Pizza. The new is, 10 pizzaioli emergenti che superano altri 10
La pizza napoletana è in sommovimento. La nouvelle vague del #canotto, l’hashtag che ho consigliato a uno dei protagonisti della pizza contemporanea ha messo il turbo.
A chi mi ha chiesto quanto è costato questo naming 2.0 rispondo pubblicamente: gratis. Ci muove la passione (e la pancia).
Ogni sommovimento è un ribollire, ovviamente, un magma che scotta e si riversa in tanti rivoli. Che incendiano gli appassionati e accendono rivalità tra chi ha cavalcato – è il caso di dirlo – l’onda in uno slancio spontaneo e chi è rimasto al palo e ora cerca di recuperare il terreno perso agitandosi in maniera scomposta.
La modalità peggiore.
È giunto quindi il momento di fare un quadro della nuova pizza napoletana contemporanea che di base possiamo definire con l’orrido termine orami in uso gourmet. E vedere chi sono i rappresentanti delle nuove istanze di bontà.
Partiamo.
1. Francesco Martucci is the new Franco Pepe
Due giganti a confronto. L’ascetico Franco Pepe ha giocato la carta dell’impasto rigorosamente a mano, i prodotti del territorio, i grani antichi seminati fuori casa, la realizzazione del palazzetto del gusto a Caiazzo Pepe in grani, la conquista del podio nella controversa classifica elaborata da Daniel Young a partire dalle preferenze espresse da manipoli di pizzafanatici, la presenza nel circolo che conta di Identità Golose con l’assunzione al soglio pontificio degli Ambasciatori del Gusto, il mistero che avvolge il suo impasto che ribolle a tutta massa nel laboratorio supersegreto. Sua la margherita sbagliata, copyright difeso contro gli attacchi alla parola sbagliata. Mossa giusta?
Francesco Martucci lo ha macinato a suon di numeri esagerati che la sua pizzeria piuttosto anonima in una strada defilata di Caserta ha contabilizzando attirando folle di estimatori. Tra i protagonisti del new deal della pizza ci si chiede chi abbia messo propellente alla comunicazione di Martucci. Movimento spontaneo che mi ha portato ad assaggiare la pizza ai Masanielli insieme ad un altro cultore della pizza in un giro casertano memorabile parecchi mesi fa. La particolarità della pizzeria di Martucci è il forno nascosto che accresce l’alone di mistero che avvolge le pizze leggerissime del nuovo guru della pizza contemporanea. Come anche il blend delle farine utilizzate che mescolano quelle in arrivo da un piccolo mulino di Vairano Paternora e quelle del Mulino Marino in aggiunta – dicono i soliti ben informati – a una t(r)op secret. E ha sfruttato il vantaggio logistico: perché mai inerpicarsi a Caiazzo se a Caserta a due passi dallo svincolo autostradale ho un campione di leggerezza?
2. Ciro Salvo is the new Enzo Coccia
L’apripista della pizza di qualità è indiscutibilmente Enzo Coccia cui tutti i più giovani pizzaioli devono tributare il giusto omaggio. Il suo capitale di primogenitura è forse stato un po’ intaccato dall’idea di fare due pizzerie, la gourmet e la normale quando anche la basic è di qualità. Se hai l’oro, è inutile cercare il platino. Sarebbe stato meglio fare l’argento proponendo uno street food da asporto popolare e di qualità mutuando la sua esperienza della pizzeria Fortuna a piazza Garibaldi? La nuova pizza fritta e la “merenda” con i pani messi a punto insieme al panificio Malafronte di Gragnano hanno testimoniato ancora una volta che Enzo Coccia sa fare sperimentazione. E la sua pizza è sempre buonissima, ma non fa più tanto Notizia come un tempo.
Ciro Salvo ha costruito la sua pizzeria ritagliandola alla perfezione sul suo personaggio un po’ schivo e molto amato dagli appassionati che non amano chi urla troppo come ha dimostrato la polemica nata con la foto che ritraeva l’allora presidente del consiglio, Matteo Renzi, nella sua pizzeria. Il suo essere neutrale rispetto alle tante questioni che alimentano continuamente il mondo pizza non gli ha fatto mancare le file davanti alla sua accorsata pizzeria 50 Kalò in quella piazza Sannazaro che è diventato un po’ il salotto buono della pizza contemporanea tanto da indurre Giuseppe Vesi e Antonio Troncone (ex pizzaiolo di Enzo Coccia) a prevedere due aperture proprio in una zona che faceva più rima con i taralli che con la pizza nonostante le pizzerie che qui sono sempre esistite. Curiosamente, Ciro Salvo sta seguendo la stessa strada della diversificazione con l’apertura di 50 Panino, a poca distanza, che aprirà la settimana prossima e di cui abbiamo dato succulenta anticipazione con un articolo stra-letto. Anche per lui il vantaggio logistico di una posizione più centrale rispetto al naturale competitore Enzo Coccia.
