Primi piatti di pasta: i 25 più buoni d’Italia e dove si mangiano
I 25 primi piatti di pasta, quelli essenziali da mangiare nei ristoranti italiani, messi in classifica dal New York Times.
Una vera scorpacciata di pasta. Nel lungo pezzo pubblicato dal quotidiano americano ci sono i primi piatti più noti e meritevoli, gli agnolotti e le orecchiette, i paccheri e i pizzoccheri, oltre alla trimurti dei primi piatti romani: carbonara, cacio e pepe, amatriciana.
Il New York Times non si limita al racconto dei primi piatti di pasta, ma suggerisce per ognuno il locale migliore in cui mangiarlo.
Con la collaborazione di chef come Davide Palluda del ristorante All’Enoteca, in Piemonte, e Stefano Secchi del Rezdora di New York. L’autrice di libri culinari Emiko Davies, la storica culinaria umbra Karima Moyer-Nocchi e Roberta Corradin, proprietaria del ristorante Il consiglio di Sicilia.
I migliori primi piatti di pasta italiani: Top 25 del New York Times
1 – AGNOLOTTI DEL PLIN
Cessole (AT)
Il ristorante Madonna della Neve svetta sulla Val Bormida di fronte alla cappella del XVI secolo da cui prende il nome. Ampie finestre, vedute bucoliche, classica atmosfera da osteria e piatti della tradizione. Star del menu sono gli agnolotti del plin, pasta ripiena grande come una moneta che prende il nome dal pizzicotto con cui viene chiusa (pizzicotto è plin in dialetto piemontese).
Il titolare, Piermassimo Cirio, i cui nonni hanno aperto il Ristorante Madonna della Neve nel 1952, rivela il ripieno degli agnolotti: macinato di vitello, maiale e coniglio, Parmigiano-Reggiano, rosmarino e borragine.
Una variante del primo piatto di pasta, la migliore perché permette di apprezzare la dolcezza delicata del ripieno, viene servita “al tovagliolo”, cioè sopra un tovagliolo di lino senza salsa. Ci sono poi gli agnolotti burro e salvia, al ragù oppure irrorati col Barbera.
Pasta alla Ciccio Sultano
2 – BUSIATE
Ragusa Ibla (RG)
Dice Ciccio Sultano, chef del ristorante Duomo di Ragusa Ibla, che la busiata è una pasta a forma di cavatappi, elegante ma robusta, che si formava avvolgendo l’impasto attorno ai ferri da maglia. Un piatto “matriarcale”. È una specialità di Trapani, di solito servita con il pesto trapanese, cioè mandorle, basilico, aglio, pomodori, pecorino, un tocco di menta fresca.
Ma al Duomo Sultano va molto oltre, infondendo al primo piatto di pasta (fatta in casa con grani antichi come tumminia e perciasacchi) forti sapori locali. Acqua di rose nell’impasto, finocchietto selvatico, zafferano e un ragù di acciuga e sgombro. Poi, per finire: tonno rosso essiccato e grattugiato. Le busiate di Ciccio Sultano sono quelle lunghe, tipiche della Sicilia occidentale, abbastanza difficili da mangiare. Meglio proteggersi con un bavagliolo.
Aperto quasi 24 anni fa, il Duomo, come suggerisce il nome, si trova in un elegante palazzetto lungo la strada che porta alla bellissima cattedrale barocca di Ragusa Ibla, a meno di un’ora dal luogo in cui Sultano ha iniziato la sua carriera, in una pasticceria, quando aveva solo 13 anni.
Primi piatti di pasta essenziali a Roma
3 – CACIO E PEPE
Roma
Piatto in apparenza semplice ma pieno di insidie, primi fra tutti i temutissimi grumi. I cuochi della piccola Salumeria con cucina Roscioli, a due passi da Campo de Fiori, non si limitano a preparare una versione perfetta del piatto, ma non temono di modificarla quando è necessario. Utilizzano solo pecorino fresco, se è disponibile, perché meno intensamente salato. Quando invece impiegano il pecorino stagionato, aggiungono un po’ di parmigiano per mitigare l’irruenza del sapore.
A rendere memorabile il piatto fatto con i tonnarelli, è anche la speciale miscela di pepe nero macinato, inclusa la varietà Sarawak, profumata e potente. Accomodarsi al bancone di Roscioli, al riparo dal caos del centro capitolino, per concedersi una cacio e pepe con un bicchiere di vino, ti fa sentire nella vera Roma.
