I Tigli a San Bonifacio, recensione della pizzeria di Simone Padoan
Ventisei chilometri da Verona, circa venti minuti d’auto, lì si trovano San Bonifacio e I Tigli di Simone Padoan. Da trenta anni esatti. Commercialmente una pizzeria, anche se questo termine dal 2012 non lo trovate più sull’insegna.
Perché in effetti si tratta più di un ristorante, dove è possibile gustare l’evoluzione della pizza sviluppata nel tempo da Simone Padoan, ben distante dalla concezione più classica, e che in passato aveva fatto parlare di eventuale stella Michelin.
Evoluzione sviluppata restando praticamente sempre ai vertici delle classifiche di settore.
Prendiamo la guida del Gambero Rosso. Dalla prima edizione del 2012 sempre con il massimo riconoscimento (Tre spicchi). In testa alla classifica a pari merito nel 2023 e 2024, seconda – con 95 punti contro 96 – nella classifica del 2025. Quest’ultimo un dato sicuro, nonostante i cervellotici calcoli del GR per assegnare i Tre Spicchi 2025.
E c’è di più: la pizzeria I Tigli a San Bonifacio è l’unica pizzeria, oltre a quelle (poche) di Napoli ad essere menzionata nella Guida Michelin.
Chi è Simone Padoan
È nato a Verona nel 1971. Ultimo di nove fratelli appartenenti a una famiglia contadina, viene “mandato a lavorare giovanissimo – come ha raccontato in un’intervista – principalmente per proteggermi da una realtà di provincia, che in quegli anni stava diventando pericolosa”.
Dopo una breve esperienza in catena di montaggio, va a lavorare nella pizzeria di uno dei fratelli, dove rimarrà per sei anni. Apre I Tigli a San Bonifacio nel 1994. E la rivoluziona a partire dal 1999, portandola all’attuale configurazione nel 2012.
Cos’è I Tigli a San Bonifacio
Quando viene aperta, si tratta di una pizzeria tradizionale con qualche proposta originale in carta.
Che ottiene subito riscontri positivi. Ma la vera rivoluzione arriva qualche anno dopo. A provocarla, la presenza in zona di una forte concorrenza che lo pone davanti a un bivio: chiudere o cambiare modo di lavorare. Scelta la seconda ipotesi, ci vorranno alcuni anni per la trasformazione completa. Con le nuove elaborazioni delle pizze che, all’inizio del percorso, verranno presentate a voce. Poi, man mano, scritte in carta, fino a soppiantare la parte del menu “tradizionale”. La rivoluzione poteva dirsi completata.
Il nuovo corso della pizza
Da I Tigli a San Bonifacio era nato un nuovo modo di gustare la pizza, con la possibilità di seguire un percorso degustazione, che giocoforza facilitava la condivisione.
Capitava che la pizza, per la prima volta, da cibo semplice e diretto, passasse ad essere qualcosa di pensato, ben presentato, quasi come se si trattasse di un piatto di un ristorante stellato.
A ciò si arrivava dopo anni di studio e ricerca su lievito madre, materie prime, tecniche di cottura.
Partendo dalla base della pizza, non più un semplice disco da farcire. Ma un qualcosa con una propria identità, gustoso, leggero e di grande digeribilità. Su questa base, divisa in otto spicchi, l’abbinamento con ingredienti preparati, come dicevo, con tecniche di cucina. Semplice e geniale.
L’idea de I Tigli a San Bonifacio
Per provare a spiegarla partiamo dall’impasto. Lievito madre e le migliori farine.
Con la base che subisce una doppia cottura. Sì, perché l’impasto, dopo la lavorazione, finisce in forno quando arriva al giusto grado di maturazione. Sarà poi abbattuto, e quindi rigenerato, con una tostatura per renderla giustamente croccante all’esterno al momento del suo utilizzo.
Questo metodo – come spiegato da Padoan – permette di gestire più impasti e fa sì che possa essere sempre servita una pizza che mantenga le caratteristiche volute.
E poi ci sono i topping. Anche se sarebbe più corretto parlare di veri e propri piatti. Messi sulla pizza, chiaramente. Montati in modo che anche l’occhio sia appagato. Pensiamo al Gambero in ceviche (50 €), servito con burrata, salicornia ed anguria. O all’Astice (50 €), con burrata e giardiniera. Ma anche al Piccione al forno (43 €), di cui viene servito il petto cotto nel forno a legna, e la coscia confit, con fondo al Campari. Oppure alle Animelle glassate (40 €) accompagnate da un’insalatina di cappuccio verde all’aceto.
Non dimenticando poi che alle pizze “classiche” – solo perché ne richiamano il nome, sia chiaro – è dedicato un più che discreto spicchio dell’essenziale menu. “La margherita”, è presente in tre versioni, soffice (29 €), croccante (29 €) e La Bufala (32 €). Così come i “Classici solo con pomodoro”, La marinara (16 €), Il cappero (19 €) e L’acciuga (23 €).