3. Isabella De Cham is the new Maria Cacialli
Dici pizza fritta, che è un altro elemento della nouvelle vague, e avanza il profilo della giovanissima Isabella De Cham che dal rione Sanità è sbarcata praticamente di fronte a uno dei mostri sacri della pizza centenaria, Da Michele a Forcella. In un buchetto da asporto, ha preso per mano la pizzeria di Vincenzo Durante e l’ha mandata alle stelle. Più che la ricetta ha imparato il sistema per sfornare una pizza fritta apprezzata anche dai colleghi e, dopo una visita ad un altro dei giovanissimi della canottieri pizza, Carlo Sammarco, in pieno agosto dell’anno scorso, ha messo a punto la sua pizza che è un canotto gonfio come una mongolfiera. Ed è finita sulle pagine di Facebook e della stampa tradizionale imponendosi all’attenzione del circolo degli scettici.
Asporto vs asporto, il confronto dovrebbe essere con la Friggitoria Vomero che è un’icona della pizza fritta che arriva da un altro tempo. E che lì è rimasta. Numeri sempre consistenti, ma l’attenzione è soprattutto per paste cresciute e scagliozzi di polenta. Se parliamo di donne, invece, ecco Maria Cacialli iper famosa con la sua pizza fritta servita al tavolo. Una differenza sostanziale che però sarà colmata con la nuova apertura di 1947 pizza fritta che avrà a disposizione più spazio e anche i tavoli. E Isabella De Cham promette di sorpassare anche l’iconica Cacialli, la Figlia del Presidente, anche grazie alla freschezza della novità e alla sua capacità di fare rete con i colleghi.
4. Teresa Iorio is the new Antonio Starita
Vulcanica, popolare, sempre allegra e in grado di mietere riconoscimenti a man bassa, Teresa Iorio è stata consacrata regina con la vittoria del Campionato Mondiale Trofeo Caputo nella specialità STG, cioè l’ortodossia della pizza napoletana anche se si era fatta conoscere con Integralmente Mia, il tour di Rossopomodoro che ha accolto la pizzaiola di piazza Borsa nella sua famiglia. E lei ha contraccambiato con la generosità che la contraddistingue firmando la pizza Fememna e Fritta e spostandosi di sera dalle Figlie di Iorio, attivissima a pranzo anche con la cucina di Luciana, sul lungomare di fronte a Capri nel Rossopomodoro LAB di Franco Manna. Un’interprete verace della tradizione che riguarda con occhio (e mano) divertito. La sua pizza fritta ragù con polpette e quella con il soffritto hanno letteralmente spopolato creando l’immagine della nuova Sofia Loren alla mano e pronta a trasformare una serata in pizzeria in un evento.
Ed è proprio l’immagine di Sofia Loren ne L’oro di Napoli ad aver alimentato in maniera errata l’iconografia di Starita a Materdei. La pizzaiola più famosa del mondo non friggeva la pizza nei locali dell’attuale pizzeria ma, si sa, una leggenda nasce anche su basi infondate. Starita è sbarcato anche a New York con quel campione che è Roberto Caporuscio e la sua fritta al forno ha fatto centro. Ma lo stare fermo, anche se ha aperto a Milano con una pizzeria che non fa molto parlare di sé, non giova al tempo del web 2.0. E la canzone suona note troppo antiche a confronto con quelle di Teresa Iorio che approda anche a Casa Sanremo forte del supporto di un team lanciatissimo come quello di Rossopomodoro che conta campioni come Davide Civitiello e Vincenzo Capuano e un tritasassi come Antonio Sorrentino.
