Roma. Tordomatto, fate una follia a pranzo con soli 25 €
Adriano Baldassarre è tornato a Roma. Lo chef del Tordo Matto, il ristorante di Zagarolo diventato meta degli appassionati di gastronomia più di 10 anni fa, ha aperto la versione 2.0.
Semplicemente Tordomatto, scritto tutto di seguito, in quella parte della città che scherzosamente avevamo definito zona Bonci. Tre isolati a est c’è il panificio del suo vecchio compagno di scuola. Saranno stati gli stessi banchi di scuola a far crescere due talentuosi protagonisti della scena gastronomica capitolina irriverenti quanto basta per mettere d’accordo molti critici e appassionati sulle loro capacità.
Da irriverente con tendenze all’anarchia rispetto a categorie consolidate, Adriano Baldassarre ha fatto parlare di sé per il successo di un ristorante di alta cucina in un luogo di trattorie che aveva abbandonato quando la strada del successo si era spianata davanti ai suoi fornelli. Approdato a un ristorante molto turistico in quel di Tivoli, una delle aree più frequentate dell’Italia dell’ospitalità culturale, aveva acchiappato di striscio il biglietto per Roma. Zona periferica nel castello dei mobili fuori l’Anagnina. Il Salotto Culinario era diventato un bistrot quasi Tordo Matto, ma l’esperienza aveva rischiato di impallinare il talento creativo e Adriano abbandona una proprietà scomoda e preferisce accettare l’invito di Antonello Colonna che ha aperto il resort a Vallefredda. Posizione un po’ defilata, anche se Colonna conquista la stella Michelin nel 2013. Baldassarre è a Pescara, come secondo a Les Pailottes, il ristorante della De Cecco supervisionato da Heinz Beck. Poi vola al ristorante Vetro dell’hotel Oberoi di Mumbai dove lo porta Francesco Apreda dell’Imàgo Hassler.
Il soggiorno in India è forse la tappa più importante del suo percorso. Non solo per la cucina, ma soprattutto per il carattere. Adriano Baldassarre è diventato quasi (giusto un po’ di prudenza) riflessivo.
L’avventura del nuovo Tordomatto e della sua apertura è lì a testimoniarlo. Un locale bello, asciutto nel design, con materiali semplici e ben assortiti e il cambiamento in zona Cesarini rispetto al progetto che avevamo già illustrato: salta la zona taverna per prescrizioni Asl e Adriano fa spazio al nuovo Baldassarre (“non volevamo crearci problemi”).
L’impianto del Tordomatto è quello che vi abbiamo descritto e che ha fatto rumore nel circolo food romano.
Non restava che andare a provare la cucina di Baldassarre. Siamo andati di riflessione e macerazione sulle bucce degli assaggi della tavola per far felici tutti: gli inaugurativi, i rodaggisti, i selfisti, i dietrologi e i benpensanti.
E ovviamente quelli cui teniamo di più: i lettori di Scatti di Gusto che vogliono sedersi a una tavola che lasci loro di più di un ricordo di una buona cena. Così abbiamo lasciato sedimentare le sensazioni di una cena di un paio di settimane fa.
Per dirvi subito che dovete andare al Tordomatto perché Baldassarre è in vena, costruisce piatti divertenti, gioca con il suo passato e le sue esperienze recenti, ma è nuovo nell’impostazione. È un candidato serio per far brillare la luce notturna che l’anno scorso, se non fosse stato per un altro matto dalle parti del Parlamento, avrebbe lasciato Roma al buio.
Non vi dovrete nemmeno svenare. Se andate a pranzo nei giorni feriali, il menu degustazione Al Mercato di 3 portate vi costa 25 €.
Se non avete mai incontrato sulla vostra strada Adriano Baldassarre, avete un degustazione Ancora Classici con 5 portate a 45 € e saprete chi ha inventato il cappuccino di baccalà e potrete affondare nell’Ajo e Ojo.
Gli smaliziati potranno trovare soddisfazione scegliendo A ruota libera, 7 portate a 65 €.
Gli attaccabrighe hanno a disposizione il banco in cucina con Mozzichi e Bocconi, 10 assaggi con 10 ingredienti che Baldassarre vi prepara sull’istante e che ha prezzato 80 €.
