i luoghi dove è obbligatoria la certificazione verde.
Far mancare rilevazione della temperatura e registrazione dei commensali significherebbe far accedere un cliente potenzialmente, contagioso. E vanificare quel sistema di tracciabilità che dovrebbe garantirci dall’esplosione dei contagi. I ristoranti ovviamente sono una piccola parte del problema ma purtroppo non insignificante. Sui mezzi di trasporto si sale con la mascherina indossata. A tavola si mangia senza mascherina.
Il Green pass diventerebbe, in assenza delle altre due prescrizioni, la foglia di fico per cercare il consenso delle forze politiche assolutamente contrarie a qualsiasi obbligo. Una determinazione spinta dalla convinzione che il peggio è alle spalle e che la vaccinazione protegge dal contagio invece che dalle conseguenze gravi del Covid.
Ammalarsi, ma non morire è la logica della vaccinazione. Ammalarsi, ma non chiudere dovrebbe essere quella del Green pass. Vedremo se la circolare sul Green pass aiuterà ad evitare le chiusure dei ristoranti.