Milano. Eugenio Boer, pronto a far risplendere la stella migliore su Essenza
Il toto stella Michelin 2017 è pratica in avanzato stato di turbamento. Da Milano ad Agrigento, è tutto un coro di invocazioni, speranze, rumors.
La blindatissima Rossa, come suo solito, non fa trasparire nulla. Anzi è riuscita in questo 2016 che chiude gastronomicamente l’anno con la sua pubblicazione, probabilmente la più attesa, a far parlare di sé con la presentazione della presentazione del volume che si terrà per la prima volta a Parma e coinvolge città e regione.
Fino al 15 novembre possiamo solo vivere di ragionamenti, confronti e conferme altrui di proprie supposizioni. E qualche reale indicazione.
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L’uscita della guida dell’Espresso che ha abbandonato il punteggio in ventesimi per abbracciare definitivamente la simbologia dei cappelli – da 1 a 5 – ha rinforzato la mia impressione che dalle altre guide poche indicazioni possono arrivare per individuare le nuove stelle Michelin.
Avevo indicato come possibile una quota 3 cappelli per una stella e la previsione è tra quelle numeriche la più errata possibile. Basta dare una scorsa ai cappelli (2 e 3) per verificare che molte stelle Michelin hanno un solo cappello. Scale metriche incompatibili e la quasi oggettiva sicurezza che un guidarolo dell’Espresso non potrà mai fare l’ispettore della Michelin e ovviamente il contrario.
Quante nuove stelle Michelin vi aspettate? Al netto di conferme e soppressioni almeno un paio di dozzine.
Milano potrebbe giocare un ruolo da protagonista con Antonio Guida del Seta al Mandarin in pole position per agguantare la seconda in una successione rapida che stenderebbe al tappeto l’eterna rivale Roma che deve fare a meno del doppio macaron di Oliver Glowig nella speranza che il “solito” Roy Caceres riesca davvero ad agguantarla.
A Milano c’è il Contraste che sgomita con Matias Perdomo. E Wicky’s di Wicky Priyan che sta a cuore a molti critici e opinion maker. C’è l’outsider Marco Ambrosino e l’ottimo lavoro al Pisacco (con Andrea Berton ben messo anche al suo ristorante già monostellato).
Ma se dovessi puntare al buio una fiche, direi Eugenio Boer e il suo Essenza, chef atipico della scena milanese al pari di Perdomo e Priyan.
Non mi viene in soccorso la supposta equivalenza cappelli – stelle con Boer che è a due cappelli, ma guadagna il premio Performance dell’Anno che qualcosa peserà in termini di ritorno degli ispettori espressi sulla stessa tavola nel periodo considerato.
Boer a me è piaciuto molto. Tanto da farmi distrarre e offuscarmi la mente in quel gioco di priorità, mappature e incasellamenti che a volte diventano difficile come quando nel mettere a posto la scrivania del pc scatta l’ora del folder “In evidenza”.
Mi piace l’atmosfera di una sala cordiale e rigorosa con la cucina a vista senza essere plateale. Mi piace la composizione del menu e le capacità di abbinamento. Divento anche auto celebrativo perché qualcuno si prende la briga di conoscere i miei gusti e piazzare un Ciro Picariello in apertura con nonchalance azzeccando la combinazione.
Che ben ti predispone, per carità, ma dice poco.
E allora lascio giudicare a voi – dopo essermi confrontato con più di un amico di tavola egualmente pronto a condividere la previsione (o la speranza) stellata.
Non vi sto a dire degli amuse bouche, del pane e nemmeno di un signature dish come il primitivo cervo (non fatevelo mancare nel vostro percorso). Carte più che conosciute del mazzo di Boer.
Zio Pasquale è la trippa di vitello con cozze, sedano, fagioli bianchi di Spagna e colatura di alici di “zio” Pasquale Torrente a Cetara. Un omaggio ai sapori del sud e a un Mediterraneo diverso e intrigante.
Appare in tavola un altro vino che mi piace: Rossese di Dolceacqua di Maccario Dringenberg.
C’è il tartufo di Alba e ci sono le lenticchie di Castelluccio, mai così di attualità in questo momento, che accompagnano un uovo cotto a 61° – Uovo nel Bosco, appunto – con segale e pepe nero di Timur. Un piatto di notevole forza.
Molto buona la quaglia con il petto e il sedano rapa molto convincenti, direi performanti, abbinati alla prugna giapponese.
Ritornerò sicuramente ad assaggiare la sua Lièvre à la Royale dopo aver gustato con molta golosità le tagliatelle al coniglio e olive taggiasche. Bien fait!
Ops, Bressan, che fa sempre buoni vini nonostante la fatwa per sue dichiarazioni molto poco politically correct.
Strepitoso il risotto con le lumache della Val d’Ossola con il ribes e l’aglio nero a duettare con equilibrio. Cottura da manuale di alta università.
Anche un pesce bollito come il nasello, qui con indivia belga che sulla carta ai più sembrerebbe poco attrattivo, mette in mostra muscoli con i funghi porcini e la salsa alla tartara ad accompagnare.
E viene il momento della verità per qualsiasi amante del piccione con questa versione che è andata in vacanza in Polonia: tre cotture, pierogi, rapa bianca, fieno e wodka. Spettacolo. La carne con il sangue che serve.
Mi allungo in chiusura con #Affammoc, l’espressione che Boer prende a prestito dal suo collega del Sud, Iannotti già stellato al Kresios, per questo formaggio di capra, noci, melograno e cavoletti di Bruxelles. Bello.
Prendo la via del giardino che accoglie a temperatura giusta. Passo dal gelato con crumble alla piccola pasticceria.
Vorrei trovare in alto il segno della stella che guida, non penso affatto a una cometa di breve apparizione, ma brillante e solida di gusto che mi ha conquistato.
Se sono rose fioriranno, anzi splenderanno.
E se non accadrà, spero vogliate perdonare chi ha sbagliato un’equivalenza di stelle e cappelli che sembra non ci sia.
Essenza Ristorante. Via Marghera, 34. Milano. Tel. +39 02 498 6865