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8 Giugno 2024 Aggiornato il 8 Giugno 2024 alle ore 14:08

World’s 50 Best Restaurant: il New York Times abbatte la classifica

World’s 50 Best Restaurant 2024: il New York Times va giù duro. Nei ristoranti migliori del mondo parolacce, vermi, menu scritti con le emoji
World’s 50 Best Restaurant: il New York Times abbatte la classifica

Pete Wells sul New York Times fa a pezzi la World’s 50 Best Restaurant 2024 prendendola larga.

“Conoscere i media oggi”, scrive il capo della redazione ristoranti del quotidiano americano, “significa capire come nessuna classifica, che sia “I 100 migliori batteristi di tutti i tempi” o “Le 35 razze di cani più belline mai esistite”, vada presa alla lettera. 

E tuttavia, serve un’apertura mentale di dimensioni colossali per decifrare l’annuale classifica nota come “World’s 50 Best Restaurant” (I 50 migliori ristoranti del mondo). 

Non ci si deve chiedere se i 50 i migliori ristoranti del mondo sono proprio questi. No, la vera domanda è: sono davvero dei ristoranti?  

World’s 50 Best Restaurant: sono davvero dei ristoranti? 

Wells chiede ai suoi lettori di prendere in considerazione alcuni dei ristoranti usciti meglio dalla classifica 2024, resa nota mercoledì scorso con tanto di premiazione al teatro Wynn Las Vegas. 

E ironizza sullo spettacolino cringe dei ballerini piumati e pitturati che hanno iniziato la notte della cucina d’alto bordo ruotando tubi luminosi sul palco buio. Al ritmo dance di una musica esagitata. 

Parliamo del Gaggan

Gaggan, ristorante di Bangkok, non si trova solo al nono posto della World’s 50 Best Restaurant, è anche al primo nella classifica riservata all’Asia. 

Lo chef, Gaggan Anand, accoglie i commensali nel tavolo dello chef da 14 posti di fronte alla cucina con “Benvenuti nel mio…,”. Completando la frase con un termine che, scrive Pete Wells, “non comparirà sul New York Times”. 

Scriviamolo noi, protetti dai provvidenziali asterischi: Benvenuti nel mio spettacolo di me**a.  

Ciò che segue sono una dozzina di assaggi serviti in due atti (con intervallo). Il menu è scritto con le emoji, niente parole. 

Andand accompagna ogni boccone con una lunga storia non necessariamente vera. Per scempio sostiene che la sfera bianca macchiata di ciò che sembra essere sangue, presente in un piatto, è il cervello di un topo allevato in un’azienda agricola sotterranea.

Alchemist, al numero 8 della World’s 50 Best Restaurant

I cervelli vanno forte anche in altri ristoranti della classifica.

Rasmus Munk, chef del ristorante Alchemist di Copenhagen, in ottava posizione tra i migliori del mondo, inietta una mousse che combina cervello di agnello e foie gras in un cranio d’agnello sbiancato. Quindi lo guarnisce con formiche e vermi della farina arrostiti. 

Un altro dei 50 o più piatti, che il ristorante chiama “impressioni”, si mangia dentro il modello della testa di un uomo, riprodotta a grandezza naturale, con la parte superiore del cranio rimossa.

Non generalizziamo, sembra dire Wells, tra i 50 migliori ci sono anche ristoranti che usano parole vere nei menu e permettono agli avventori di scegliere cosa mangiare.

Alcuni di questi, come Asador Etxebarri in Spagna e Schloss Schauenstein in Svizzera, si trovano in posti difficili da raggiungere. Quasi tutti sono molto costosi. 

Il critico del Times, in vena di ironia, infila l’avverbio “relativamente” tre volte nella frase successiva. 

“Eppure ci sono ristoranti nella World’s 50 Best Restaurant dove una persona relativamente normale potrebbe mangiare in modo relativamente normale e tornare a casa sentendosi relativamente sazia”.

Ma la classifica, in realtà, è dominata da luoghi in cui le persone normali non possono entrare. 

Dove, sentenzia Wells, “i pochi commensali disposti a sobbarcarsi tempi biblici per la prenotazione di un tavolo torneranno a casa ubriachi e gonfi. Non sono ristoranti, o meglio, non sono solo ristoranti. Sono prove di resistenza, spettacoli teatrali, monumenti all’ego. 

