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Ristoranti
28 Aprile 2010 Aggiornato il 20 Agosto 2017 alle ore 14:00

Mauro Uliassi. Il Re del Mare a Senigallia

Prendiamo due viandanti in viaggio periglioso da Firenze a Pesaro. Mettiamo che le due viandanti in questione abbiano dovuto rinunciare alla 12 ore di Le
Mauro Uliassi. Il Re del Mare a Senigallia

Prendiamo due viandanti in viaggio periglioso da Firenze a Pesaro.
Mettiamo che le due viandanti in questione abbiano dovuto rinunciare alla 12 ore di Le Max perché l’orario non era compatibile con la loro necessità di arrivare a Pesaro nel pomeriggio.
Aggiungiamo che le due viandanti sono affamate ma anche esigenti.
Avranno il diritto di mangiare un boccone? E quello di rifuggire dal panino cartonato dell’autogrill?

Mauro-Uliassi-Senigallia-ritratti

Pesaro – Senigallia: un soffio. Come non farsi tentare dalla sirena Uliassi? Dopotutto è da anni che le due viandanti vagheggiano quella sirena, frustrate dalla loro scarsissima frequentazione della riviera adriatica.
Le aspettative sono alte. Altissime. Peccato che il maltempo si frapponga tra loro e una giornata perfetta come questo 24 aprile si prepara ad essere.
Peccato anche che si perdano a Senigallia. Non nella Greater London, non nell’immensa Los Angeles. A Senigallia, depistate dai malefici sensi unici del lungomare.

Mauro-Uliassi-Senigallia-ambienti

Poi, come il classico faro nell’oscurità, appare Uliassi. Bianco, fuori e dentro, sul mare oggi grigio e un po’ incattivito. Sembra una nave da crociera old fashion, sembra luminoso e confortante. Lo è più di quanto noi, le due viandanti, pensassimo. Adesso siamo due viandanti più uno, armato di macchina fotografica e di santa pazienza, costretto a far raffreddare i piatti prima di assaggiarli.

Mauro-Catia-Filippo-Uliassi-Senigallia-ritratti

L’accoglienza è professionale, ma calda. Il clima disteso, di quelli che non intimidiscono. Niente è troppo e niente è troppo poco, tutti in sala hanno un sorriso, Mauro Uliassi, che si palesa prestissimo, ha una bellissima faccia da lavoratore, di quelle concrete, senza grilli, senza vezzi, senza prosopopea, ed è attentissimo ma anche spiritoso e simpatico.
A volte basta entrare, sedersi, incontrare gli sguardi e gettare un occhio al menù per sentirsi innamorati. Noi, stavolta, ci siamo innamorate in cinque minuti.

Mauro-Uliassi-Senigallia-carte

Abbiamo scelto il menù da 125 euro, una passeggiata tra i piatti rappresentativi dello chef, non senza esserci concesse un aperitivo (champagne Bruno Paillard) che è stato preceduto dall’ormai celebre loacker di foie gras, come benvenuto, e accompagnato da cinque appetizers da incanto repentino. Il piccolo cannolo di mais credo che lo ricorderemo a lungo, il pane alle noci con burro e alici invece lo sogneremo nei momenti di sconforto. Una poesia. Lavoro di bulino, i cinque appetizers.
Non elencheremo tutti i piatti. Sarebbe un noioso susseguirsi di aggettivi, esclamazioni, iperboli. Ognuno è stato perfetto. Quando capita di poter dire altrettanto, in un ristorante, avendone per di più gustati ben nove, più gli appetizers di cui sopra e i dessert? Ognuno perfetto, molti sorprendenti, eppure nessuno inutilmente pretenzioso, nessuno viziato da quella volontà di gettare fumo (creativo) negli occhi dimenticando la pulizia del gusto.
Ecco, dovendo proprio trovare un aggettivo userei questo: pulita. La cucina di Uliassi è pulita. E per me è uno straordinario complimento. Dentro ci sono impeccabile competenza ed arte, ma per accorgertene ci devi prestare attenzione: l’arte è mirabilmente celata, come voleva già Baldesar Castiglione nel ‘500 raccomandando la sprezzatura*. Ma c’è tutta, l’arte, nella leggerezza, nelle consistenze, nella purezza e nella freschezza dei sapori, e te ne accorgi quando, assaporando il primo boccone di un qualsiasi piatto, ti si arresta la masticazione e gli occhi ti si sgranano verso i tuoi commensali a dire tutto il tuo stupore.

