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Cibo
24 Giugno 2020 Aggiornato il 24 Giugno 2020 alle ore 18:31

10 miti usati dai carnivori che i vegani credono di aver sfatato

Sono veri gli argomenti usati da chi mangia carne contro la dieta vegana? Solo falsi miti carnivori sfatati dai vegani, dicono i vegani
10 miti usati dai carnivori che i vegani credono di aver sfatato

Aumentano nel mondo le persone che diventano vegane o vegetariane. O che cercano di escludere la carne dalle loro diete. Una scelta consapevole, nel nome dell’etica verso ambiente, animali e verso se stessi. 

Dall’altra parte, lo zoccolo duro dei consumatori di carne risponde per dimostrare l’infondatezza della pretesa purezza vegana.

Non è forse vero –sostengono i carnivori– che la coltivazione di mandorli per ricavare il famoso latte vegetale contribuisce a distruggere la popolazione delle api? E non è forse vero che le piantagioni di avocado, in Sud America causano ripercussioni sull’ambiente, addirittura sull’approvvigionamento d’acqua per gli stessi abitanti dei villaggi?

Argomenti sensati a prima vista, ma che in realtà, secondo i non carnivori, sono privi di fondamento scientifico.

A contraddire le tesi preferite dai carnivori quasi fossero falsi miti da sfatare ci ha pensato il Guardian. Il quotidiano inglese ha messo in fila ben 18 punti. Abbiamo riassunto i più interessanti.

1. I bovini allevati con il metodo ‘grass feed’ producono basse emissioni di carbonio.

Come prima cosa chiariamo che con il metodo ‘grass fed’ (letteralmente “nutriti con erba”), i bovini sono liberi di pascolare per tutta la vita cibandosi di ciò che trovano nei campi. Non sono costretti a nutrirsi di soia e mais –per produrre i quali in alcune zone del mondo si sono distrutti ettari ed ettari di foreste– come negli allevamenti intensivi. 

È vero che i bovini ‘grass fed’ emettono emissioni di carbonio relativamente basse ma solo se messi in confronto con i bovini da allevamento intensivo. In realtà i bovini ‘grass fed’ hanno bisogno di più terra per il loro pascolo. Inoltre le emissioni sono simili se non maggiori di quelle dei bovini allevati normalmente. Questo perché il grano ingerito dai bovini negli allevamenti è più facile da digerire rispetto a quello che si trova nei pascoli.

Entrambi questi fattori significano meno emissioni di metano.

Quindi no, per quanto basse, le emissioni prodotte dai bovini e dagli animali in generale, anche se ‘grass fed’, saranno sempre maggiori di quelle causate da piante di fagioli e zucchini.

2. I bovini non influiscono sul clima perché il metano è un gas serra di breve durata. 

Questa affermazione è in parte vera. Il metano è un gas serra potente e i ruminanti ne producono molto, ma è anche vero che permane nell’atmosfera per un tempo relativamente breve: in nove anni ne viene eliminato circa la metà.

La constatazione ha portato alcuni a sostenere che in realtà il numero totale di bovini a livello mondiale, circa 1 miliardo di animali, non stia effettivamente riscaldando il pianeta. Ma è un gioco che non quadra: mica si può sostenere che gli allevatori possono inquinare solo perché è sempre stato così.

Ridurre i gas serra è una cosa necessaria da fare prima possibile per evitare gravi impatti sul clima del pianeta. Oltretutto il metano non è l’unico problema: la deforestazione degli allevatori di bestiame in Sud America procede a ritmi pericolosamente serrati.

3. Come la mettiamo con latte di soia e tofu, le cui produzioni stanno distruggendo l’Amazzonia?

Un falso mito carnivoro da sfatare. Oltre il 96% della soia proveniente dalla regione amazzonica diventa cibo per mucche, maiali e polli consumati in tutto il mondo. Inoltre il 97% della soia brasiliana è geneticamente modificata, ne è vietato il consumo umano in molti Paesi dove viene utilizzata per produrre tofu e latte di soia. 

Produrre latte di soia causa molte meno emissioni e prevede un utilizzo di terra e di acqua inferiore rispetto al latte vaccino. Quindi se davvero siete preoccupati per l’Amazzonia il problema non è la soia, ma siete voi, che dovreste mangiare meno carne.

4. Produrre latte di mandorle massacra le api e trasforma la terra in un deserto.

È vero che alcune coltivazioni di mandorli causano problemi ambientali. Questo perché la crescente domanda produce un eccesso di coltivazione in determinati luoghi, come la California.

Ma a questo si può rimediare con un adeguato intervento del legislatore.

5. Coltivare avocado è causa di grande siccità in alcune zone del pianeta

Anche qui il problema vero è il veloce aumento della produzione in alcune regioni specifiche, dove mancano controlli sull’uso corretto dell’acqua, come Perù e Cile. Gli avocado generano tre volte meno emissioni di quelle causate dai polli, quattro volte meno dei maiali, venti  volte meno dei manzi.

E comunque, il mercato risolverà da sè il problema degli avocado come quello delle mandorle: l’elevata domanda incentiverà gli agricoltori di altre zone a coltivarne, alleggerendo così la pressione sulle attuali zone di produzione. 