Ancora Roma
4 – CARBONARA
Roma
Il classico primo piatto romano, insieme a cacio e pepe, amatriciana e gricia, si fa con uova, guanciale, pecorino e pepe nero. Poi ci sono le varianti: tuorlo o uovo intero; pecorino o parmigiano; rigatoni o spaghetti. Ogni ristoratore romano è convinto di fare la versione migliore della carbonara, ma i rigatoni del ristorante l’Arcangelo, a Prati, vicino alla Città del Vaticano, si sono guadagnati un posto tra i primi piatti di pasta della capitale.
Più ancora dell’altrettanto famosa carbonara di Nabil Hadj Hassen, per 18 anni cuoco della Salumeria Roscioli, oggi al Baccano di Roma.
La salsa cremosa, insaporita per l’80% da un pecorino romano locale e per il 20% da uno stagionato di Gavoi, in Sardegna, ricopre uniformemente i rigatoni e si raccoglie in fondo al piatto. Ottima scusa per fare la scarpetta con il pane fino all’ultimo morso. Le uova, eccezionali, danno alla carbonara del cuoco e patron Arcangelo Dandini una tonalità gialla vivida, mentre il guanciale scrocchia sotto i denti che è una bellezza.
Il primo piatto di pasta di Massimo Bottura
5. LA PARTE CROCCANTE DELLA LASAGNA
San Damaso (MO)
Viene servita con forchetta e cucchiaio, ma è complicato tenere le mani lontane dal remake postmoderno di Massimo Bottura della lasagna e della sua parte più croccante, vicina all’angolo della teglia.
Per la lunga preparazione del piatto (3-4 giorni) Bottura cuoce gli spaghetti e li frulla per formare un impasto, insaporito con tre ingredienti: basilico, pomodoro e Parmigiano-Reggiano. Una volta stesi, i fogli di pasta vengono fritti, affumicati e leggermente bruciati. Il risultato è sia familiare che spiazzante, sicuramente emozionante. Il ragù non è fatto solo con il manzo: ci sono guancia, lingua e un ingrediente mai rivelato dallo chef modenese.
Il piatto, un classico dell’Osteria Francescana, è oggi disponibile solo nel menu degustazione da 9 portate della Francescana at Maria Luigia. Uno dei ristoranti di Casa Maria Luigia, la guesthouse aperta da Bottura nel 2019 a San Damaso, poco fuori Modena.
Famosi fagottini sardi
6. CULURGIUONES
Dorgali (NU)
Il ristorante dell’Hotel Ristorante Ispinigoli, affacciato con vista mozzafiato su un mosaico di vigneti terrazzati, uliveti e frutteti che digradano verso il Golfo di Orosei, è specializzato in piatti sardi rivisitati
Come i culurgiones, fagottini di pasta fresca ripieni di patate, formaggio, aglio e menta, pizzicati e chiusi, con le cuciture che ricordano le spighe di grano. Originari dell’Ogliastra, i culurgiones si trovano oggi nei ristoranti di tutta la Sardegna, anche se le proporzioni del ripieno cambiano da cuoco a cuoco.
All’Hotel Ristorante Ispinigoli, gestione familiare da tre generazioni, lo chef Giovanni Cossu riserva un cucchiaio di salsa a ogni culurgiones, per poi completare il primo piatto di pasta con una spolverata di pecorino.
Un insolito primo piatto di pasta nel centro di Napoli
7 – MEZZANELLI ALLA GENOVESE
Napoli
Ognuno racconta la propria storia sulle origini della genovese. Inclusa quella che attribuisce l’introduzione a Napoli della salsa a base di manzo ai mercenari svizzeri, intorno al 1495.
Diego Nuzzo, chef e proprietario dell’elegante Coco Loco, ristorante aperto nel centro storico di Napoli dal 1995, non abbina alla salsa paccheri o rigatoni come d’abitudine. Preferisce usare i mezzanelli, versione più lunga e sottile degli ziti.
Nuzzo modella la sua genovese sulla ricetta dei monzù, i cuochi dell’aristocrazia cittadina che tra il 18esimo e il 19esimo secolo applicavano agli ingredienti locali le tecniche culinarie francesi.
