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Pizzerie
24 Luglio 2018 Aggiornato il 25 Luglio 2018 alle ore 10:22

I Masanielli di Francesco Martucci si avvicina al concetto di pizzeria perfetta

Lo confesso. Il nuovo menu di Francesco Martucci della Pizzeria I Masanielli di Caserta non mi è piaciuto. Troppa plastica, cattivo lettering che stona
I Masanielli di Francesco Martucci si avvicina al concetto di pizzeria perfetta

Lo confesso. Il nuovo menu di Francesco Martucci della Pizzeria I Masanielli di Caserta non mi è piaciuto.

Troppa plastica, cattivo lettering che stona con l’ambiente circostante, lunghezza eccessiva, captatio benevolentiae nei confronti della guida Michelin con l’apposizione dei tre Macaron botturiani nella pizza omaggio al divino Maximo, fresco numero Uno del Mondo per la 50 Best.

Detto questo, il resto sfiora la perfezione. È un peccato che la guida Michelin, probabilmente, non assegnerà nemmeno quest’anno una stella a una pizzeria quale che sia, come richiedono molti nuovi scopritori del disco plebeo irriso lungamente dai frequentatori e critici dell’alta cucina.

O forse è un bene perché molti pizzaioli napoletani ancora non riescono a sottrarsi al teorema del cassetto (pieno di soldi). E non perché qui si consideri poco elegante il guadagno anche a molti zeri. Semplicemente ci sarebbe modo e capacità di guardare a dettagli che ancora i pizzaioli più forti faticano a scorgere.

Best o top che siano, i pizzaioli non sono ancora Pizza Chef nonostante la definizione spesso loro accordata semplicemente perché guidano la brigata ma difficilmente possono assentarsi pena uno scadimento del loro prodotto. Devono stare al banco costantemente e solo qualcuno di loro riesce a comportarsi come uno chef e a mettere insieme lavoro al banco e uscite pubbliche: Gino Sorbillo, Diego Vitagliano, Renato Bosco, i primi tre che mi vengono in mente.

Poi ci sono gli outsider della comunicazione, quelli che la fanno a modo loro ma vincono soprattutto a tavola come Carlo Sammarco, Patrick Ricci, Attilio Bachetti e, appunto, Francesco Martucci.

O forse Francesco Martucci è il ponte tra le due opposte istanze del farsi conoscere e dell’aspettare di essere riconosciuto. Ma in ogni caso a parlare è la pizza.

Di Francesco Martucci, riconosciuto Bad Boy della pizza che non te la manda a dire (e a volte rischia il fuoco incrociato dei commenti e delle polemiche stra-cittadine), impressiona il percorso evolutivo: da pizzaiolo “di quartiere” in una pizzeria sottoscala con forno nascosto in cucina costata – come spesso ricorda – qualche migliaio di euro a comandante di un incrociatore pesante di 240 posti studiato per essere diretto dal ponte di comando armato con due altoforni e un retro attrezzato come una cucina di ristorante d’alto bordo; da animatore di “bande” allegre di pizzaioli a solitario cavaliere nero; da guidatore di sobria vettura a harleysta di special (nera) plurifrazionata e condottiero di Cayenne ipervitaminizzata; da corpulento oste a mannequin pettoruto; da libro trasparente a geloso custode (con chiave cifrata) del laboratorio degli impasti.

Mi fermo qui perché la lista dei cambiamenti potrebbe allungarsi a dismisura. E perché c’è un dato oggettivo che mi ha impressionato e su cui vi invito a riflettere.

Francesco Martucci ha installato nella sua Bat-cucina il frigorifero numero 18, diconsi D-I-C-I-O-T-T-O.

A cosa serve questa batteria di frigoriferi? Ad assicurare la giusta temperatura ad ogni elemento-ingrediente della sua pizza.

E non si tratta di compulsivo celodurismo da star dell’impasto. Ogni cosa qui è millimetricamente calcolata.

Lo avvertite subito dal servizio in sala, croce e delizia di ogni ristorante che abbia voglia di alzare l’asticella figuriamoci di una pizzeria che ambisca a esclamare La pizzà c’est moi.