6. Il boom della quinoa danneggia i contadini di Perù e Bolivia. 

La quinoa è un cibo straordinario protagonista di un vero boom, che però non è avvenuto a discapito degli agricoltori. I ricercatori affermano che la quinoa non è mai stata un alimento base per queste popolazioni ma solo una piccola parte, e che la crescita esponenziale della domanda di quinoa non ha avuto effetto sull’alimentazione di queste popolazioni. Anzi, il boom ha aumentato significativamente il loro reddito.

Quinoa

Esiste, è vero, un problema di impoverimento del suolo, perché la terra viene maggiormente lavorata è stressata. Per fortuna, però, oggi la quinoa viene coltivata anche in Cina, India e Nepal come negli Stati Uniti e in Canada. Ciò che dovrebbe preoccupare davvero è la perdita di reddito per gli agricoltori sudamericani quando l’offerta di quinoa aumenterà, facendone inevitabilmente diminuire il prezzo.

7. La produzione di olio di palma ha distrutto foreste pluviali e causato l’abbattimento degli oranghi

Le piantagioni di olio di palma hanno portato a un’enorme deforestazione, questo è un problema che riguarda tutti, non solo i vegani. Molte organizzazioni a difesa dell’ambiente sostengono che la scelta dell’olio di palma sia sostenibile per l’ambiente, in quanto altre colture di semi per olio occupano più terra.

Va considerato però che ogni anno, in tutto il mondo, si abbandonano milioni di acri di terreno per la coltivazione di semi oleosi, come campi di colza e di girasoli nelle ex regioni sovietiche, e le tradizionali piantagioni di ulivi. Fare un uso migliore di queste terre sarebbe preferibile all’uso di olio di palma, sostengono in molti. 

8. I vegani non assumono abbastanza vitamina B 12, il che li rende stupidi.

Nella dieta vegana possono verificarsi carenze di vitamina B 12, una vitamina importante per la funzione cerebrale che si trova nella carne, nelle uova e nel latte vaccino. Ma la vitamina B 12 è prodotta dai batteri presenti nel suolo e nelle viscere degli animali, il bestiame la ingerisce mentre pascola o becca il terreno. Siccome la maggior parte del bestiame non è ruspante ma allevato, i pesticidi e gli antibiotici utilizzati negli allevamenti uccidono gli insetti che producono la vitamina.

Il risultato è che la maggior parte degli integratori di vitamina B12 –il 90% secondo alcune fonti– viene somministrata al bestiame, e non alle persone. Quindi occorre scegliere tra assumere un integratore di vitamina B 12 oppure mangiare un animale a cui sia stato fornito.

Anche un numero significativo di onnivori o carnivori è carente di B 12, nonostante si nutra di carne, in particolare le persone anziane. Mentre fra i vegani, coloro che presentano carenze di B12 sono stimati solo in una percentuale del 10%. Per quanto riguarda la stupidità, beh, è facile constatare come sia distribuita equamente tra vegani, onnivori e carnivori, l’alimentazione non c’entra.

9. Le carni vegetali non sono sane

Molti carnivori liquidano i burger vegetali come un “cibo spazzatura ultra-trasformato”. In effetti un burger vegetale può non essere salutare se il suo contenuto di sale è elevato, ma sarà sempre più sano di un burger di carne se vengono considerati tutti i fattori nutrizionali, in particolare le fibre, di cui i burger vegetali abbondano a differenza di quelli di carne.

Burger vegani

I burger vegetali sono anche una migliore alternativa per l’ambiente, pur essendo vero che si mangiano troppi alimenti trasformati. Ma questo vale non solo per i cibi vegetali, anche per quelli a base di carne. 

10. Mangiare vegetali trasportati da tutto il mondo causa più emissioni che il mangiare carne.

Mangiare “local” o “a chilometro zero” è una raccomandazione frequente ma insensata, secondo alcuni ricercatori. Le emissioni di gas serra causate dai trasporti rappresentano una piccola parte di quelle legate alla produzione degli alimenti, e ciò che si mangia è molto più importante dei viaggi che il cibo ha compiuto.

Manzo e agnello causano per la loro produzione più emissioni di buona parte degli altri alimenti; quindi, se la carne viene prodotta localmente o spedita dall’altra parte del mondo, i vegetali avranno comunque emissioni di carbonio più basse della bistecca di manzo allevato nella fattoria vicino a casa. Le emissioni causate dal trasporto per la carne bovina rappresentano circa lo 0,5%, e per l’agnello il 2%, del totale delle emissioni causate dalla loro produzione.

La ragione è che quasi tutto il cibo che viaggia su lunghe distanze è trasportato dalle navi, che possono ospitare carichi enormi e sono quindi abbastanza efficienti. Ad esempio, le emissioni dei trasporti marittimi per gli avocado che attraversano l’Atlantico rappresentano circa l’8% della loro emissione totale di carbonio.

Il trasporto aereo di merci comporta invece emissioni molto elevate, ma è anche vero che in questo modo viene trasportato solo lo 0,16% del totale del cibo che viaggia.

Tutto vero e anche sensato, ma alla fine siamo noi a scegliere cosa mangiare. Se teniamo all’ambiente non è necessario smettere improvvisamente di mangiare carne e prodotti derivati: la salute del pianeta non viene compromessa da qualche hamburger, un po’ di pesce o un paio di uova alla settimana.

Già il famoso giornalista del New York Times nonché fortunato food writer Michael Pollan, nel 2008, aveva dettato le linee guida per un corretta alimentazione, sana per noi, per gli animali e  per il pianeta: “Mangia del cibo. Non tanto. Più che altro verdure”.

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