Utilizza ancora oggi lo strutto, e non l’olio d’oliva, per intensificare il sapore del manzo e delle cipolle rosse. Poi aggiunge vino bianco, alcuni cubetti di maiale e lascia sobbollire la salsa anche cinque ore, aggiungendo un po’ di concentrato di pomodoro verso la fine “solo per dare un tocco di colore”.
Ma il vero segreto del piatto, sostiene Nuzzo, è scegliere una pasta secca che non rilasci troppo amido (preferisce Garofalo), per evitare che la salsa diventi troppo appiccicosa.
Il famoso piatto di Gennaro Esposito
8 – MINESTRA DI PASTA MISTA CON CROSTACEI E SCORFANI
Vico Equense (NA)
Mangiare alla Torre del Saracino, sul mare di Vico Equense, è una sorta di cerimonia. Inizia in una torre di guardia medievale dove vieni accolto con un aperitivo mentre da un impianto high-end ascolti i vinili dello chef Gennaro Esposito, con abbondanza di jazz e pop napoletano. Poi, scesa una scala a chiocciola, arrivi nella piccola sala da pranzo con alte finestre ad arco affacciate sul mare.
La minestra di pasta mista con crostacei e pesci di scoglio, forse il piatto più famoso di Gennaro Esposito, è un tributo dello chef 54enne alla tipica zuppa di pesce campana. Alla Torre del Saracino è un simbolo di gioiosa abbondanza. Per ottenere una porzione Esposito utilizza oltre un chilo e mezzo di scorfano, gamberi, calamari e gamberoni.
La preparazione del piatto è lunga. Lo scorfano, terminata la cottura lenta in un brodo di pesce leggero, viene strizzato all’interno di una pressa francese (per anatre) in modo da concentrare i succhi. Nella salsa di pomodori San Marzano e frutti di mare lasciata a sobbollire per diverse ore, cuociono almeno 15 formati diversi di pasta (una vera ricetta antispreco). Il risultato è che ogni cucchiaiata del piatto è diversa dalle altre.
Il primo piatto di pasta pugliese a Milano
9 – ORECCHIETTE AI BROCCOLI
Milano
Le orecchiette, ancora oggi preparate dalle donne dei piccoli borghi pugliesi lungo gli scenici vicoli bianchi, sono per tradizione accompagnate dalle cime di rapa, ma tra le varianti più amate c’è quella con i broccoli.
A Milano, molti chilometri più a nord, la chef pugliese Antonella Ricci e suo marito, Vinod Sookar, originario delle Mauritius, hanno creato la loro versione della ricetta alla Ricci Osteria, ristorante pugliese aperto nel 2022.
Di solito, il piatto si prepara sbollentando i broccoli in olio extravergine d’oliva con aglio, acciughe e peperoncini. La coppia di chef aggiunge anche il sapore dolce dei pomodorini confit. Il tocco finale è una generosa spolverata di pangrattato tostato, il parmigiano dei poveri.
Una semplice pasta al pomodoro?
10. PACCHERI ALLA VITTORIO
Brusaporto (BG)
Cosa succede quando un ristorante con cotanto pedigree (3 stelle Michelin) si cimenta in una semplice pasta al pomodoro? Viene fuori una versione cremosa del piatto, quasi vellutata, oggi biglietto da visita del ristorante Da Vittorio. Lussuoso punto di riferimento in una villa circondata da un parco, a pochi chilometri da Bergamo.
Nel menu dello chef Chicco Cerea, proprietario del ristorante e di un impero dell’accoglienza insieme alla sua famiglia, figurano piatti innovativi, come gli scampi con miso fermentato e le sarde in tempura con salsa al limone.
Ma i clienti che arrivano dalla vicina Milano e da molto più lontano (nella proprietà ci sono un eliporto e un hotel) hanno spesso in mente un solo piatto. Un primo piatto di pasta, ovviamente: i paccheri alla Vittorio. Proposti qui leggermente al dente e immersi in una salsa fatta con tre tipi di pomodori, basilico, olio d’oliva e aglio soffritto, addensata alla fine con burro e Parmigiano.
Il piatto, che rientra anche in un menu degustazione da 8 portate, viene ultimato in modo conviviale direttamente al tavolo, con grande gioia dei commensali. Accompagnato da un bavaglino per non sporcarsi troppo.
