Dialoghi d’estate/11 Le gioie di Don Alfonso
Caro Alessandro,
come avrai capito sono un po’ invidioso del tuo tour tra ristoranti d’alta quota. Devo confessarti che nel Cilento ci sono buoni ristoranti, ma le vette di una tavola come quella di Norbert Niederkofler non penso siano raggiungibili. E’ una strana maledizione questa di un angolo di paradiso con tanta materia prima, a volte dimenticata per tappare la fame delle orde vacanziere che si accontentano di basso prezzo e quantità. Ovviamente ho la mia tavola preferita che però in questo periodo non è frequentabile per le lunghe code ma Norbert viaggia ad altre quote. Ti chiederai come mai accade in un’area distante un centinaio di chilometri dal triangolo d’oro della Penisola Sorrentina? Non saprei risponderti, ma se ti dico che siamo da due giorni con i rubinetti a secco quando abbiamo le montagne con le cascatelle, un’indicazione te l’avrò data.
Ed è così che voglio raccontarti della mia tavola dell’infanzia, di quando i calzoni lunghi che indossavi segnalavano l’occasione ufficiale. L’occasione questa volta me l’ha dato un appuntamento abbastanza informale per rivedere un amico del passato. In Costiera Sorrentina, lì al confluire panoramico del mare di Napoli e di Salerno dove sono stato avviato alla pratica del buon cibo e del culto della materia prima. Quella religione che ti fa percorrere chilometri e ti stampa indelebile un sapore, un profumo, un ricordo. Tra Sant’Agata sui Due Golfi, Termini e Marina del Cantone ho trascorso svariati anni. A suon di fiordilatte prelibato, polpetti, melanzane, pomodori, pelati a mano, fiori di zucchina fritti. Il Vate per me ha sempre avuto i baffi da quando lo ricordo sotto a una ruota di carro modello Far West: Alfonso Iaccarino.
Sì lo so, già sento le critiche di tanti: “Non è più quello di una volta”, “Non c’è lui in cucina”, “Il figlio fa il bel giovane”, è basso, alto, largo, lungo, le guide, gli esperti. Voglio risponderti molto semplicemente: echissenefrega. Alfonso ha compiuto un vero miracolo creando di fatto quel triangolo d’oro della ristorazione tanto celebrato, strappando un costone di rovi di Punta Campanella al nulla e trasformandolo in un Eden della materia prima, creando un resort in un luogo dove l’immobile più appariscente era una pompa di benzina. Una famiglia dedita alla ristorazione con Livia che si fa in quattro per far stare a proprio agio gli ospiti, Mario che fa girare una cantina storica (ma poi ci sarebbe da dire della scuola, della biblioteca, dello show room, delle camere, della piscina) e Ernesto che ogni giorno agli occhi di alcuni deve confrontarsi con Alfonso in una specie di esame continuo. Come se non avesse potuto far altro che il cuoco. Io penso che gli piaccia e molto.
“Va bene se ci vediamo da Don Alfonso”. E certo che mi va bene. E così con mia moglie abbiamo fatto l’arco di sole che separa Cannicchio da Sant’Agata sui Due Golfi. Ovviamente traffico pazzesco e passaggio per Castellammare di Stabia che da tanto non rivedevo. E con esso il rito del parcheggio con il cambio in folle per sfruttare al massimo il poco spazio disponibile (sul marciapiede….), la MEB Meridbulloni e i ricordi di un grande passato a volte scomparso (la Cirio) o il Cantiere Navale che è la più antica industria italiana (del 1873, la Fiat è del 1899 tanto per citare) da cui uscì nel 1931 l’Amerigo Vespucci e che si contrappone alla sagoma del traghetto veloce Scatto della fallita Tirrenia che si sta arrugginendo nel porto di Castellammare. E via così in un ricamo di ricordi e di confronti lungo quella corniche napoletana che da Meta si arrampica sino a Colli Fontanelle. Il tempo per chiacchierare tra file e rallentamenti ce n’è stato.
Guadagnare l’ingresso curato del Don Alfonso è sempre un piacere. Sistemata l’auto nel garage, a mezzogiorno (si fa per dire, perché tra ricordi e code, il display segnava le 14) ci siamo accomodati all’ombra dei parasole nel giardino. C’è la formula grill, ma alla domanda sulle preferenze abbiamo lasciato decidere ad Ernesto. Che ha sconfinato nella carta della sera e ha rinforzato i dolci senza far mancare l’irrinunciabile concerto di limoni.
Non vorrei tediarti con la bontà della tartara di tonno con guacamole e yogurt alla menta, con la freschezza dell’insalata di scampi agli agrumi, con la golosità dei cappelli di pasta accompagnati dalla genovese di pollo, il tartufo di Bagnoli Irpino e i pistacchi di Bronte. Non ti esalto i paccheri (questi del pastificio Gentile) che per me sono oro cucinati alla maniera cacio e pepe ma ben freschi con la nota vegetale degli spinaci nè mi dilungo sull’assoluto nitore del polipetto affogato all’antica sul cous cous e una spuma di provola alla cannella (il mio commensale ha chiesto il bis della sola spuma, tanto per farti capire i livelli di golosità).
Evito anche di parlarti dell’infilata dei dolci limone-sfogliatella-melanzana-pesca con questo caldo. In fondo si è trattato di uno “spuntino” tra amici che volevano parlare del più e del meno in pantaloni corti in quest’oasi. Abbiamo finito con il parlare di ristoranti, lo confesso, di cibo e di guide con un’ospite di un altro tavolo che ben conosce l’ambiente “guidarono”.
Ma voglio metterti a parte di una notazione che mi ha sottolineato Ernesto Iaccarino. Il Don Alfonso, anche in un anno non propriamente felice come il 2010 che vede l’allarme di famosi critici appuntati sull’ingresso di finti ristoratori, cresce. In presenze e fatturato con una percentuale a due cifre. Qualcosa vorrà dire? E mi chiedevo se nelle valutazioni dei punteggi si tiene conto del fatturato e dei rendimenti: il ristorante ha una logica di impresa o la questione è assolutamente secondaria considerato che le scelte sono guidate anche da ragioni economiche?
Don Alfonso 1890. Corso Sant’Agata 11 – Sant’Agata Sui Due Golfi (Napoli). Tel. +39 081.8780026 www.donalfonso.com
Foto: Ennio Calice, Comune Castellammare di Stabia, Lorella Franci, Trygve Indrelid, Stefano Scatà, Philippe Schaff, Vittorio Sciosia, Alessandra Tinozzi