La trasformazione de I Tigli a San Bonifacio
Arrivati fin qui, avrete capito quanto il concetto base della semplice pizzeria sia stato abbondantemente superato da Simone Padoan. Che ha eliminato da dodici anni la parola pizzeria dall’insegna. Probabile il voler aumentare la distanza con i locali “classici”, anche se si tratta pur sempre di una pizzeria. Non per niente è così che il pubblico, ma anche i media, la identificano.
Ed avrete compreso, con i prezzi che sono un buon indicatore, quale sia il target, ovvero la clientela medio-alta. Clientela che si era selezionata da sola, visto che, quando fu partorita l’idea di una pizza che andasse molto vicina al fine dining, San Bonifacio si trovava in quella parte del Veneto che correva a velocità doppia rispetto al resto d’Italia, facendo praticamente da volano all’intera nostra economia.
Inoltre, a fugare ogni restante dubbio sulla bontà di quanto messo in campo da Simone Padoan, ci pensarono i primi passaggi televisivi, fondamentali in un epoca in cui i social erano inesistenti.
La sua pizza venne indicata come una delle migliori dello Stivale. Aldilà dei prezzi elevati. E comunque giustificati. Anche se ciò la rendeva certamente molto elitaria. Per alcuni addirittura non praticabile.
La vera rivoluzione de I Tigli a San Bonifacio
Resto dell’idea che un imprenditore attento come Simone Padoan sapesse che il rischio era quello di infilarsi in una strada senza uscita, quella di una pizzeria per pochi. E che pertanto fosse necessaria una sterzata decisa, pur senza perdere di vista l’idea originaria.
Anche perché in questi ultimi anni i tempi sono cambiati, l’economia si muove ad un ritmo diverso, e soprattutto il pubblico è cambiato. Rifugge i manierismi del fine dining, come già raccontato, e spesso non ne comprende (e giustifica) i costi, ritenendoli, in alcuni casi anche rumorosamente tramite social, troppo elevati.
Ed ecco che l’aver reso strutturale l’e-commerce sviluppato durante il lockdown, quello con delivery refrigerato di alcune delle sue pizze da rielaborare a casa (unita alla disponibilità dei prodotti da forno de I Tigli Lab), m’era parso come un primo tentativo di democraticizzare I Tigli a San Bonifacio e rendere più avvicinabile un posto che, inutile negarlo, “metteva distanza”. Oltre ad allargare, in qualunque modo la si voglia vedere, quella che i più bravi chiamano customer base.
Parimenti l’introduzione definitiva, avvenuta un po’ di tempo fa, della versione “cicchetto” delle varie pizze, ovvero quella studiata per I “Tigli in Ufficio”, l’altra idea del periodo chiusura Covid.
Più piccole delle normali, solo quattro spicchi, permettono a tavoli con meno commensali di poter meglio spaziare nel menu, oltre a ridurre di molto la spesa, visto che in questo caso, mediamente, il costo supera di poco la metà. Perché, per quanto Padoan sostenga che «non bisogna essere in tanti per venire qui», la soluzione “cicchetto” risolve più di una problematica.
Come si mangia da I Tigli a San Bonifacio
Probabilmente la cosa più facile da raccontare. Premettendo che Dania ed io non abbiamo “affondato” particolarmente il colpo, restando su pizze abbastanza classiche. Tutte in versione “cicchetto”, ça va sans dire – per assaggiarne di più.
Apre il semplice, ma piacevole, benvenuto della cucina, un’insalatina mista con crema di kefir e pane croccante, caratterizzata dalla estrema bontà del lievitato, che infatti poi vorrò comprare allo shop e portare, felice, a casa.
Sarà poi la volta de Il cappero (13,50 €), salsa di pomodoro al forno e capperone al sale.
Impasto ai cereali, dalla grande croccantezza esterna ma leggero ed arioso come una nuvola.
Le note mediterranee tipiche del cappero ad esaltare la salsa di pomodoro cotto nel forno a legna.
Ah, la cottura al forno non solo aggiunge complessità al sapore del pomodoro, ma evita anche che l’acqua altrimenti presente rischi di rovinare il crunch ricercato nella base.
Arriva praticamente subito dopo La Margherita (18,50 €), presa in versione croccante, con salsa di pomodoro al forno, burrata e olio al basilico. La burrata leggermente sovrastata dall’eccellente pomodoro, con dolcezza e acidità che si rincorrono piacevolmente. Perfette le note dell’olio al basilico.
Terzo ed ultimo “cicchetto”, scelto dalla sezione del menu “Dalla Terra”, una eccellente Burrata e Culatello di Zibello (21,50 €), impasto all’orzo tostato. Il culatello è quello dell’Antica Corte Pallavicina, davvero eccellente. La base è croccantissima fuori, molto rustica, quasi ruvida, ma presenta una friabilità complessiva nel morso davvero unica.
I dolci
Ci avevano avvertito. Raccomandandoci caldamente di non mancare le proposte dolci de I Tigli a San Bonifacio. Qui, va detto senza ombra di dubbio, la chiusura pasto è al livello delle migliori tavole stellate.
