Pizza napoletana STG, il nome registrato sarà un suicidio
La Pizza Napoletana STG ha ricevuto il riconoscimento della riserva del nome e sono partiti i festeggiamenti (dal 19 dicembre ma ci potrebbe essere una proroga del termine). Che andranno in concomitanza con il riconoscimento dell’arte del pizzaiuolo napoletano come patrimonio immateriale Unesco. Due riconoscimenti che a leggere in maniera superficiale fanno gongolare i sostenitori della vera pizza napoletana raffigurata dalla STG. Che vuol dire Specialità Tradizionale Garantita.
Ma a ben guardare le cose vanno diversamente. Del riconoscimento Unesco (7 dicembre 2017) abbiamo avuto modo di parlare più volte. In sintesi la protezione è accordata alle capacità del pizzaiolo di tramandare una tradizione del fare la pizza, non la pizza. Quindi non c’è, anzi è vietata, qualsiasi interpretazione di protezione della pizza soprattutto a livello commerciale. L’Unesco protegge l’aspetto se vogliamo folcloristico. L’atmosfera e le mani del pizzaiolo, non la pizza.
Ma sul versante STG le cose potrebbero andare peggio se si riflette sulla valenza che il marchio di tutela ha sulla pizza napoletana STG. Bisogna prendere in considerazione il disciplinare, non quello che è il comune sentire. Quindi non il sentito dire, ma quello che è messo nero su bianco. E lo leggete qui.
Il disciplinare della pizza napoletana STG
Premetto che qui su Scatti di Gusto siamo sempre stati a favore di una catalogazione e di una protezione della pizza napoletana, ma con il marchio STG l’orizzonte si stringe invece di allargarsi.
Se leggete questo recente articolo, ho fotografato la realtà della pizza napoletana che non è univoca ma poliedrica. Le tipologie di pizza napoletana sono molteplici. E la pizza napoletana STG è una posizione minoritaria anzi è quasi sparita dai menu delle pizzerie napoletane.
Il disciplinare, frutto di un compromesso degli inizi degli anni 2000, appare vecchio e per molti aspetti sorpassato. La pizza napoletana STG e anzi la Pizza Napoletana con riserva di nome considera solo due delle pizze napoletane. Pizza margherita e pizza marinara. Che diventano 3 poiché la pizza margherita può essere preparata con fiordilatte o con mozzarella di bufala campana Dop.
Per capirci, due pizze stagionali entrate nell’immaginario collettivo come pizze napoletane classiche, cioè la Nerano e la Salsiccia e Friarielli non potranno più essere chiamate Pizza Napoletana.
Fiordilatte e mozzarella STG
Una stortura relativamente moderna che si aggiunge a una storica. Perché da tradizione la pizza si fa con il fiordilatte, ma tra i marchi registrati come STG – tra l’altro di minore efficacia rispetto alla DOP e all’IGP – c’è l’ibrido Mozzarella STG. Che in realtà è un fiordilatte di latte vaccino ma chiamato e regolamentato con il nome sbagliato. Beffa della beffa, la Mozzarella STG è quella conservata in acqua, anche con eventuale aggiunta di sale, cioè quello che i pizzaioli non vogliono: un latticino che caccia acqua.
Leggendo con attenzione il disciplinare ci sono tanti elementi che fanno della quasi totalità delle pizze margherite che consideriamo tradizionali un esempio di fuorilegge. Prendiamo per esempio il sale che i pizzaioli aggiungono al pomodoro mescolando e che poi distribuiscono sulla pizza. Non è ammesso dal disciplinare che recita
- con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta da 70g a 100g di pomodori pelati frantumati;
- con movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale;
- con un movimento a spirale si aggiunge del sale sulla superficie del pomodoro
L’olio extravergine sulla pizza napoletana
A tacere dell’uso dell’oliera che è stato oggetto di inchieste e dubbi sulla effettiva pulizia rispetto all’utilizzo della bottiglia.
