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Cibo
1 Maggio 2010 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 10:33

Gennaro Esposito e la mozzarella di Paestum

Paestum. Arriva alla sua quinta edizione il Salone della Mozzarella di Bufala di Paestum, organizzato da Barbara Guerra, Donato Ciociola e Albert Sapere
Gennaro Esposito e la mozzarella di Paestum

Paestum. Arriva alla sua quinta edizione il Salone della Mozzarella di Bufala di Paestum, organizzato da Barbara Guerra, Donato Ciociola e Albert Sapere per il Consorzio di Tutela, che prova subito a spiccare il volo già dal primo giorno. E ci riesce con l’apertura affidata a uno spumeggiante Gennaro Esposito, patron della Torre del Saracino di Seiano, che delizia i 40 commensali con un percorso gustativo di altissimo livello. Merito di una materia prima che ha fatto la fortuna di una terra baciata dalla Natura e dalla Storia e delle realizzazioni di Gennaro che non lasciano spazio ad alcun dubbio interpretativo. Qui si arriva all’umana perfezione grazie ad un rispetto della mozzarella che non è mai genuflessione ma iniezione di sensibilità ed esperienza. All’organizzazione del Salone va quindi il merito di aver sdoganato quella che potrebbe essere la classica fiera paesana (e purtroppo qualche tratto lo conserva ancora per l’insipienza di alcuni partecipanti che hanno lasciato vuoti gli stand in attesa del pienone sciamante del fine settimana per massimizzare le vendite) articolando un percorso in tre giorni che ha visto l’apripista Gennaro piazzare l’asticella ad un livello molto alto. Gennaro (Gennarino per chi lo conosce da un po’) bisognerebbe dichiararlo monumento nazionale al pari dei templi che fanno da sfondo alla sua lussuriosa performance. Esporta la sua esperienza e la sua passione dalla Costiera più ricca e famosa, quella Sorrentina, alle porte del Cilento dichiarando subito la sua preferenza per la mozzarella della piana del Sele rispetto a quella dell’area casertana in ragione di una maggiore dolcezza congeniale al suo modo di intendere la cucina. Gennaro viene da una zona vocata al fiordilatte vaccino ma riconosce che la mozzarella di bufala ha una maggiore presa sul pubblico: “Piace di più ed è più immediato come sapore”. In sala religioso silenzio in attesa della spiegazione di volta. Che arriva semplice semplice: “Quando penso alla mozzarella in cucina, penso soprattutto a consegnare la purezza del gusto al commensale”.

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Mozzarella in purezza, ecco l’indicazione di Gennaro che subito precisa: “Nei prossimi giorni potrete vedere come è diverso l’approccio alla mozzarella di amici e professionisti come Massimo Bottura e Carlo Cracco. Forse ho un limite. Io non riesco a modificare la consistenza della mozzarella anche se il fatto che esistano chef in grado di farlo significa che la mozzarella è un prodotto moderno e gli chef possono declinarla in maniera trasversale, innovativa o tradizionale”. E Gennaro tira subito la volata al gruppo degli chef italiani mettendo in mostra la sua migliore capacità di leadership (testimoniata dalla sua capacità di aver creato un appuntamento imperdibile come la Festa a Vico che mette insieme Nord e Sud, tradizione e innovazione, estroversi e introversi, professionisti e appassionati di gastronomia): “Il fatto che Massimo e Carlo abbiano accettato di venire qui a Paestum a confrontarsi con un prodotto tipico significa che noi dobbiamo fare gruppo e sostenere chiunque abbia buone idee. Ora c’è una generazione nuova che porta avanti un discorso di qualità. Tutti possono provare esperienze diverse e non è possibile fare sempre classifiche di chi è primo e chi sta dietro. Invece dobbiamo dire che è possibile condividere grandi esperienze in molti ristoranti italiani che hanno come filosofia la qualità”. Capita l’antifona? Un percorso gastronomico è costituito da tappe che non portano alla vittoria di uno chef ma a quella personale dell’appassionato che può sommare sensazioni diverse.

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Messa definitivamente da parte ogni postilla numerica, ci accingiamo ad ascoltare il progetto del primo piatto che appare subito come il manifesto di quelle possibilità di combinazioni felici tra prodotti del territorio campano: mozzarella di bufala e baccalà accompagnati da pomodorini di Corbara appena scottati, cipollato di Nocera, fave, agrumi confit, capperi, finocchio. A questo punto bisognerebbe saccheggiare il Devoto-Oli alla voce sensazione per raccontare compiutamente l’esperienza della julienne di cipollato nocerino speziato e dolce, mai invadente, che accompagna la mozzarella e il baccalà (cotto a 40° e affumicato con foglie di limone e rosmarino) che può vantare una consistenza analoga a quella della mozzarella e che la fettina di pane tostato sembra dividere visivamente. Freschezza di un piatto che ti sospinge nel venticello estivo tra i colonnati del tempio di Hera/Nettuno fino alle pendici dei Monti Lattari su cui spuntano le gemme rosse di Corbara. Ed è la freschezza il riassunto di un piatto da desco raffinato e nobile pur nell’assoluta semplicità degli elementi primari.

