Pizza napoletana. Il migliore sistema di cottura e i suoi campioni
Quattro Tavoli, quattro pizze. L’equazione è perfetta da Gino Sorbillo che ha aperto la nuova pizzeria Scaramantica a via Tribunali e ha ricavato uno spazio al piano sottostante per ospitare appassionati, amici, giornalisti, blogger, influencer.
Un luogo che è l’ideale continuazione della Casa della Pizza, lo spazio di sperimentazione, di confronto e accoglienza già attivo da qualche anno al piano superiore della storica pizzeria di famiglia.
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Proprio ieri, in un’amabile conversazione mentre si viaggiava tra Milano e Napoli, si parlava delle possibilità di internazionalizzazione di alcuni prodotti tipici. E anche di piatti. Come la pizza napoletana.
La soluzione più immediata è quella di creare ambasciatori. La pizza napoletana ne ha alcuni molto forti. Mi viene in mente Enzo Coccia. O Davide Civitiello che si muove agevolmente in ogni parte del globo terrestre forte di due imprenditori che hanno sempre guardato oltre Napoli: Antimo Caputo con le sue farine e Franco Manna con Rossopomodoro.
E poi c’è Gino Sorbillo che è il pizzaiolo mediatico per eccellenza e riesce a coniugare la tradizione, l’evoluzione e la capacità di stare sul pezzo come nemmeno molti giornalisti sanno fare.
Gino Sorbillo coglie al volo l’opportunità offerta dalla notizia che Apple arriva a Napoli e accoglie con garbo e riservatezza personaggi come Emma Bonino che subiscono il fascino tanto da trovare naturale una foto ricordo.
La forza però è la pizza che sa parlare in maniera ecumenica a napoletani e turisti, che viene cercata a Milano e attira dall’estero nella tipicità di un luogo come i Tribunali che vuol dire pizza alla carrettiera, grande più del piatto.
La verifica è sempre facile e anche poco costosa. Da Sorbillo una margherita costa 3,30 €. È più costosa la fila, credetemi.
Qui c’è la tradizione rivisitata con una pizza che non si può dire STG come vuole un regolamento nato già vecchio e praticamente poco osservato da tutti i big della pizza, quelli che contano per qualità e per quantità delle interazioni con i clienti. Arriviamo a una decina in tutta Napoli, in pratica.
Ma c’è la forza dell’innovazione che evolve la tradizione senza rinnegare il passato. Senza restare prigioniera di espressioni tipo “così la faceva mio nonno”.
Prendiamo la querelle sul tipo di forno. Meglio a legna, a gas o elettrico? La risposta è: dipende.
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Un turista in visita a Napoli si aspetta il forno a legna. Il sondaggio della Pizza centimetro per centimetro di qualche anno fa, la percentuale di piacevolezza legata alla cottura a legna era più che evidente. In questo caso esportiamo calore, storia, stile di vita.
Ma posso usare il forno a gas se ho limiti imposti da norme o dall’architettura. Gino Sorbillo usa il forno a gas nella Casa della Pizza da anni e i giornalisti che hanno scritto pagine e pagine (o video) di reportage non ne hanno mai avuto a male. Anzi.
E non si tratta di sola sperimentazione. A Lievito Madre sul lungomare c’è un forno a gas. Provate a farvi sfornare due margherite dai due forni e a giudicare le differenze senza sapere da quale forno esce.
La nuova frontiera è quella elettrica che è stata già sdoganata e qualche dibattito in corso cerca ora di riaccreditarsi quello che è già diventato storia palese per molti. Numeri: Rossopomodoro ha sfornato 184.000 pizze nei sei mesi dell’Expo. E un bel po’ di quelle pizze sono uscite da un forno elettrico che vedete a destra nella foto qui sopra.
La possibilità di un forno elettrico è senza storia, pardon, senza discussione che tenga.
Come l’affermazione che la pizza non deve essere bruciata perché fa male e perché non è buona di sapore.
La testa va d’accordo con la pancia, come vedete.
Poi, chiaro, a Napoli mi aspetto di mangiare una pizza cotta in un forno a legna. Perché se non accade a Napoli in quale parte del mondo dovrebbe accadere che un disco di pasta lievitato ad arte venga cotto ad arte?