Sempre guardando all’olio, un monumento della pizza veramente napoletana cioè Da Michele a Forcella sarebbe fuorilegge con la sua ruota di carro. Non utilizza olio extravergine di oliva quindi è fuorilegge e non potrebbe chiamare Pizza Napoletana né margherita né marinara. E sono le due uniche pizze che da un secolo la pizzeria sforna.
La pizza napoletana STG e il forno a legna
C’è poi la questione del forno che può essere solo a legna. Andando oltre la comica affermazione di molti pizzaioli napoletani che considerano migliore la pizza per il profumo di legna (in realtà incombusti malefici), c’è da rispettare la temperatura di cottura. Temperatura di cottura della platea a 485°C circa e della volta a 430°C circa. La temperatura è considerata essenziale dal disciplinare e le variazioni che normalmente si verificano in una pizzeria sarebbero passibili di multa. Perché il disciplinare della pizza napoletana STG norma tutto il procedimento dall’inizio alla fine. Per cui tutti gli studi dei pizzaioli su impasti e tempi si andrebbero a far benedire.
Significa che una pizza napoletana per essere tale deve essere cotta solo nel forno a legna. Di pancia è una caratteristica apprezzata dai consumatori che vedono un forte elemento di tradizione e anche di folclore. Ma che non ha senso e metterebbe all’angolo i moltissimi pizzaioli che utilizzano il forno a gas e i molti che usano quello elettrico. Tra parentesi in un momento storico di transizione ecologica un autogol se si pensa agli innumerevoli posti in cui non sarebbe possibile installare una canna fumaria per il forno a legna. Perché sfugge anche che STG non ha un’identificazione territoriale ma vale ovunque. Non è solo Napoli ma l’Europa intera. Un assurdo perché un pizzaiolo a Milano o a Parigi che vuole dare il messaggio della vera pizza napoletana non potrebbe farlo per via del forno a legna in contrasto con disposizioni locali attinenti a inquinamento, scarichi, protezione dei centri storici.
Ecco perché la Pizza Napoletana STG potrebbe diventare un clamoroso boomerang per l’affermazione della pizza napoletana. Un po’ come è successo con la focaccia di Recco che ha un disciplinare talmente limitante da rischiare di affogare il prodotto nelle maglie della normativa.
Il paradosso della riserva di nome e le multe
Il paradosso è che la riserva di nome non è stata concessa perché l’organismo di tutela, il consorzio (che non esiste), lo ha chiesto. Ma semplicemente perché i prodotti e le lavorazioni tutelate dai marchi DOP, IGP e STG ricevono automaticamente la riserva di nome. In teoria potremmo quindi essere felici che dicendo Pizza Napoletana STG indichiamo una e una sola cosa come lo champagne. Ma con riferimento al disciplinare in realtà diciamo solo pizza margherita e pizza marinara realizzate in quell’unico modo. Il resto delle pizze che consideriamo napoletane, dalla salsiccia e friarielli alla pizza fritta, diventerebbero semplicemente Pizza e non napoletana.
E ovviamente sarebbe tagliata fuori tutto il movimento della pizza contemporanea o meglio della pizza napoletana contemporanea. Perché la riserva di nome non permette di utilizzare napoletana. Quindi pizza contemporanea sarebbe egualmente napoletana o milanese. Un suicidio per la promozione del Made in Italy che non sarebbe più in grado di distinguere la pizza napoletana da quella romana. L’esempio è quello della Focaccia di Recco IGP (Indicazione Geografica Protetta). A Rho, nel corso di una fiera, furono multati gli stessi consorziati che esponevano la Focaccia di Recco prodotta secondo il disciplinare. Ma ovviamente fatta a Rho e non a Recco. Il che contravviene a una norma dello stesso disciplinare. Un paradosso con multa salata.
C’è da vedere come saranno regolamentati i controlli. Conosciamo solo l’entità delle multe per chi adopera il nome Pizza Napoletana per una non STG: da 3.000 a 14.000 €. Prima di dichiarare che la propria è una pizza napoletana, pizzaioli e pizzerie dovranno ragionarci. E non solo a Napoli.