Un primo piatto di pasta tipicamente siciliano
11. PASTA CON LE SARDE
Palermo
Quando ti trovi davanti l’enorme porzione di pasta con le sarde è probabile che il primo pensiero sia: “Cos’è¨ questo pasticcio di spaghetti appiccicosi, ricoperti di salsa bruno-verdastra?” Ma è proprio l’aspetto aggressivo e, diciamolo, brutto del piatto che rende il primo morso – e la prima sniffata – così sorprendenti. Una ricetta rustica che mescola con le sarde l’uvetta dolce, i pinoli resinosi e il finocchietto selvatico.
Non accetta prenotazioni la caotica e colorata trattoria Ferro di Cavallo, aperta nel 1944 al centro della città vecchia, ma il posto si trova presto nelle due grandi sale interne o nell’ampia terrazza coperta.
La pasta fatta col grano saraceno
12 – PIZZOCCHERI
Ristorante Quattro Stagioni by la Fiorida
Mantello (SO)
Alcuni primi piatti di pasta non contemplano la moderazione. Come i pizzoccheri, fettuccine di grano saraceno in genere condite con abbondanti quantità di formaggio e burro Valtellina Casera, patate, cavolo.
Una ricetta sostanziosa, con tanto di riconoscimento I.G.P., nata forse 200 anni fa ai piedi delle Alpi in Valtellina. Perfetta da mangiare al ristorante Quattro Stagioni, sotto le travi a vista, accomodati su semplici sedie in legno, con la fontana in pietra al centro della sala.
Il ristorante è parte dell’azienda agricola La Fiorida, piccolo agriturismo con 29 stanze, molti animali (mucche, capre e pecore), un caseificio e 150 acri di campi coltivati.
Mentre il grano saraceno proviene da una fattoria vicina, gli altri ingredienti utilizzati in questo primo piatto di pasta sono a chilometro zero. Ecco perché, a seconda del periodo, nei pizzoccheri si possono trovare spinaci o bietole. “Non esiste una ricetta esatta, cambia continuamente”, dice lo chef Gianni Tarabini.
Una zuppa, il primo piatto di pasta del ristorante vegetariano
13 – ZUPPA RASNAL
San Miniato (PI)
L’insegna sbiadita di una bottega è ancora appesa sopra la porta del Maggese, piccolo locale dall’aspetto retrò sulla collina di San Miniato, paese delle macellerie dove la carne rossa è di casa. Basta entrare e guardare a destra, per vedere dietro un piccolo bancone Fabrizio Marino, che prende gli ordini e saluta i clienti.
Aprire un ristorante vegetariano nella “carnivora” Toscana è stato un rischio, ammette Marino. Invece, dal 2019, le cose sono andate bene. Il Rasnal – che secondo il ristoratore significa “degli Etruschi” – È una zuppa simile a pasta e fagioli presente nel menu fin dal primo giorno. Abbina verdure di stagione come asparagi selvatici e carciofi stufate lentamente con una salsa di fagioli rossi locali.
La pasta, priva di uova, è fatta con farina di cimelio. I ripieni cambiano con le stagioni – sedano rapa o ceci, zucca o carota – ma prevedono una nota dolce per bilanciare l’amaro del brodo. Quando il primo piatto arriva in tavola pasta e zuppa sono separate, quindi si può versare la pasta nella zuppa oppure mangiarle separatamente. È comunque una gioia.
Un piatto nato per caso
14 – RAVIOLI CON RICOTTA, NOCI E AGLIO BRUCIATO
Vallesaccarda (AV)
Dal giorno dell’apertura nel borgo rurale di Vallesaccarda, era il 1988, Oasis Sapori Antichi ha sul menu i ravioli con ricotta, noci e aglio bruciato. È un primo piatto nato per caso, la fondatrice del ristorante Giuseppina Fischetti ha trascurato una padellata di pasta sul fornello e da lì è nata una salsa.
Oggi nelle mani dei cinque figli e nipoti di Giuseppina (sia in cucina che in sala), Oasis basa il menu principalmente su ingredienti irpini. L’aglio utilizzato nella salsa – tostato a lungo, anziché bruciato, in modo che ricordi il sapore del caramello – viene mescolato con una varietà di noci locali – malizia – e l’olio d’oliva prodotto dai proprietari non distante dal ristorante. Mentre i ravioli sono ripieni di ricotta vaccina locale e prezzemolo.