Mauro-Uliassi-Senigallia-piatti

I miei si sono sgranati soprattutto per il gambero rosso con gelatina di scalogno e pinoli freschi (la sensazione di quella gelatina è memorabile), la triglia croccante, zuppa di prezzemolo alla colatura di alici (tentate di reclamarne un catino, ci siamo astenute per troppo pudore), il maialino da latte, alici del Cantabrico e cipollotti caramellati, piatto in cui persino il cipollotto rivendicava una supremazia su qualunque caviale o foie gras. Notevolissimi, a detta di Lisa, i ciabattoni “mare da bora” con alghe, ostriche e caviale di coregone che per me (Giovanna) sono stati sostituiti con molta gentilezza (causa mia insofferenza verso le ostriche) con i prodigiosi spaghetti affumicati alle vongole e pendolini grigliati. Li mangi e pensi che dalla vita hai avuto tutto.
Ma ogni piatto, dalla carne cruda di vitellone  marchigiano con pera alla grappa e formaggio fuso allo spiedino Rimini fest, dallo sgombro con mela, polvere di lime e yogurt alla beccaccia, ogni piatto aveva una ragione per esserci, ogni piatto ci ha rese felici di averlo assaggiato.
Felici anche al momento del dessert, al quale, ormai rilassate, ci siamo accostate senza l’abituale scetticismo che in quella fase ci attanaglia. Perché il dessert è il passaggio critico di molti ristoranti anche celebrati, quello in cui tutto crolla nell’approssimazione e nella sciatteria. Il momento della delusione.

Mauro-Uliassi-Senigallia-mojito

Stavolta invece pre-dessert, dessert e persino piccola pasticceria hanno rasentato l’eccellenza. Dessert che non avremmo mai scelto dalla carta, per ragioni di gusto personale, hanno zittito qualunque nostro dubbio con la perfezione delle consistenze e del sapore. Lievi, gustosi, morbidi, aerei, golosissimi. Mi permetto una menzione d’onore per la crema catalana al caffè collocata nella piccola pasticceria. Deliziosa.
Le due viandanti più uno, alla fine del percorso, si sono stupite di ritrovarsi leggere come se non avessero mandato giù una impressionante teoria di piatti; quindi si sono guardate e si sono chieste cosa ci fosse da scrivere quando non si ha niente, ma proprio niente da dire. Quando nemmeno una piccola obiezione sfiora la mente. Sembra di battere la grancassa, di intonare uno sterile peana. Di dire cose inutili o già dette.
Perché la perfezione non si descrive. Bisogna provarla.
Mauro Uliassi e la sua brigata hanno reso il 24 aprile un giorno perfetto. Speriamo bastino queste poche righe per ringraziarlo e rendergliene merito.
Adesso, in ogni caso, abbiamo trovato un’ottima ragione per intensificare, di molto, la frequentazione della riviera adriatica.

Uliassi. Cucina di mare. Via Banchina Di Levante 6 – 60019 Senigallia (Ancona). Telefono  +39 071.65463. www.uliassi.it

Liosa&Giovanna. Foto: Francesco Arena

*…trovo una regula universalissima, la qual mi par valer circa questo in tutte le cose umane che si facciano o dicano piú che alcuna altra, e ciò è fuggir quanto piú si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. Da questo credo io che derivi assai la grazia; perché delle cose rare e ben fatte ognun sa la difficultà, onde in esse la facilità genera grandissima maraviglia; e per lo contrario il sforzare e, come si dice, tirar per i capegli dà somma disgrazia e fa estimar poco ogni cosa, per grande ch’ella si sia. Però si po dir quella esser vera arte che non pare esser arte; né piú in altro si ha da poner studio, che nel nasconderla: perché se è scoperta, leva in tutto il credito e fa l’omo poco estimato.” (Baldesar Castiglione, Il libro del cortegiano, cap. XXVI)

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