Mentre sgranocchiate i grissini sciapi e mandate giù un sorso della sempre più gettonata vodka made in toscana VKA, non potrete fare a meno di apprezzare la linearità della sala cui manca – ci dicono – qualche rifinitura.
Ovviamente la vodka non era lì per accompagnare il pane, ma una royale di foie gras e composta di nespole su cucchiaio da mangiare alla fine. Una prima nota acuta generata dall’incontro con il dolce del foie gras e l’aspro della composta. Chi ben comincia.
Un po’ di rewind non fa mai male in epoca di apprezzamento per il vintage. Baldassarre fa portare in tavola uno scenografico raviolo trasparente d’ostrica, fermento di cipollotto, cotenna di maiale soffiata su infuso di bergamotto che era nato in quel di Zagarolo nel 2005 (18 €, per coloro che tengono i conti).
In abbinamento ci va un sempre piacevole Alsazia Bianco 2014 di Marcel Deiss. Le cronache riportano una prevalenza di riesling e pinot bianco (con percentuali variabili di gewürztraminer e pinot nero).
Sul nostro conta emozioni l’ago schizza verso la parte alta.
Una mattonella di marmo accoglie il carpaccio di funghi di pioppo, brunoise di sedano, crema di mandorle e maionese di aglio nero fermentato, fatta con olio extravergine d’oliva monoculitvar cima di mola pugliese (16 €). Piatto che meriterebbe una registrazione più accurata.
Il wow ce lo strappano le patate schiacciate con burro affumicato, senape nera e gelato al latte di capra (15 €). Consistenze, temperature, sapori e soddisfazioni sono da manuale.
Faccio in tempo a scattare una foto a un attento Simone Romano che apre una bottiglia per il tavolo accanto popolato da food blogger ed estimatori del Baldassarre matto. Per noi c’è un rosé dall’Etna di Pietradolce.
Il tris di pasta è orchestrato in climax ascendente. Arrivano i bottoni ripieni di conciato di San Vittore, finocchio ed erbe selvatiche di questa stagione (15 €). Maestria indiscussa nel padroneggiare lo spessore della pasta, uno degli incubi ricorrenti nei ripieni.
Baldassarre gioca di colore e sconfina in un altro grande buco nero (per molti altri colleghi) e prepara dei buoni agnolotti cacio e pepe (sempre a Roma siamo) triphala su crema di patate viola e trippa soffiata di baccalà (14 €). L’effetto mappazzone che potrebbe suggerirvi l’onda viola è quanto di più lontano possiate pensare.
La mia giovane commensale va in sollucchero per i tortelli cotti in acqua di pomodoro ripieni di melanzana affumicata e succo di pomodori datterini con olio extravergine d’oliva itrana (15 €). Difficile darle torto a patto di scucchiaiare con garbo una porzione abbondante di pomodoro assieme alla pasta ripiena per andare diritti all’idea di una parmigiana ai sentori di brace. Io guarderei alle temperature e metterei un altro po’ di pomodoro anche perché di questo pane che ne facciamo?
Agnello, topinambur e cumino (25 €).
Il manzo (ma in realtà è vacca) a 40 giorni di frollatura bruciato con carbone bianco giapponese accompagnato dal fermento di barbabietola, cipolla e spuma di bagna cauda è l’indiscusso piatto della serata (28 €).
I vini che hanno accompagnato i primi e i secondi li vedete in galleria con l’etichetta dello Château Reinassance disegnata dai vignettisti di Charles Hebdo in evidenza e quindi anticipata nella sequenza.
Uno dei pre dessert che preferisco è la pasta. Se ne sarà accorto anche Adriano Baldassarre che manda in tavola gli spaghettoni Ajo e Ojo Giovanni Fabbri (13 €). Un suo classico che non dovete perdervi.
Poi arriva anche il vero pre-dessert accompagnato dal succo di mela: pere, ricotta e crumble.
Il dolce è un altro cavallo di battaglia: banana, nocciola e cardamomo verde sempre di una decina di anni fa che ritrovate nel degustazione dei suoi classici.
Bel finale da festa di paese con tanto di zucchero filato e amaro Formidabile di nome e di fatto.
Ora tocca a voi dirci se già avete fatto una capatina nella nuova casa dello chef. O se vi ho convinti a seguire uno dei suoi percorsi.
Voto: 8/10
Tordomatto.Via Pietro Giannone, 24. Roma. Tel. +39 06 6935 2895