Riflessioni su Re Panettone 2015, quest’anno ancora terrone
Riflessioni e osservazioni su Re Panettone 2015 a Milano. Ci sono stato sabato, ho letto articoli, commenti, classifiche, premi.
Anzitutto, sugli spazi, nota dolente messa in evidenza anche dai lettori di Scatti di Gusto Daniela e jpjpjp.
Quest’anno, siamo andati alla Fabbrica del Vapore. Bene, abbiamo pensato: la cosiddetta Cattedrale è uno spazio molto ampio, potremo andare da uno stand all’altro con lo skateboard (alla Fabbrica c’è anche uno spazio per gli skateboarder). Ma se allo Spazio Ansaldo gli anni scorsi c’era folla, qui alla Fabbrica del Vapore la folla era concentrata in spazi improponibili, angusti oltremisura.
Dietro la Cattedrale, in una palazzina che prevedeva un ingresso, un corridoio con gli stand degli sponsor e le aule, una scala (ampiezza normale) con un ascensore (che sabato mattina si è anche guastato per un po’), una balconata stretta che diventava balconata doppia sul lato opposto, un’altra scala per l’uscita (e se sbagliavi e volevi rientrare dovevi rifare il giro, sperando ti lasciassero rientrare). Non si passava, non si riusciva ad accostarsi ai tavoli, men che meno parlare con i pasticcieri. C’è sempre stata un sacco di gente, anche gli anni scorsi – ma quest’anno il tutto è stato un po’ troppo claustrofobico.
Tranquilli che dalle parti di Re Panettone se ne sono accorti e dal sito assicurano rimedi per la prossima edizione.
Comunque, se i pasticcieri dell’anno scorso (e dell’anno prima) sono ritornati quasi tutti, vuol dire che la manifestazione funziona, nel bene o nel male. Certo che non tutte le new entry sono sembrate all’altezza. E che comunque ci si aspetterebbe un maggiore ricambio: così sembra quasi un mercatino, sempre le stesse pasticcerie…
E – se posso – auspicherei una maggiore presenza di pasticcieri milanesi o lombardi: il panettone nasce a Milano, è possibile che non lo sappia più fare nessuno? Su 40 pasticcieri, se non ho fatto male i conti, 6 erano di Milano, e altri 9 lombardi. Ovviamente, la mia è un’osservazione interessata: così avremmo più possibilità di avere dei vincitori “polentoni” anziché “terroni” (precisazione: il mio “terroni” è assolutamente, totalmente, indiscutibilmente un apprezzamento positivo, affettuoso, anzi direi elogiativo: riappropriamoci delle parole, il senso spregiativo è nato negli anni sessanta).
Ma (purtroppo) i pasticcieri meridionali sono proprio bravi. Riescono a mettere sempre qualcosa di loro, della loro “terra”, nelle loro opere. Soprattutto, anche, nei panettoni “innovativi”. E le giurie, giustamente, li premiano. Quest’anno, Alfonso Pepe e Sal De Riso erano ciascuno in una delle due giurie Pangiuso, e ognuno ha vinto qualcosa, come sempre, o spesso, nella categoria in cui concorreva (e in cui ovviamente non era giudice). Bravi bravissimi, certo – magari si potrebbe rendere giudicanti i vincitori di ogni anno, togliendoli dal concorso. Che son bravi, e hanno anche una certa fama mediatica, lo sappiamo: la degustazione di Sal De Riso è stata una delle più seguite.
Purtroppo, le degustazioni sono state, quest’anno, disertate dal pubblico: mentre gli anni scorsi erano affollate, quest’anno sono andate pressoché deserte. Sabato ne sono state annullate un paio per mancanza di pubblico (quella delle 10.30, ovvero mezzora dopo l’apertura, con la lentezza degli ingressi, per forza di cose), altre hanno avuto pochissimi partecipanti, al massimo (De Riso) una decina (non so domenica…). Forse, perché non tutti i pasticcieri avevano un grande appeal, anche se c’erano nomi del calibro di Achille Zoia, Vincenzo Tiri, pluripremiato, Alfonso Pepe, Maurizio Bonanomi, che fa uno dei migliori panettoni del milanese, Davide Comaschi, Attilio Servi…
Una nota positiva: appena entrati, una scoperta inaspettata – che potrebbe essere uno dei motivi di una manifestazione come Re Panettone. La scoperta è il panettone giapponese Donq. La DonQ (Don Quixote, soprannome dato nel 1951 all’allora proprietario), fondata nel 1905, è una boulangerie française: nel 1954 si sono affidati al maestro boulanger francese Raymond Calvel per imparare a fare il pane francese. E nel 1985 hanno iniziato a produrre panettoni, sotto la guida di Olindo Meneghin della pasticceria Sanremo a Badia Polesine. Fanno un discreto panettone, con poco burro a dire il vero, e usando la vanillina al posto della vaniglia – gusti giapponesi. Ma l’idea è affascinante.
Come il panettone tutto l’anno. Non condividete?
[Immagini: Repubblica Milano/Fotogramma, Carlotta Porzio]