Michelin vs Osterie Slow Food: Glass Hostaria o Cesare al Casaletto a Roma?
Meglio un ristorante stella Michelin o un’osteria con la chiocciola Slow Food?
Bella domanda, vero?
Andare alla conquista (in qualità di fruitori famelici e curiosi) di stelle Michelin come nella più accanita partita di Risiko, oggi fa figo.
Non è insolito assistere alle malcelate sfide tra gastrofighetti che, come in competizioni d’infanzia con le figurine Panini – giocate a botte di “ce l’ho” – si frusciano citando i nomi e i piatti dell’ultimo chef assaggiato.
Gli stessi deridono e guardano impietosi le obsolete insegne “Trattoria”, cadono in deliquio alla vista di piatti trabordanti di pasta e schiaffeggiano con guanto da duello chi offre loro vino della casa.
Al lato opposto ci sono i fedelissimi dell’overdose da carboidrato: pasta in abbondanza e pane senza sosta. Carrellate di antipasti lanciati al centro della tavola, e poi primi, secondi, contorni e fritture.
Litri di vino a scaldare anima e corpo e, a finire, dessert con bottiglia di amaro. Sono quelli che l’alta cucina è “nouvelle cuisine” (non sapendo in realtà che quest’ultima non esiste!); quelli che (aridaje) “con la nouvelle cuisine ti affamano e ti spennano”.
Scegliere tra le due proposte a me dà il sapore di Batman v Superman. A voi non è mai capitato di chiedervi chi poteva vincere in uno scontro tra l’Uomo Ragno e la Torcia Umana, tra Hulk e Iron Man? Si vede che non avete letto le lettere dei lettori nei fumetti della Marvel (cit.).
Come sciogliere il dubbio? No, siete fuori strada. La leva prezzo c’è ma è in rapporto alla qualità. Che è un parametro anche della guida Michelin. Andate a rileggere l’intervista al direttore Sergio Lovrinovich prima di lanciarvi in un “che ci vuole se un ristorante può costare quanto vuole”.
Giochiamo allo scontro tra supereroi.
E iniziamo da Roma.
Sale sul ring Cristina Bowerman e il suo Glass Hostaria, una stella Michelin e un design che suggerisce l’idea di un luogo dove tutto è pensato, nulla è lasciato al caso.
Lo sfidante è Leonardo Vignoli con tutto il peso dell’eredità di Cesare al Casaletto (rilevato nel 2009): 60 anni e oltre di ininterrotta attività, in uno storico quartiere della Capitale, tanta tradizione nei piatti e asciuttezza negli arredi.
Io vorrei assaggiare subito il Piccione di chef Bowerman, frutti di bosco, gastrique e polvere di burro di arachidi (24 €).
Da Cesare potrei perdermi nei fritti misti: fiori di zucca, crocchette di melanzane all’arrabbiata, polpette di bollito e gnocchi fritti cacio e pepe (10 € per porzione).
Per i primi da Glass Hostaria ci sono Linguine cotte in acqua di peperone, alici del Cantabrico bottarga all’Armagnac, coriandolo fresco e limone candito (26 €) e un classico come i ravioli ripieni di fonduta di Parmigiano 60 mesi, burro d’Isigny e funghi (28 €)
Cesare al Casaletto sfodera i suoi romanissimi tonnarelli cacio e pepe (9 €) e gli gnocchi al sugo di coda alla vaccinara (9 €).
Si passa ai secondi con trippa alla romana per Cesare al Casaletto (11 €).
Cristina Bowerman potrebbe rispondere con la presa di maiale, radicchio caramellato e granola (28 €)
Dolce uscita di scena per i due eroi stanchi e provati da cotanto spadellare: Cristina saluta con cremoso al cioccolato bianco, tè verde matcha, caffè e kiwi (12 €).
Leonardo cerca l’applauso con i suoi Cesarini: piccoli assaggi dei dessert in menu (9 €).
Vi dico anche che il menu degustazione Tradizionale ma non troppo di Glass Hostaria con 5 portate costa 80 €. Da Cesare riuscite a stare sotto i 35 € come da linea editoriale Slow Food, ma sono sicura che sforerei.
E ora consigliatemi: stella Michelin o Chiocciola Slow Food? Ho da consigliare un ristorante a un amico.
Glass Hostaria. Vicolo de’ Cinque 58, Roma. Tel. +39 06 5833 5903
Da Cesare al Casaletto. Via del Casaletto 45, Roma. Tel. +39 06 536015
[Immagini: Vincenzo Pagano, Nunzio Gaeta]