PIG 2025: 10 motivi del perché il porco calabro ci piace così tanto
PIG, la manifestazione dedicata all’antico rito dell’uccisione del maiale, si avvia a diventare un appuntamento da segnare in agenda per chi ama scoprire storie e valori sottesi al mero rituale. Ed infatti, l’iniziativa promossa da Nino Rossi (chef e patron del Qafiz, Santa Caterina d’Aspromonte) è ormai giunta alla quarta edizione. A testimonianza della rilevanza assunta quale momento di confronto tra chef e pizzaioli desiderosi di dare continuità ad una tradizione fortemente identitaria.
Se è vero che “del Porco calabro non si butta via nulla”, è altresì vero che numerose sono state le interpretazioni proposte. Tra sapori rassicuranti, guizzi di fantasia, abbrivi di innovazione e cotture primordiali.
Ecco le proposte che più ci hanno colpito dei nostri assaggi.
1. Daniele Campana (Campana Pizza in teglia, Corigliano Calabro)
Focaccia con muso di maiale nero, cacao bruciato e finocchietto selvatico
Impasto indiretto realizzato con una percentuale di muso e pancetta di maiale cotti lungamente. Una volta fredda, la teglia è cosparsa di cacao amaro, emulsione all’aglio, alloro e peperone crusco. In uscita: sale grosso, finocchietto selvatico e olio extravergine monocultivar Dolce di Rossano. Una interpretazione concettuale della tradizione, una contemporanea rilettura di pochi ingredienti capaci di risvegliare il ricordo. Goloso minimalismo culinario, quintessenza di una storia.
2. Giuseppe Ferranti (Fratelli La Bufala, Reggio Calabria)
Pizza tre cotture e soffritto napoletano
Cuore partenopeo e vocazione calabrese per questa goduriosa pizza di Giuseppe Ferranti. L’impasto indiretto viene asciugato perfettamente in forno a legna e condito con la più classica delle ricette del soffritto napoletano. Uno spicchio in equilibrio tra genuinità e coerenza, caratterizzato da una trama moderna e topping volutamente spogliato di orpelli.
3. Daniele Lippi (Ristorante Acquolina, Roma, 2 stelle Michelin)
Pizza di polenta ripiena di stracotto di maiale, barbeque di rosa canina e misticanza
Un finger food divertente, capace di rassicurare al primo boccone, ma che stupisce positivamente per eleganza e armonia della mano stellata. Un condensato dal tepore familiare, alleggerito dalla grazia degli ingredienti e delle consistenze.
4. Caterina Ceraudo (Ristorante Ceraudo, Dattilo, 1 stella Michelin)
Estratto di cavolfiore, estratto di verza, brodo di maiale (musetto, pancetta, orecchio e cotenna), maiale arrostito e anice nero di Calabria
Arriva diretto al cuore questo piatto di Caterina, generoso com’è nei profumi e nei sapori che risvegliano i ricordi. Un viaggio nel tempo, capace di mettere d’accordo gastro-amatori e gastro-fighetti. Una cucchiaiata da ricordare per il suo essere in bilico tra “cuore” e “concetto”.
5. Luigi Lepore (Luigi Lepore, Lamezia Terme, 1 stella Michelin)
Sedano rapa in tre consistenze (crema, carpione e fondo), pancetta cbt, mandarino, polvere di anice nero
Una sinfonia puntuale ed ineccepibile, che diverte il palato ad ogni boccone. I giochi di dolcezza iniziali sono smorzati dalle spezie e dall’umami, mentre gli accenni di crunch della pancetta sono avvolti da golosa cremosità. Un piatto complesso, che testimonia pulizia di pensiero e cuore, per un morso da manuale.
6. Riccardo Sculli (Gambero Rosso, Marina di Gioiosa Jonica, 1 stella Michelin)
Coppa di maialino nero d’Aspromonte, verza marinata allo zenzero, cavolfiore in osmosi di lamponi e salsa agropiccante
Nulla di omologato per questa piacevole riproposizione di un abbinamento nazional-popolare. Boccone pieno, che lascia le papille soddisfatte per il continuo rincorrersi di contrasti aromatici e per l’eleganza inattesa.
7. Ariel Hagen (Saporium, Firenze, 1 stella Michelin)
Sandwich di nervetti fritti, sfilacciato di maiale calabro
Testimonia tecnica e conoscenza della materia prima questa versione “mordi e fuggi” dello chef, che riesce a nobilitare magistralmente le parti di scarto del maiale. Stupisce l’impostazione concettuale del piatto e colpisce la compostezza complessiva di un boccone dai molti ingredienti e dalla mano indiscutibilmente capace.
8. Salvatore Morello (Inkiostro, Parma, 1 stella Michelin)
Pancia, ponzu, lingua, ostrica
Pochi ingredienti ma molta tecnica per una forchettata “unica” per essenzialità. Gusto concentrato all’ennesima potenza per un risultato perfettamente in equilibrio e quasi infinito nei rimandi retrolfattivi.
9. Pasquale Laera (Borgo Sant’Anna, Monforte d’Alba, 1 stella Michelin)
Oriòn
Ragguardevole interpretazione contemporanea di un’antica ricetta di territorio. Impressiona positivamente per l’abilità di dare finalmente continuità alla tradizione, impreziosendola ed alleggerendola con professionalità e profondità di pensiero. In bocca, è iconica per ricerca fondamentalista e impalcatura gustativa. Una giostra di consistenze, di trame aromatiche e silente coerenza tecnica.
10. I vini e i cocktail
In abbinamento ai piatti e ai tranci dei protagonisti, etichette di piccoli artigiani calabresi e una mirata selezione di vini TripleA.
Di pari interesse, i cocktail proposti dai grandi interpreti del bere miscelato che hanno ideato creazioni adhoc seguendo un mood specifico. Un “made in Qafiz” che è divenuto sinonimo di ricerca e creatività.
Non resta che sperare in una prossima edizione del PIG! Sperando in un tempo più clemente, questo sì.