L’ambientazione ricorda il soggiorno di una casa arredato con gusto teatrale, con gli alti candelabri e una manciata di tappeti persiani. Ma mentre il servizio è formale, la naturale disinvoltura della famiglia riscalda l’ambiente.
Un primo piatto di pasta conosciuto solo a Bari
15 – SPAGHETTI ALL’ASSASSINA
Bari
Qualche anno fa, chiedere a qualcuno non di Bari degli spaghetti all’Assassina, avrebbe provocato scene di mutismo. Il piatto era così tipico del capoluogo pugliese che solo uno o due ristoranti lo avevano sul menu. Il metodo, tramandato negli anni ’60 a Pierino Lonigro, titolare del locale Al Sorso Preferito, dal presunto inventore del piatto, prevede un rituale preciso.
Cuocere gli spaghetti in un sugo di pomodoro ripieno di peperoncini finché non si forma una crosticina sia piccante che leggermente croccante. È una tecnica difficile da mettere a punto, ma Lonigro attribuisce il merito alla padella in ghisa ben stagionata che usa da decenni.
Il cuoco ha acquistato il ristorante senza pretese nel 1974; poi lo ha trasferito dove si trova oggi, nel quartiere Murat. La maggior parte dei baresi inizia a cenare con l’antipasto misto di pesce, prima di passare all’Assassina. La leggenda narra che il nome del primo piatto derivi dalla salsa che accompagna il piatto, talmente piccante da uccidere (quasi) i clienti. Anche se la versione di Lonigro, un buon equilibrio tra dolcezza e lieve calore, non presenta pericoli.
Buoni tutti e quattro i primi piatti di pasta romani
16 – SPAGHETTONE ALL’AMATRICIANA
Roma
Quando ordini lo spaghettone all’amatriciana da Santo Palato, vicino alla Basilica di San Giovanni di Roma, i camerieri precisano che serviranno 15 minuti. Una rassicurazione sul fatto che gli spaghetti verranno cotti su ordinazione, come non accade sempre in una città in cui l’utilizzo della pasta precotta mantiene sì il servizio veloce, ma toglie consistenza alla pasta.
Santo Palato è una piccola trattoria con le specialità del giorno elencate su una lavagna, arredata con semplicità e decorata con manifesti in stile futurista. La chef e proprietaria, Sarah Cicolini, acquista lo spaghettone da Lagano, un pastificio romano, e i pomodorini in barattolo dall’Agricola Paglione, azienda agricola pugliese. Anche guanciale e pecorino romano provengono da piccoli produttori.
Cicolini – spesso visibile attraverso la cucina a vista – prepara tutte e quattro le classiche paste romane – carbonara, cacio e pepe, amatriciana e gricia – e lo fa dannatamente bene.
Il ristorante 3 stelle Michelin nel borgo in mezzo al nulla
17 – TORTELLI DI ZUCCA
Runate (MN)
I tortelli di zucca sono il piatto più famoso del ristorante Dal Pescatore, poco fuori Mantova, in mezzo al nulla del borgo di Runate. Molto può andare storto preparando il primo piatto di pasta autunnale per definizione, dall’inserimento degli amaretti all’aggiunta dei pezzi di mostarda. Può risultare troppo dolce, troppo piccante, troppo acida o comunque sbilanciata. La cosa peggiore è l’eccesso di salsa, una copertura cremosa che rischia di soffocare il sapore e la consistenza della pasta.
Ma la chef Nadia Santini e suo figlio Giovanni, dal croccante bordo esterno al tenero interno che racchiude il ripieno, hanno fatto dei tortelli il pezzo forte del ristorante Dal Pescatore, tre stelle Michelin con piccolo eliporto. I cinque meravigliosi ravioli che compongono il piatto – più che ricoperti toccati dal burro e dal Parmigiano-Reggiano – non bastano mai.
Spaghetti che non lo erano
18 – STRANGOZZI
Montefalco (PG)
A prima vista gli strangozzi, pasta tipica umbra e del centro Italia, sembrano spaghetti. Ma sono leggermente più paffuti, arrotolati e tirati a mano. All’Enoteca L’Alchimista, aperta nel 2001 nel borgo medievale umbro di Montefalco, la chef e proprietaria Patrizia Moretti li prepara alla vecchia maniera: solo con acqua e farina di grano “00” finissima, che li rende piacevolmente gommosi.