Il lambrusco selezione Beppe Palmieri – ops, ancora area Massimo Bottura – arriva a temperatura ma c’è il tocco del maestro con i cubetti di ghiaccio e i bicchieri metallici che invitano a tirare fuori subito le carte per il tresette. Glocal, per davvero.

La lista delle pizze è lì davanti, ma ci va prima la frittatina di pasta, must irrinunciabile e non solo in Campania. Qui si rasenta la perfezione per la consistenza non inutilmente collosa che affligge una buona parte delle esecuzioni assaggiate nel tempo.

Ora viene il dramma. Come categorizzare la tipologia della pizza martucciana non napoletana, sicuramente casertana – visto che fai tre metri e sbatti nella Reggia – tronfia oltre il giusto nel cornicione che supera le quote STG? Noi la diremmo canotto per via della pervicacia attenzione alla dimensione dell’alveolo, la guida del Gambero Rosso la metterebbe nella napoletana ed, ahimè, dovrebbe postillare “a degustazione” giacché questa è la modalità proposta al nostro tavolo.

Vi lascio nel dubbio mentre mi sollazzo con la regina incontrastata dell’italico piatto, una Margherita (6,50 €) che si fisserà a lungo nelle meningi degli avventori. Sarebbe una Dop come piace agli amanuensi dei menu che continuano a credere che la bufala sia migliore del fiordilatte sulla pizza in virtù del logo di tutela. Martucci la usa da manuale e tanto basta. Ma volendo potete fare i pop con la basic a 5 €.

Bella solare la fiori di zucca al quadrato (8,50 €) lasciati a crudo e che mette in mostra muscoli gastronomici non solo per la scelta degli ingredienti ma anche per la tecnica di confezionamento (vellutata dai gambi dei fiori) e assemblaggio (con il Provolone del Monaco e spruzzata di colatura di alici).

Maestosa, ma ascoltate il Bad Boy che ve la spiega.

Siete rimasti incantati, nevvero? Solo perché non avete ancora visto (e assaggiata) il Tartufo secondo Martucci (8,50 €).

La base bianca di fiordilatte viene arricchita in uscita dal blu di capra, dal burro di Normandia e irrorata copiosamente dalla pioggia di tartufo nero. Il burro sui polpastrelli vi servirà per raccogliere giudiziosamente fino all’ultima lacrima del tartufo per l’ultima goduriosa leccata.

Non vi muovete, non cambiate canale. C’è la Pizza della Settimana che può diventare tranquillamente la Pizza del Mese e anche quella dell’Anno: 4 parmigiani in 4 consistenze (8,50 €).

La sindrome di Stendhal ormai si è impadronita del vostro narratore. L’omaggio a Massimo Bottura non è quella captatio benevolentiae che voleva solo arpionare la vostra attenzione.

È l’avvicinarsi al sole con una navicella galattica. In questo Francesco Martucci ha compreso che il frequentare tavole e cucine di alta gastronomia è fonte di ispirazione molto più che apparire gomito a gomito con i grandi stellati in eventi di ribalta sperando che la caduta del pulviscolo astrale guidi gli ispettori della Rossa alla capanna delle meraviglie.

Ascoltate della base bianca di fiordilatte, del parmigiano reggiano grattugiato di 22 mesi, delle scaglie di parmigiano 24 mesi, della spuma di parmigiano di 30 mesi all’uscita, della cialda di parmigiano di 38 mesi. Un crescendo inarrestabile come un motore che entra in coppia e allunga all’infinito.

Il Bad Boy della pizza italiana che ha spezzato i lacciuoli delle convenzioni della tradizione ha imparato in fretta a camminare lungo una strada solitaria.

Ora però deve fare una cosa: cambiare quel menu che è un pugno nell’occhio e costringe il vostro narratore a cercare una rima quasi perfetta.

Per il resto, c’è solo da aspettare il prossimo cambio menu per tornare a bearsi con pizze straordinarie che, se qualche piccola manchevolezza, hanno la devono al carattere bizzarro dell’impasto che riconosce la mano del padrone e la rispetta quasi per l’intero.

Non condividete anche voi che le avete assaggiate?

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I Masanielli Francesco Martucci. Via Douhet, 11. Caserta. Tel. +39 0823.1540786

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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