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Mi sovviene in mente lo slogan utilizzato dal Consorzio: Un assaggio vale più di mille parole. Ecco, occorre provare un piatto così. E Gennaro sembra leggermi nel pensiero. “La comunicazione è molto cambiata ma restano punti fermi. E’ difficile parlare di cucina senza essere entrati in una cucina come è difficile parlare di mozzarella senza conoscerla. Occorre sdoganare alcuni concetti e abbattere il muro che separa sala e cucina. Il lavoro dei giovani non sempre si percepisce da fuori. Non è solo questione romantica ma anche tecnica. Questo è il modo di raccontare efficace: entriamo nelle cucine, entriamo nei caseifici. Allo stesso modo ritengo che non può appartenere ad un concetto di alta cucina la mancanza di interazione con il commensale”.

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Bene. La tavola di scattidigusto decide di affiggere il programma di Gennaro sulla cornice dei propri computer e di buttare alle ortiche ogni parvenza di rispetto su anonimati e contorni vari per ascoltare il secondo piatto. Gennaro, però, tributa il giusto riconoscimento a chi ha iniziato per primo, ormai 40 anni fa, un discorso di qualità: Alfonso Iaccarino. “Da lì pian piano è nata la strada da percorrere. Ed ora abbiamo una concentrazione di eccellenze che probabilmente è dovuta ai prodotti e a una certa cultura di rispetto per il cibo”. Ottimo. E poi: “Il concetto di km 0 è facile da rispettare da noi, ma non deve diventare un sintomo maniacale. Possiamo anche scavalcarlo e parlare di Frigorifero Zero, un nuovo concetto che sia in grado di esaltare i prodotti, le stagionalità e la freschezza”.

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Capirete con quale piacere puoi predisporti ad assaggiare uno dei piatti che assegna un altro scettro di Re del Mare a Gennaro Esposito: il pesce bandiera in guisa di parmigiana di melanzane. Io vado matto per la parmigiana che insieme al fiordilatte accompagnava costantemente le mie estati in quel di Termini di Massalubrense. E mangio pesce bandiera da quando, anomalo studente fuori-sede (da Roma alla Costiera Amalfitana), integravo la mia dieta di polpi (altra fissazione nata tra gli scogli di Marina del Cantone) con questo pesce azzurro che veniva via al prezzo di una pessima scatoletta di sardine sott’olio utile quindi a risparmiare e a riempire i serbatoi sempre assetati dei miei mezzi di trasporto e da struscio costiero. Gennaro ha pensato al pesce bandiera avendolo visto ributtare a mare per poca commerciabilità agli attracchi del Golfo di Napoli. E ne ha fatto il protagonista di un piatto che se lo guardi preparare in cucina sembra di una semplicità impressionante. Filetti di pesce tipo quelli che qualsiasi pescheria di Napoli e dintorni ti prepara anche se non se sei edotto sulle differenze tra pescato ed allevato, un ripieno di mozzarella di bufala (che potrebbe andarci anche un fiordilatte compattato alla maniera di Agerola di un tempo), una dadolata di melanzane ripassate in padella e un ombrellino di basilico a ricordare che la freschezza è il faro cui bisogna guardare per non smarrire la retta via. Il resto parla di un piatto che mi farebbe diventare fedele servitore di Nettuno pronto ad officiare riti o a farmi avvolgere nelle spire di un bandiera millimetricamente sapida come un novello Laocoonte che resta soggiogato dal gusto dionisiaco della parmigiana di mare.

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E’ il momento dei commiati dopo questo uno-due che avrebbe steso anche il più corpulento della nuova generazione di intenditori che scorazzano a piede libero lungo lo stivale a caccia di emozioni e gloria per le loro insaziabili gole. Ma siamo o non siamo sulla scena di una delle cartoline più belle della Campania? Ed allora spazio alle foto di gruppo con vecchi e nuovi amici ed un grazie a Giuseppe e a Fumiko in cucina.
Il Re lascia Paestum con una zampata che mette il sigillo sul Salone e che per molti rappresenta l’anticipazione della Grande Festa del Gusto. Quella di Vico!

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Foto: Francesco Arena

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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