A cena a Palazzo Petrucci con il mare di Napoli nel piatto e nell’anima
Metti una sera a Posillipo a Palazzo Petrucci per una cena fuori programma. Davanti allo scenario pazzesco del golfo di Napoli all’imbrunire con la sagoma del Vesuvio che incorona una città fatta di lucine.
Quando prende quella voglia di godersi il momento al meglio, che si fa? Si varca la soglia di Palazzo Petrucci, ristorante stellato affidato a chef Lino Scarallo, alla guida della cucina sin dal 2007.
Reduci da un pomeriggio trascorso assaggiando le migliori mozzarelle di bufala d’Italia, lanciamo allo chef la sfida del secolo. Stupiscici, ma con leggerezza, per carità.
Si pensava più che altro a un aperitivo e non a una cena a Palazzo Petrucci. In cui si sentisse però la mano sapiente di uno che il mare lo conosce, lo ama, e chiama per nome tutte le sue creature.
Ma con Scarallo non si sa mai. Una ne pensa cento ne fa, e l’aperitivo veloce (qui c’è anche Il Malandrino) è diventato una cena memorabile, con dei fuori menu che si è inventato lì per lì.
Una terrazza sul blu
Ci siamo quindi accomodati sulla terrazza con affaccio sull’infinito, che Leopardi se avesse avuto questo panorama davanti ci avrebbe scritto un poema. Altro che una lirica.
Se poi avesse potuto abbinare alla vista anche l’astice con la scapece di zucchine, salsina di scapece, quenelle di panna acida con spolvero di bottarga e decorazione di nasturzio forse un po’ del suo pessimismo cosmico sarebbe naufragato in quel mare di sapori.
Sale lo chef (il ristorante è più giù, al piano terra, praticamente sulla spiaggia) e si prende l’applauso di tutti.
Pochi ingredienti, chiari, distinti che parlavano una lingua comune, piatto bello da vedere e da mangiare meglio ancora. Ma in menu non c’è. Vi dovrete fidare se andate a cena a Palazzo Petrucci.
Il secondo antipasto invece c’è, è uno dei pezzi forti di Scarallo, estivo, fresco e saporitissimo, pieno di consistenze e guizzi. E’ lo sgombro laccato all’arancia con taccole e composta di kumqat.
Sottotitolo: come dare allo sgombro il posto che merita nella corte del pesce azzurro. Forte? No, intenso. Prepotente? No, determinato. E gentile, con la nota agrumata e leggermente amarognola del kumqat, che in composta dona anche dolcezza. E la taccola croccante che si sente sotto i denti e la brunoise di verdure che lega il tutto. Un solo difetto. Era poco.
I primi di Palazzo Petrucci
Guardando il lato positivo, abbiamo ancora spazio ed entusiasmo per il tagliolino freddo mantecato con una salsa di ostrica cruda. Un piatto dalle sensazioni iodate e marine che avvolgono ad ogni boccone, profumato, elegante ed essenziale.
Ma era solo la rampa di lancio per il salto nell’umami della cena a Palazzo Petrucci. Arrivano le candele spezzate con riduzione di genovese, salsa di provola e tartare di spigola. Anche questo è uno dei cavalli di battaglia di Lino Scarallo, nonché un’esperienza da fare a Palazzo Petrucci. Cercatelo sul menu, e se non lo vedete, chiedetelo!
I secondi della cena di Palazzo Petrucci
Segue anche una gran parata di secondi, con due piatti iconici di Palazzo Petrucci. La triglia è più napoletana se preparata a scarpone. La ricetta tipica a base di melanzane, capperi e pomodoro, qui torna in veste di vassalli della triglia, vera regina del piatto. Unica variante, i cucunci al posto dei capperi.
E ancora, il dentice, pesce dalle carni squisite. Scarallo lo esalta accompagnandolo semplicemente con una ‘bruschetta scomposta’, cioè una salsa leggera di pomodoro, erbe, cipolla e briciole di pane. Fresco, profumato, molto mediterraneo.
I dolci di Palazzo Petrucci
Ormai, quando il nostro ‘aperitivo leggero’ sembrava volgere al termine e già ci si abbandonava sullo schienale, ecco che si riapre l’ascensore. Ed esce lo chef che aveva pensato che un dolcetto in fondo ci poteva stare.
Ma prima, il predessert: un choupa choups di passion fruit liquido, racchiuso in una copertura di cioccolato sottilissima. Da mangiare assolutamente in un sol boccone, a occhi chiusi per godersi un’esplosione di sapore, che però lascia la bocca piacevolmente pulita.
In fondo è solo l’araldo che annuncia lei: la famosa stratificazione di pastiera. È servita da Scarallo nel bicchiere da Martini, in tutta la sua ricchezza. Crumble di frolla, il ripieno classico ai fiori d’arancio e grano che qui diventa una mousse, decorata con frolla croccante e scorze d’arancia candite. ‘Na sciccheria. E se non è Pasqua, lo diventa.
Terminiamo la cena a Palazzo Petrucci con la piccola pasticceria, irresistibile con il biscotto alle amarene, un macaron allo yogurt, una pralina e le madeleine al caramello salato.
Il vino
Ai piatti abbiamo abbinato alcuni vini del Consorzio di Tutela dei vini del Sannio. Un ottimo coda di volpe di Elena Catalano con l’astice, ben abbinato con le sue note fiorite e di frutta bianca, minerale e sapido.
Un greco (Janare Pietralata, dell’azienda La Guardiense) finalmente elegante, dalle note di frutta matura ma non opulenta, dalla beva piacevole e comunque strutturata.
Con la pasticceria però siamo andati su un grande classico: Ben Ryè di Donnafugata, passito di Pantelleria profondo e intenso, partner perfetto per i profumi della pastiera.
Non era esattamente così che immaginavamo l’aperitivo, ma Lino Scarallo ci ha presi per mano e ci ha portati nel suo mondo. Una proposta che non si può rifiutare.
Palazzo Petrucci. Via Posillipo, 16/C. Napoli. Tel. +390815757538