E, per quanto ci incuriosisse molto un loro signature dish, la Torta delle rose con gelato al pistacchio (15 €), è stato scelto un fuori carta, altrettanto intrigante, il Campari al cucchiaio (15 €).
Composto da un biancomangiare al cocco, pompelmo e arancia in pezzi e granita di Campari analcolica. Le note amaricanti del Campari in bella evidenza creavano, insieme a pompelmo e arancia, un gioco di equilibri con il gusto rotondo del del biancomangiare, che a volte potrebbe risultare stancante.
Si chiude con un ottimo caffè. Si tratta di Indo (2 €) della Torrefazione Giamaica di Verona, un Monoarabica integrale, non lavato, proveniente da un’isola dell’Arcipelago Indonesiano, dalle ricche note cioccolatose.
Come si beve
C’è poco da fare, qui ci dovrò senz’altro tornare. Prima di tutto perché ci siamo limitati ad una pur ottima birra artigianale alla spina, quella del Birrificio Agricolo Sorio di Gambellara (VI), la Hellmann (6,50 €), una birra a bassa fermentazione ispirata alla tradizione birraia della Franconia, in Germania, dove ogni birrificio propone la sua personale interpretazione di birra “da tutti i giorni”.
E perché la carta vini, seppur piccola, in tutto ottanta etichette circa (comprendendo birre artigianali e distillati), sembra un autentico manifesto del buon bere. Una carta frutto di scelte mirate, che dedica ampio spazio ai produttori “naturali”. Insomma la tipologia di vini che, dovreste saperlo bene, da tempo preferisco.
Quanto costa mangiare a I Tigli
Il prezzo doppio indica la versione “standard” e “cicchetto” (ove presente)
La Margherita
Croccante – salsa di pomodoro al forno, burrata e olio al basilico (29 € – 18,50 €)
Soffice – salsa di pomodoro al forno, fior di latte, origano e olio al basilico (29 € – 18,50 €)
La Bufala – salsa di pomodoro datterino al basilico, mozzarella di bufala di Paestum e origano € (32 € – 20,00 €)
Classici solo con pomodoro
La marinara – salsa di pomodoro al forno e aglio rosso (16 € – 12 €)
Il cappero – salsa di pomodoro al forno e capperone al sale (19 € – 13,50 €)
L’acciuga – salsa di pomodoro al forno e acciuga (23 € – 15,50 €)
Dal Mare
Gambero in Ceviche, burrata, salicornia e anguria (50 € – 29 €)
Carpaccio di Dentice, pomodoro marinato e katsuobushi (40 € – 24 €)
Calamaro al Vapore, chutney di carote e insalata riccia (40 € – 24 €)
Astice, burrata e giardiniera (50 € – 29 €)
Baccalà Mantecato, zucchine e pomodoro concentrato (40 € – 24 €)
Capasanta, fior di latte, rucola, limone fermentato, maionese allo yuzu e rapa rossa all’aceto (43 € – 26 €)
Dalla Terra
L’Orto – provola affumicata, salsa di datterino confit, zucchine al grill, peperone rosso scottato, melanzana al forno (34 € – 21 €)
Liguria – fior di latte, olive di taggia, emulsione di pinoli e basilico, scaglie di pecorino (32 € – 20 €)
Burrata e Culatello di Zibello Antica Corte Pallavicina (35 € – 21,50 €)
Tagliata di “Fassona”, fior di latte, spinaci e guanciale affumicato (40 € – 24 €)
TarTar di Cavallo, fior di latte, salicornia, peperone arrostito e maionese alla paprika (40 € – 24 €)
Vitello Tonnato – fior di latte, fagiolini, roast beef, tartar di tonno rosso e maio alla senape (43 € – 26 €)
Animelle Glassate – fior di latte, animelle teriyaki, insalatina di cappuccio verde all’aceto (40 € – 24 €)
Piccione al Forno – fior di latte, petto di piccione al forno a legna, fagiolini neri, ristretto al campari e coscia confit (43 € – 26 €)
Come un Panino
I Tigli-Burger – focaccia pan brioches al sesamo, hamburger di manzo, maionese alla senape, spinaci al cartoccio, formaggio Monte Veronese e bacon croccante (39 €)
Battuta di Manzo – focaccia pan brioches ai semi, battuta al coltello di Fassona, insalatina di rucola,nocciole, maionese allo yuzu (39 € – 23,50 €)
I dolci de I Tigli a a San Bonifacio
Cioccolando … Viaggio nel mondo del Cacao Domori (19 €)
“Idea di Rocher” chiamalo Ambrogio (15 €)
Tiramisù al caffè (10 €)
Torta delle Rose con gelato al pistacchio (15 €)
Tartelletta ai Limone… pasta brisè, frangipane al pistacchio, cremoso al cioccolato bianco e rosmarino, crema al limone e meringa alla liquirizia (14 €)
I gelati e sorbetti gelato (5 € a pallina)
[Foto: Massimo D’Alma, I Tigli]