Ristoranti Milano. Trippa per tutti nella Trattoria che ha appena aperto
Fra le tante teorie della critica gastronomica, c’è quella che sostiene che è meglio non andare a provare un locale appena aperto. Io invece da Trippa ci sono andato praticamente subito.
Al bando inaugurazione in sordina, rodaggi, sperimentazione e conflitti d’interesse: conosco sia Diego (Rossi) che Pietro (Caroli) da qualche anno.
L’aria hipster e malandrina e il baffo seduttivo alla belle èpoque, stemperati dai tatuaggi e dall’accento veneto è dello chef Diego Rossi. Un percorso lavorativo che lo ha portato prima a Venezia con Giovanni Ciresa, poi da Norbert Niederkofler, da Alfio Ghezzi alla Locanda Margon, e alle Antiche Contrade di Cuneo con Juri Chiotti. Un’aria piacevolmente cialtrona, e per quel che ho potuto vedere una notevole tecnica.
Pietro Caroli viene dalla blogosfera, dove con la sua compagna-presto-sposa Francesca D’Agnano (entrambi brindisini trapiantati a Milano) ha dato vita a un fortunato blog di coppia, Singerfood & Chiccherie; ora ha riversato tutte le sue conoscenze e competenze in questa Trattoria, assumendo le vesti dell’oste a metà fra l’accoglienza pugliese e l’efficienza milanese. Ma secondo me nella tasca del grembiule da trattore tiene una toque blanche, un cappello da cuoco da indossare alla prima disattenzione del suo socio Diego…
E dall’incontro nasce Trippa Trattoria Milano.
Per descriverla, voglio iniziare dal menù (ancora in evoluzione, e comunque cambierà a secondo dell’estro, della disponibilità, dell’umore della cucina), che quella sera partiva da tre antipasti (10/11 €): se il baccalà mantecato è un evergreen (recuperato di recente, stava giusto ritornando in seconda linea: un semi-ritorno), la tartare di salmerino è una variante di un pesce riscoperto di recente, mentre l’insalata d’oca tiene assieme vecchio e nuovo. Ma sono sempre presenti dei fuori carta.
Minestre (sì, minestre: all’antica) – risotto all’aceto, pepe nero e silene (un’erba spontanea, molto utilizzata nella cucina popolare), spaghetti al tonno e fave, zuppa di cicerchie e ortiche. Erbe di campo, ingredienti semplici (l’idea di fondo di Rossi è 3 o 4 ingredienti per piatto). 10 €, 12 il risotto. E ci sarà sempre un risotto in carta, per assecondare una passione dello chef (e mia e dei miei commensali: lo abbiamo preso tutti). Inutile dire che la toque di Pietro verrà buona per preparare le orecchiette (con l’aiuto di Francesca…).
Secondi: insalata di guancia e peperoni e cipolla di Tropea, polpo arrosto crema di carote e ciliegie, diaframma tarassaco e senape antica. E pescato del giorno. Qui si arriva alla motivazione del nome del locale, ovvero alla passione che farà da filo conduttore del menù: il quinto quarto, che sarà naturalmente sempre presente in carta. E fra i fuori carta, le lumache gratinate. Da 13 a 14 €.
Verdure. Da tempo non trovavo in un menù milanese tanti nomi “desueti” in contemporanea: silene, tarassaco, cicerchie e carosello, scurie. Fra le verdure infatti, oltre a una misticanza, ci sono scurie (fagiolini lunghi) e cipolle di Tropea agrodolci, e carosello (una cucurbitacea vicina al cetriolo come sapore e consistenza ma più digeribile) olio limone e capperi. 6 €.
Dolci. Ritorna il carosello, in un piacevolissimo mix com fragole e spuma di yogurt; e poi ci sono un’ottima crostata di cilliegie, una mousse di ricotta e albicocche, fragole, melone (da 3,50 a 6 €).
La carta varierà spesso: punti fermi, i risotti, la matrice, la trippa, nelle loro varie variazioni e declinazioni, il vitello tonnato, la battuta di fassona della macelleria Martini. E ci saranno pressoché sempre, come detto, dei fuori carta, secondo disponibilità e fantasia – che potrebbero arrivare anche a 18/19 €.
L’altra sera poi c’era uno chef ospite Mirko Balzano, dall’Irpinia. In carta i suoi spaghetti alla scapece con zucchine e la triglia all’arrabbiata con mortadella e provolone. Avevo appena finito la crostata – ma non potevo evitare di assaggiare la triglia. Mamma mia.
Che dire della cucina? Abbiamo assaggiato un po’ di cose, io e i miei commensali. Una cucina semplice, ingredienti ricercati, anzi proprio “cercati”, come le erbe di campo, le verdure i pesci i tagli di carne “dimenticati”. I sapori, le consistenze, tutto era al suo posto e in particolare le cotture erano assolutamente perfette. Una di quelle cucine che in qualche modo ti toccano, ti accarezzano, ti confortano, ti divertono.
Carta dei vini con etichette bio, cinque o sei rossi, quattro bianchi, due spumanti, birre bibite e Coca-Cola in vetro; sik segnala la presenza al bar di bottiglie di Vermouth, un altro recupero memoriale.
Andateci, e sappiatemi dire. Noi, abbiamo concluso la serata con un bicchierino di Strega.
Trippa. Via Vasari, 3. Milano. Tel. +39 02 3674 1134
[Immagini iPhone Emanuele Bonati, pagina Facebook di Trippa; la foto di Diego Rossi è di Marco Varoli]