5. Davide Civitiello is the new Gennaro Lombardi
Di Gennaro esponente del food in Campania conoscete il due stelle Michelin Gennaro Esposito della Torre del Saracino che pure le mani in pasta con la pizza le ha messe coinvolgendo i pizzaioli a Festa a Vico. Ma noi pensiamo a quel Gennaro che decenni fa portò la pizza a New York e di lì in tutta l’America. Civitiello è il nuovo messaggero sempre connesso (pagina verificata da Facebook vi dice qualcosa?) e sempre su un aereo pronto a spiegare i segreti della pizza napoletana a Sidney, a Boston o in Alaska. Trionfatore del contest #pizzaunesco con la pomodorosa, ha una base operativa al Rossopomodoro LAB di via Partenope che sta diventando sempre più un’officina di formazione e il sostegno del laboratorio del Mulino Caputo per cui testa farine e impasti. Insomma teoria e pratica in un sol colpo.
6. Raffaele Bonetta is the new Diego Vitagliano
Il nome della pizzeria in cui opera è altamente napoletano, Ciarly, e il luogo è Piazzal Tecchio davanti alla Mostra d’Oltremare. Bonetta è un altro seguace della pizza a #canotto e pur con una minore capacità mediatica rispetto ai suoi colleghi ha sospinto questa pizzeria old style sui lidi della nuova pizza. Lo fa con pizze che imitano quelle dei più conosciuti, ma con uno stile che potrebbe diventare più riconoscibile.
L’allievo ha superato il maestro? Lo vedremo a breve quando Diego Vitagliano, testa di ponte della Molino Vigevano di cui è istruttore e ambasciatore sul territorio napoletano avrà dalla sua una squadra di pizzaioli convertiti alla nuvola, il vecchio modo di definire la pizza leggera e appunto a #canotto, che è il suo marchio di fabbrica. Vitagliano è l’espressione massima della nuova generazione attenta alla comunicazione (ora ha anche l’orto) con ben due addetti ai lavori che curano l’ufficio stampa (Dora Sorrentino [aggiornamento: il rapporto di consulenza è terminato oggi come avverte una nota su Facebook delle 14:48 a firma di Diego Vitagliano – Ringrazio Dora Sorrentino che ha svolto L attività di ufficio stampa da settembre ad oggi della pizzeria 10 . Da oggi la pizzeria comunicherà X proprio conto.]) e i canali social (la società che fa capo a Egidio “Puok e Med” Cerrone). Un impegno (anche di spesa) ben ripagato e che lo ha trasformato in un ottimo PR di se stesso. Dalla sua il vantaggio di avere una location fruibilissima durante la bella stagione sul lungomare di Pozzuoli e lo svantaggio di creare potenziali cloni che semmai hanno una situazione logistica più favorevole per il pubblico napoletano. Proprio come l’allievo Bonetta, appunto.
7. Carlo Sammarco is the new Gorizia
Il campione del #canotto è un po’ come i fratelli Abbagnale che surclassavano tutti alle Olimpiadi. Il trasloco da piazza Garibaldi a Ponte Mezzotta ad Aversa gli ha permesso di liberarsi dai restanti lacciuoli della tradizione dura e pura e di navigare a gonfie vele nel mare della pizza contemporanea, La maniacalità nel mettere a punto gli impasti e la capacità di essere leader silenzioso al banco gli hanno permesso di forgiare un fornaio come serviva alla sua pizza e di avviare la creazione di una squadra che nel lungo periodo gli permetterà di alzare ancora di più i già consistenti volumi che rallegrano i conti della pizzeria aperta in società con Bruno Sculli (hamburger al Vomero). Il suo prossimo obiettivo è il ritorno a Napoli a via Toledo o zone limitrofe dove potrà fare sfracelli con la sua pizza. Nome in codice dell’operazione è Pizza Carlo III dopo la Sammarco 2.0. Un ritorno alle origini con lo sguardo al futuro.
Dici pizza al piatto, più piccola di diametro e con il cornicione più erto e non puoi non pensare alla scuola vomerese che ha sempre predicato un formato borghese per distinguersi dalle pizze larghe e corpose del vcentro. Per una pizza centenaria è il sorpasso anche se Gorizia ha una sua emanazione con Olio e Pomodoro che aprirà una nuova sede in area piazza Vanvitelli dopo l’avvio di quella in via Cilea e le sperimentazioni con la canapa che però non hanno avuto un grande clamore se si esclude il lancio dell’anno scorso.
8. Salvatore Lioniello is the new Di Matteo
Nessuno avrebbe mai scommesso che la pizza giovane e universitaria potesse cambiare collocazione rispetto all’incrocio Tribunali – Mezzocannone. E invece il pizzaiolo di Orta di Atella con la sua inconfondibile paglietta ha messo la freccia infiammando proprio in più giovani con un nugolo di pizze e di impasti che predicano la possibilità di una pizza alternativa e vegetariana. Solo la collocazione geografica rende più complicata un’esplosione del fenomeno Lioniello e del suo taglio con le forbici a livello nazionale. Ma il tempo giocherà a suo favore.