In estate, prendendo posto in un tavolo all’aperto del locale, si ammira una delle piazze più belle d’Italia. Mentre si mangiano gli strangozzi cucinati con verdure tenere raccolte dai campi vicini o con un pesto, fatto con due verdure e aglio orsino. Altre varianti stagionali del primo piatto prevedono le zucchine in estate e il tartufo nero in autunno.
Pasta al burro, un primo piatto preso molto seriamente
19 – TAGLIOLINO CACIO E BURRO
Firenze
Cibreo Caffè, avamposto informale di un piccolo ma influente gruppo di ristoranti vicino al Mercato Sant’Ambrogio, ha aperto nel 1983. Ma ancora oggi si conferma uno dei posti più invitanti di Firenze dove fermarsi per sorseggiare un Negroni e fare uno spuntino.
Ma gli intenditori puntano subito sulla cacio e burro. Qui la pasta al burro viene affrontata con la stessa serietà dei primi piatti più complessi: burro, Parmigiano-Reggiano e latte caldo vengono mescolati con sufficiente forza da formare una specie di caglio, che si scioglie a contatto con i tagliolini caldi. Il colore giallo tuorlo e il sapore lievemente dolce derivano dall’improbabile aggiunta di carote bollite nel caglio.
Fabio Picchi, fondatore del Cibreo, scomparso nel 2022, definiva il piatto “rubato”, perché la rivisitazione di un altro piatto iconico, i taglierini gratinati dell’Harry’s Bar, famosi fin dagli anni ’50.
Una vera trattoria alle Cinque Terre
20 – TAGLIOLINI ALL’ASTICE
Corniglia (SP)
In cima a una ripida collina in un tratto particolarmente spettacolare della costa ligure, Corniglia è il più tranquillo dei paesi delle Cinque Terre. Quando finalmente si raggiunge, salita una scalinata di 382 gradini che parte dalla stazione ferroviaria (o dopo aver preso il bus navetta), sarete pronti per un abbondante piatto di pasta.
Il Ristorante Cecio, a conduzione familiare dal 1976, è il posto giusto dove mangiarlo. Il menu del locale, meno colpito di altri nella zona dal fenomeno dell’overtourism, ruota attorno ai frutti di mare locali e ai piatti di pasta dello chef Gabriele Pittavini. Che non a caso ha gestito per 20 anni un negozio di pasta fresca. Il preferito è il tagliolino all’astice disponibile per minimo due persone.
A prima vista è un primo piatto sgargiante: dai nastri di pasta spunta un artiglio rosso ciliegia, ornato da grassi bocconcini di carne rosa e una spolverata di prezzemolo. Mezzo astice riempie un lato del piatto. Assicuratevi di prenotare un tavolo all’aperto: la sola vista dalla veranda vale la visita.
La nonna italiana che tira la pasta da quattro decenni
21. TAJARIN AL RAGÙ
Roddino (CN)
Gemma Boeri, la nonna originale, tira a mano i tajarin da quasi quattro decenni per i residenti di Roddino, mini borgo montanaro lontano da tutto in Piemonte. “Perché dovrei fermarmi? È tutto quello che so fare”, afferma. La grande vetrata che collega la sala della trattoria con la cucina permette di vedere Boeri e i suoi aiutanti mentre preparano i lunghi e sottili fili di pasta all’uovo. Mentre le finestre rivolte all’esterno si affacciano sulle colline delle Langhe e i filari del Barolo.
Boeri serve i tajarin con una densa salsa al ragù di manzo, che le ha procurato clienti – afferma – perché ricorda il comfort food di cui godevano da bambini. “Non c’è nessun segreto, preparo semplicemente il cibo come faceva la nonna”, aggiunge.
Nonostante sia difficile trovare posto, la trattoria è rimasta comunque un posto rilassato e senza pretese. Con le pareti tappezzate di foto del 1986, quando è stata aperta, e il menù fisso che, oltre ai tajarin, comprende classici piemontesi come la tartare di manzo e gli agnolotti del plin.
