Tradizioni. Cos’è il Fucarazze ‘e Sant’Antuono che festeggia maiale e pizza
Andavo per il mezzo secolo di mancata partecipazione a un “focarazzo” di Sant’Antonio, ‘O Fucarazze ‘e Sant’Antuono. Metà anni ’70 dalle parti di Somma Vesuviana, ma senza GPS l’esatta localizzazione dei ricordi è impossibile.
E così ho accolto con piacere l’invito di Franco e Giovanni Amodio al rito della tradizione, alla festa di famiglia (molto allargata dacché vi partecipa tutta l’azienda Latteria Sorrentina) in quel di Sant’Anastasia, nel Parco Nazionale del Vesuvio. A dispetto della sagoma moderna da factory in stile Cape Canaveral del nuovo millennio degli uffici del caseificio, alle spalle sui pendii che si arrampicano verso la montagna ci sono i friarielli e le vecchie stalle degli allevamenti dei maiali che sono in fase di riconversione.
Qui nascerà l’Accademia del Fiordilatte, una pizzeria-scuola modello ed altre attività che avranno il compito di ricucire il passato con il futuro dei latticini, della pizza e della pasticceria. I tetti, mi dicono, amplieranno la capacità dell’azienda nella produzione di energia elettrica sostenibile rendendo di fatto la fornitura autarchica.
I capannoni, prima della trasformazione, sono il luogo perfetto per questo rito a metà tra il sacro e il profano che ha preso una forte deriva gastronomica anche per la contemporanea ufficializzazione della Giornata Mondiale della Pizza che ha fatto seguito alla consuetudine di festeggiare il 17 gennaio i pizzaioli che hanno come santo protettore Sant’Antuono, il santo del fuoco e dei maiali.
Per la ricostruzione storica vi rimando al pozzo di scienza del meridione che è Raffaele Bracale che ha dato risposta sulle origini e sulla cura dell’herpes a base di lardo di maiale con un post su Facebook.
Quest’anno i pizzaioli hanno deciso di dedicare una pizza lasagna alla giornata.
A noi è mancata, nel senso che la tradizione del sito imponeva margherita rigorosamente con fiordilatte e marinara (ma ne saranno uscite due di numero). Ma non è mancata né la ricotta né il maiale, ovviamente.
Alfonso Saviello si è occupato della pizzeria. Una bella pizza canotto new style con un buon pomodoro e – ci sarebbe mancato – il fiordilatte di consistenza e a temperatura esatte per il disco.
Mentre Antonio Di Sieno aka Trippicella ha pensato alla santificazione del suino con la brace e con gli insaccati.
Si è concesso giusto un passaggio innovativo con hamburger e friarielli oltre alle tradizionali salsicce. Va bene così.
Il fuoco della tradizione si è levato bello alto dalla pira che reggeva in alto una piccola befana. Si brucia l’anno, si fanno scorte di maiale.
E ci sono i fuochi di artificio che chiudono la serata insieme al migliaccio a base di semolino e ricotta e hanno fatto da contorno alle parole di saluto e di augurio per un ottimo anno pronunciate da Franco Amodio con accanto Marione che lavora con lui e già lavorava con il nonno. Famiglia allargata, come si diceva.
E spettacolo nello spettacolo i fritti del “Ricciulillo”. Il suo locale lo trovate sul vialone che porta alla chiesa di Sant’Anastasia più o meno verso sera allo stesso angolo. È un furgoncino e fa lo street food antico in maniera incredibile: soffici e asciutte paste cresciute, crocché che sanno di patate, scagliozzi di polenta dal cuore morbido e con la copertura croccante.
Ragazzi, che capata di fritti…
https://www.facebook.com/PizzaNapoletana/videos/389719641786985/
Mi sa che ho trovato un ottimo Fuoco di passione gastronomica.
Metto in calendario il 2020 sperando in una location (passatemela) di egual impatto e nell’invito della famiglia Amodio.