Da Michele, la pizzeria mito di Napoli amata da tutto il mondo
Si parlerà molto di pizze e di pizzerie. L’anteprima della puntata di Report del 5 ottobre ha addensato nubi pesanti soprattutto a Napoli. Nonostante nel video e nella scheda di presentazione sia spiegato che l’inchiesta riguarda tutto il territorio nazionale.
Ma la pizza, si sa, ha in Napoli la sua patria. E non si può nemmeno dimenticare lo scalpore dovuto all’inchiesta sul caffè che penalizzò un’altra tipicità partenopea. O la mozzarella di bufala, oro bianco sempre a rischio di svalutazione.
Tra le pizzerie citate in questa anteprima video, c’è uno dei templi della pizza napoletana: Da Michele.
Luogo di suggestione anche per chi non ha mai messo piede in una pizzeria napoletana e non solo perché qui Julia Roberts ha girato alcune scene di Mangia Prega Ama. Le piastrelle bianche e verdi, il grande forno, i tavoli che vengono condivisi con sconosciuti per smaltire le file che si creano, le sole due pizze disponibili – Marinara e Margherita – fanno parte del mito che si è creato.
Molti vi diranno che non è possibile parlare di pizza napoletana se non si conosce quella di Michele.
La pizza è un mito a Napoli
I gesti sono antichi, la fretta è più moderna. Ma riguarda solo il servizio. E la cottura che è quella rapida tipica napoletana.
La licenza di fare pizza Michele la ha dal 1870. “Ma in realtà dobbiamo andare un po’ più indietro per sapere quando Salvatore iniziò a sfornare pizze”, spiega Francesco Condurro, l’erede che guida la pizzeria insieme ai suoi parenti. “Dovrebbe avere iniziato nel 1844 poiché in quell’anno ci fu la visita dello zar e Salvatore arrivò a corte come pizzaiolo aggiunto”.
Nicola I e sua moglie Alessandrina Feodorwna si trovarono così bene a Napoli che inviarono a Ferdinando II i due cavalli di bronzo che adornarono prima l’ingresso dei giardini reali e poi abbellirono lo spazio antistante il Maschio Angioino.
I napoletani, che hanno sempre avuto un debole per gli ospiti illustri e prodighi, si inventarono la pizza Cosacca che è un misto tra Margherita e Marinara con il pomodoro e il formaggio al posto della mozzarella. Anzi, leggenda vuole che l’inventore sia proprio Salvatore cioè il padre di Michele che aprirà la sua prima pizzeria nel 1906 per spostarsi dove ancora è oggi nel 1930.
Da allora, solo margherita e marinara. Anche se l’innovazione si affaccerà anche in questa pizzeria che è stata allargata e dotata di una nuova stanza per l’impasto. I Condurro, infatti, stanno pensando di mettere in carta anche la Cosacca a ben 170 anni dalla visita dello zar che arrivò a Napoli il 7 dicembre. Quindi, tenetevi pronti.
E tra tanta mitologia, c’è anche il tallone di Achille. I detrattori della pizza di Michele citano l’olio, Che non è extravergine di oliva ma una miscela di arachidi, soia e girasole che ha il compito di non diventare predominante sulla pizza.
Ovviamente, apriti cielo tra gli appassionati. Perché usare questa miscela? Non si tratta di risparmiare sul costo anche se le ingenti quantità di pizza sfornate ogni giorno potrebbero essere una spiegazione.
“Per noi l’olio di oliva non va bene, soprattutto per le temperature”, spiega Francesco Condurro che qualche volta alla pizza che prepara per sé aggiunge un filo a crudo.
Nel capitolo ingredienti, pomodoro e fiordilatte – vaccino, qui di bufala nemmeno a parlarne – sono gli altri unici ingredienti che finiscono sulla pizza insieme all’aglio tagliato certosinamente a mano.
Il fiordilatte è dei Fratelli Fusco di Agerola e viene tagliato con una macchina messa a punto dalla pizzeria per simulare un taglio a mano.
Per il pomodoro pelato San Marzano ci si affida alla Solea che fa una produzione su specifica. Più asciutti, i pomodori vengono solo frullati nella quantità che serve per il servizio.
E poi c’è la parte più delicata: quella dell’impasto che rispetta regole antiche, immutabili e immutate nel tempo. A eccezione di un condizionatore nel nuovo laboratorio che aiuta i pizzaioli nella stagione più calda.
Si impasta la farina (qui utilizzano la Blu del nostro sponsor Caputo) con pochissimo lievito. La temperatura ottimale è di 20 gradi, spiegano e i tempi sono lunghi: alle 8 di mattina si prepara l’impasto per il turno di pranzo del giorno successivo; alle 16 del pomeriggio si impastano le pizze che saranno servite la sera del giorno successivo.
Al sale non viene demandata alcuna azione di rallentamento della lievitazione anche se in estate il tenore sale leggermente. La maturazione avviene in una gigantesca vasca d’acciaio e poi si procede alla formazione dei panetti in vista della cottura al “turno” successivo. Una macchina perfettamente oliata, insomma.
L’impasto è pronto per essere steso e infornato. Ci pensa Don Luigi che ogni tanto prepara qualche pizza per tenersi in allenamento.
Arrivano a tavola la Margherita e la Marinara e c’è veramente poco spazio per muoversi, figuriamoci per fotografare. Il cornicione è maculato.
Una veloce occhiata al fondo e un taglio, non perfetto, per valutare cornicione e parte centrale.
La Marinara ha un punto del cornicione dove la cottura è andata un po’ oltre, ma fondo e parte centrale si presentano al meglio della forma.
Ma ecco in breve le nostre pizze
- Aspetto visivo. Pizza di grandi dimensioni (ma potete scegliere la versione XL che qui in barba alle aggettivazioni eclatanti è solo media rispetto alla normale) e cornicione formato. Una pizza che si dichiara subito napoletana.
- Profumo. Il pomodoro la fa da padrone incontrastato. L’aglio punge e invita.
- Cottura. Cottura da manuale con qualche licenza nel giro sulla pala per il cornicione.
- Sapore. Se riuscite a superare l’impasse psicologico dell’olio, vi accorgerete che il pomodoro e il fiordilatte escono alla grande. Anche l’aglio non è un semplice comprimario. Una pizza saporita ma non salata.
- Leggerezza. Due mezze pizze quasi a orario di cappuccino per evitare una fila che sfianca ed avere voglia di un bis intorno alle 14 è un ottimo biglietto da visita.
- Prezzi. Margherita e Marinara: 4 €. Versione media: 4,50 €. Doppia mozzarella: 5 €.
- Voto finale: 90/100
Una pizza che chiede l’inzuppo e lascia perplessi per l’utilizzo dell’olio. Chiediamo a Francesco Condurro, ci perdonerà lo sponsor, perché allora non utilizzare una qualsiasi farina o un altro fiordilatte invece che elencare proprio queste marche come ingredienti necessari.
“Non se ne parla nemmeno”, è la laconica risposta.
È proprio vero: Michele è la pizzeria che si ama o si odia, è l’eccezione che conferma la regola, è la tradizione che nel fluire degli anni diventa innovazione per la capacità di riproporsi sempre fedele a se stessa.
Sarà per questo che per riuscire a mangiare una pizza dovrete sorbirvi una fila che fa aumentare la vostra fame e la notorietà della pizzeria?
L’Antica Pizzeria Da Michele. Via Cesare Sersale, 1/3. Napoli. Tel. +39 081 553 9204
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