Sono “esperienze immersive”. Wells si dispiace di aver dovuto comminare ai lettori del New York Times “le due parole più spaventose” che si leggono nelle recensioni dei ristoranti. 

Una supercazzola priva di senso

Burnout Chicken Alchemist World’s 50 best restaurant

Secondo il critico gastronomico del Times anche la spiegazione di cosa attira l’attenzione dei 1.080 “esperti indipendenti” che votano per la World’s 50 Best Restaurant è una supercazzola.  

Sul sito della classifica si legge: “Ciò che rappresenta ‘il migliore’ è a discrezione di ogni votante – poiché i gusti di ognuno sono diversi, lo è anche l’idea di ognuno su cosa rappresenta una grande esperienza di ristorazione. Ovviamente, la qualità del cibo è centrale, così come il servizio – ma lo stile di entrambi, l’ambiente, l’atmosfera e persino il livello di prezzo sono più o meno importanti per ogni diverso individuo”.

“Beh, questo chiarisce tutto”, annota sornione Pete Wells.

La classifica non è più quella ideata anni fa dai redattori della rivista Restaurants. Ovvero una sorta di anti guida Michelin capace di segnalare posti improbabili ma meritevoli di attenzione che non sarebbero mai entrati nelle guide rosse francesi.  

Oggi la World’s 50 Best Restaurant è dominata da ristoranti maratoneti del menu degustazione, e ogni anno quei menu diventano più lunghi e implacabili. 

I piatti sono più di quanti una persona in possesso delle sue facoltà mentali sceglierebbe di mangiare, e i calici di vino più di quanti chiunque riesca a ricordare il giorno dopo. 

Pasti lunghi come “metastasi” 

“Lunghi come metastasi”, scrive Wells, questi pasti sembrano progettati per convincere le persone che è impossibile contenere tutto il genio culinario di questi chef i 10 o 15 piatti”.

Il critico cita un lettore del Times, avvezzo alla frequentazione di certi posti, che gli ha raccontato un recente interminabile pranzo (4 ore) al Disfrutar di Barcellona – quest’anno numero 1 della classifica. 

“Si è detto ‘sbalordito’, scrive Wells, e non ha nessuna intenzione di tornarci: ‘è stato un assalto, per niente divertente’.

La visita della cucina e di altri spazi dei ristoranti, che un tempo erano sorprese divertenti, oggi sono praticamente obbligatorie in ogni ristorante che aspira a un posto nella classifica. 

I locali presenti nella lista dovrebbero stupire chi li frequenta con forti dosi di originalità. Ma la formula per avere successo nella classifica è così risaputa che i pasti, nella loro struttura, sono tutti uguali. Uniti da un conformismo strano e deprimente.   

Se all’inizio la World’s 50 Best Restaurant si schierava contro le rigide gerarchie della Guida Michelin oggi è altrettanto rigida e conservatrice anche se in modo diverso. 

È diventata una macchina pubblicitaria che indirizza enormi quantità di attenzione e denaro verso alcuni dei ristoranti meno accessibili del mondo.

La domanda a cui la World’s 50 Best Restaurants sa rispondere

Gli chef si illudono di gestire ristoranti che sono fabbriche di idee. Ma è una presa in giro. In realtà competono in una classifica che riduce i risultati ottenuti in cucina a una serie di cliché, immancabili sul sito della World’s 50 Best. 

Table di Bruno Verjus, terzo miglior ristorante del mondo quest’anno, propone niente meno che “vino straordinario e cibo incredibile”. 

Un pasto al Disfrutar è, viva l’originalità, “l’esperienza culinaria di una vita”.

Ma questo è fantastico! E incredibile!, ironizza Wells con abbondanza di punti esclamativi, lamentandosi per la sciatteria dei testi presenti nel sito della classifica.  

“Ma la cosa che mi chiedo a proposito di questa ‘esperienza della vita’ è se mi divertirò”. conclude Wells. Che ha già la risposta: “Ma questa non è una domanda a cui la World’s 50 Best Restaurants sa come rispondere”.

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