Salumeria dal 1605
22 – TORTELLONI CON RICOTTA, PARMIGIANO E BURRO
Modena
La Salumeria Giusti, attiva almeno dal 1605, è considerata la più antica del mondo, ma non è famosa solo per questo. Oltre l’antico bancone in legno e marmo un disimpegno conduce a una minuscola sala con quattro tavoli. Le prenotazioni qui sono tra le più ambite di Modena, specie dopo che, nel 2017, la salumeria è comparsa nella serie Netflix “Master of None” nel 2017.
Daniele Morandi, i cui nonni hanno aperto il ristorante nel 1989, si occupa in prima persona dei primi piatti di pasta. Stende la sfoglia a mano con un lungo mattarello di legno e dà forma a ogni raviolo e tortellino con la maestria e la velocità imparate dalla nonna.
Tra i piatti più popolari ci sono i tortelloni ripieni con un mix di ricotta locale, talmente buona da disintegrarsi in bocca, Parmigiano-Reggiano stagionato, spinaci e noce moscata appena grattugiata. La salsa non potrebbe essere più semplice: un’emulsione fatta con l’acqua della pasta e burro francese non pastorizzato.
Il mitico primo piatto con 7 strati di pasta
23 – LASAGNE DELLA TRADIZIONE
Bologna
In un quartiere affollato di Bologna, Al Cambio attira da tre decenni una folla di uomini d’affari durante i pranzi dei giorni feriali, oltre a coppie e famiglie a cena e nei fine settimana.
Dopo aver prenotato con settimane di anticipo, entrano nella sobria sala da pranzo bianca e beige, discutono le proposte dell’ampia carta dei vini (soprattutto regionali) e si predispongono per un lungo pranzo o cena a base di specialità locali, dalle cotolette di vitello impanate con la mortadella allo sformatino (una sorta di soufflé di patate).
Ma il piatto più ordinato – e scrutato – del ristorante Al Cambio è la mitica lasagna. Il ragù più carnoso degli altri, fatto con manzo macinato insieme a prosciutto e salsiccia di maiale, poi condito con uno spesso strato di ragù. La “fioritura finale”, come la definisce il direttore di sala Piero Pompili.“ È il nostro modo di simboleggiare Il patrimonio gastronomico di Bologna.”
Il primo piatto e la pasta di Genova
24 – TROFIE AL PESTO
Genova
Il pesto alla genovese si adatta a quasi tutti i formati di pasta, dagli spaghetti ai fusilli. L’abbinamento più autentico, tuttavia, sono le trofie, pasta corta attorcigliata a mano tipica di Recco. All’Antica Osteria di Vico Palla il primo piatto piatto di pasta si fa nella forma più elementare.
E si mangia in una trattoria rustica, dove i clienti siedono su semplici tavoli di legno apparecchiati con tovagliette di carta marrone, sotto soffitti a volta in mattoni che risalgono al 1500.
Le trofie al pesto mescolate con patate bollite e fagiolini, come facevano le famiglie povere genovesi per rendere la pasta un piatto più nutriente, sono il vertice di un menu che cambia ogni giorno.
Lasagne marchigiane
25. VINCISGRASSI
Macerata
I turisti amano Macerata soprattutto per due motivi: il festival lirico estivo e il piatto di pasta simile alle lasagne, decisamente poco estivo, noto come vincisgrassi. Secondo Letizia Carducci, che gestisce insieme ai fratelli l’Osteria Dei Fiori, aperta nel 1980 in una strada acciottolata vicino alla piazza principale, il piatto è l’evoluzione del princisgras. Pasta in casseruola a base di tartufo nero e prosciutto caro alla nobiltà locale nel XVIII secolo.
Nella provincia di Macerata, le massaie preparavano un ragù utilizzando la carne di vari animali da cortile, comprese ossa e frattaglie. Questa è la ricetta dalla quale i titolari dell’Osteria dei Fiori sono partiti per arrivare ai loro vincisgrassi, fatti con carne d’anatra, pollo, coniglio e un po’ di maiale.
Anche il vin cotto, un vino da dessert, gioca il suo ruolo. Viene aggiunto all’impasto che i Carducci modellano in sfoglie sottili come la seta, poi utilizzato per rosolare i fegatini di pollo e di anatra, mantecati alla fine nella salsa.
Il ragù di carne ricopre i quattro strati inferiori, mentre quello superiore è riservato alla besciamella profumata dalla noce moscata. Cotto al forno, il piatto è un piacere lussurioso, con sottili sentori di fumo.