Pizza delivery. La fantastica prova del box magico di Simone Padoan
Del lancio di Simone Padoan, chef pizzaiolo dei I Tigli di San Bonifacio, della sua proposta di pizza delivery in tutta Italia ne abbiamo già parlato su Scatti di Gusto.
E a me è venuto il desiderio di raccontarvi I Tigli a Casa. Esperienza, vi anticipo, fulminante e positiva.
Una prova stellare – mi perdonino quanti sono ancora invischiati nelle discussioni stella (Michelin) a una pizzeria – con l’arrivo della scatola magica del mitico Simone, in realtà chef prestato al mondo dei lievitati.
Cos’è I Tigli a Casa di Simone Padoan
Simone Padoan cucina sui dischi di impasti vari da rigenerare con un concetto di standardizzazione, tipico dei grandi chef, che consente di poter mangiare la pizza dopo averla costruita.
Una pizza da non confondere con la pizza napoletana che segue altri processi e soprattutto dove faccio sempre molta fatica a trovare farciture ben cucinate e concepiti, oltre ai soliti grandi classici, che non subiscano alterazioni nei forni tenuti ad altissime temperature.
Inoltre c’è molta differenza tra pensare, saper cucinare, assemblare una pizza e chiedere consiglio a qualche chef stellato per creare un topping.
Quando vi arriva il pacco, andando di unboxing e a seguire aprendo le singole confezioni, iniziate a comprendere il livello maniacale di precisione di Simone Padoan.
Le 4 fantastiche pizze de I Tigli a Casa
La prima pizza è una deliziosa Seppia da wow.
Seguendo le facili istruzioni della confezione, in pochi minuti vi porterà alla realizzazione della copia della pizza che potreste mangiare a San Bonifacio. A circa 700 km di distanza è impagabile! Il criterio di preparazione è analogo per ciascuna pizza. In pratica dovete rigenerare in forno il disco di pasta e qualche elemento del piatto cucinato e assemblare il disco con la farcitura. Qualche ingrediente sottovuoto va immerso per qualche minuto in acqua bollente. Il foglietto esplicativo del progetto delivery de i Tigli vi guida in maniera semplice per completare l’operazione alla perfezione.
Giusto per la cronaca, la Seppia va appoggiata sul disco sezionato in spicchi dopo aver condito la base con una deliziosa crema di piselli. La finitura è con i pomodori confit.
La seconda è Dall’Orto ed anche questa mi fa sussultare per freschezza. Un altro WOW. I tempi di rigenerazione variano a seconda degli elementi. Qui abbiamo Fior di Latte, Asparagi Verdi, Cipolla in Carpione, Maionese di Piselli e Semi Tostati.
Terza pizza è la Faraona, solo di un passo indietro rispetto alle precedenti, ma anche per gusto personale. In abbinamento abbiamo, oltre alla Faraona Sfilacciata, il Parmigiano e gli Agretti.
Ultima pizza, la Tagliata di Vacca che ci fa tornare molto in alto per un altro WOW. In abbinamento ci sono Guanciale Affumicato e Spinaci per creare un equilibrio che solo chi sa cucinare può creare e Simone dimostra tutta la sua sapienza.
Pizza, delivery e Guida Michelin
Se questo è il modello di delivery di cui parla al Corriere della Sera il direttore internazionale delle Guide Michelin Gwendall Poullennec, che mi pare faccia riferimento ad uno “sconosciuto” Renè Redzepi e ai suoi hamburger del momento di emergenza, mi sento di sostenere questa causa.
Così come i delivery di alcuni chef che ho avuto modo di assaggiare in questo periodo, dall’ottimo Gianluca D’Agostino del Veritas al sempre geniale Niko Romito, sia in versione delivery che banco e comunque espressione di cucina easy di ALT e Spazio.
O ancora gli strepitosi Gnocchi Kitchen Bar del bistellato Emanuele Scarello.
Le polemiche sulla pizza stellata o le hamburgerie o macellerie e paninoteche onestamente non le comprendo. Anche perché credo che tutte le forme di ristorazione possano ambire ad avere risultati, a patto però che tutti siano certi di aver standardizzato cucina e servizi e che i loro piatti risultino realmente ben abbinati anche dopo i necessari passaggi di cottura e finitura.
Mi limito a considerare, per quel che riguarda la pizza napoletana, che la claudicante organizzazione alla porta di molti locali che non accettavano prenotazioni sarebbe di impedimento alla visione egalitaria e dalla parte del cliente di una visita di un ispettore Michelin.
Quanto accaduto con l’emergenza sanitaria e le nuove regole dell’ordine, mi spingono a pensare che un sistema imposto dalla pandemia potrebbe diventare naturale e, in questo nuovo scacchiere, i pizzaioli più quotati e intraprendenti sul tema della ricerca potrebbero standardizzare a livello alto la loro pizza.
Avvicinarsi, cioè, a quel sistema che gli chef ben conoscono per cui un piatto esce sempre uguale a se stesso per ennemila volte.
La famosa costanza del rendimento, delle performance del piatto, che troppo spesso manca nelle pizzerie ma che non fa difetto a un pizzaiolo come Simone Padoan. Anche se probabilmente termini come pizza e pizzaiolo vanno stretti ai piatti e al locale I Tigli di San Bonifacio.