Salvatore Di Matteo è tra i protagonisti indiscussi della pizza napoletana e la sua pizzeria è stata tra quelle che ha lanciato un messaggio mondiale con la famosa pizza offerta da Ernesto Cacialli al presidente USA Bill Clinton. Anche qui un’altra epoca che non ha seguito il passo dell’evoluzione 2.0. Una pizza buona e sempre apprezzata, per carità, ma cui manca il supporto di un’efficace comunicazione che è diventata la vera chiave di volta con i social.
9. Attilio Bachetti is the new Ciro a Santa Brigida
Se ne parla sempre troppo poco della pizza di Attilio Bachetti alla Pignasecca. Eppure Attilio è il campione della pizza vecchia maniera senza troppi fronzoli: una sola farina e l’impasto del giorno prima per il giorno dopo. Ingredienti di qualità, una salsiccia e friarielli da sturbo, frittatine di pasta che sono rigorosamente servite dopo la pizza (cioè se avete ancora posto e lo avete perché la pizza è leggerissima), dolci home made secondo una tradizione secolare. E poi c’è la novità della pizza a stella con il cornicione ripieno che è una misurata concessione alla modernità. Il tempo sembra si sia fermato entrando nella pizzeria di famiglia, ma non è così. E lo sanno gli avventori che aspettano con ansia la bella stagione per fare la fila sull’uscio senza dover rischiare di prendere un manico della pala nell’unico punto caldo di attesa, cioè il forno a legna.
Ciro a Santa Brigida è un locale storico di Napoli che si trova sull’asse di via Toledo, in posizione antitetica rispetto alla Pignasecca. Come dire il popolo e l’élite della pizza a Napoli in una manciata di passi. La sua è pizza da ristorante elegante e raffinato tant’è che dovete salire al piano superiore per accomodarvi ai tavoli. Un piglio di altri tempi che cozza con l’idea di una pizza da strada fatta di lunghe fila e chiacchiericcio con gli amici. Ovviamente ha i suoi estimatori che mai penserebbero di mettersi ad attendere per mangiare una pizza. E poi, volete mettere la possibilità di cambiare idea e guardare la carta del ristorante?
10. Sorbillo is the new Sorbillo
Nella geografia della pizza napoletana che conta non può certo mancare lui, il Campione della Pizza Classica. Che, ricordate?, è Antonio Sorbillo, cioè il fratello del super mediatico Gino Sorbillo.
Due personalità diverse che in realtà hanno costruito il mito di Sorbillo come lo conosciamo oggi.
Gino Sorbillo è l’interfaccia sempre connessa che propaganda con maestria ed efficacia una delle pizze più buone di tutta Napoli e quindi del mondo intero. Veloce, pronto a fiutare i cambiamenti con largo anticipo rispetto ai suoi colleghi, è talent scout di prodotti, sperimentatore, volto pubblico, presenza televisiva, addetto stampa e social media manager di se stesso. In pratica una Ferrari con pilota incorporato. Se volete comprendere la differenza al tempio del web 2.0 mettete a confronto un computer con Windows e un Mac: fanno le stesse cose, ma il Mac è hardware e software al tempo stesso. Un vantaggio che ha permesso a Sorbillo di aprire pizzerie ai quattro angoli del mondo diventando catena umana e non catena di numeri.
Antonio Sorbillo è la macchina infernale dell’organizzazione che rende possibile in forme numeriche stratosferiche qualsiasi volo pindarico pensato da Gino. Nel 2014, Gino prende la strada del sostenibile e del bio con la farina 0. Per molti osservatori una follia. Cambia il nome delle pizze da Margherita a Margheritta e diventa il leader incontrastato della nuova pizza napoletana contemporanea mettendo le ali. Mentre crescono i like, Antonio gestisce il passaggio epocale e i due insieme sfornano pizze ritenute impossibili.
Ci sarebbe molto da dire, ma l’occasione dello spech a Formamentis sarà l’occasione per parlarne. Per ora sappiate solo Sorbillo può battere Sorbillo.
E ora tocca a voi. C’è qualche altro new is che vorreste mettere in questo quadro della pizza napoletana contemporanea?