La saga della bestia. Ultimo atto
La manzetta di 40 mesi e 500 kg allevata da Eugenio Barbieri nell’Oltrepò pavese e macellata circa un mese fa, è approdata sulle tavole romane. Gabriele Bonci e Dino De Bellis hanno unito le forze per cucinare la Bestia e proporla a una ristretta schiera di appassionati della gastronomia di stanza nella Capitale. Ristretta mica tanto perché tra sale interne e giardino all’Incannucciata si è registrato il tutto esaurito. scattidigusto ha schierato una formazione di attacco leggero con il sottoscritto, Alessandro Bocchetti, Lorenzo Sandano e Daniela Delogu. Molti gli amici che sono intervenuti tra cui Alberto Rinaudo, il “salvatore” Vincenzo Mancino, Elisa ed i Fooders. Serata calda che si è surriscaldata ancor di più con un menu di sostanza come dimostra il dessert di chiusura (nella foto in alto) che era un maialino da latte. Basterebbe la chiusura, il pane bonciano e l’apertura in stile street food con un supplì non da asporto (che radio capitale indica come la possibile tendenza dell’autunno), per comprendere le ragioni dell’evento “La Bestia”, quasi un incontro di cartello tra pesi massimi.
L’avvio a supplì non lascia dubbi sulla consistenza della materia prima preparata da Eugenio Barbieri (segnatevi questo nome perché lo ritroverete in qualche bottega famosa di Roma, sono pronto a scommettere) anche se la consistenza del riso non fa impazzire. Ma il duo di panza non ci mette molto a segnare un primo colpo da ko: la manzetta arriva battuta con accompagnamento di zucchine. Poco da discutere, buonissima nella semplicità disarmante di un piatto considerato passe-partout e che andrebbe rivalutato nella sua specificità. Una sola nota: la burrosità della carne non farebbe pensare che si tratta di una vituperata coscia, cioè di carne “dura”. L’insalata di rinforzo della tradizionale cena natalizia partenopea sta prendendo piede dappertutto come è già successo con il limoncello e i paccheri/schiaffoni. Bonci/De Bellis ne hanno preparata una con dei carciofi croccanti della piana di Latina. L’aceto riporta alla caratteristica dell’insalata di rinforzo, ma qui copre un attimo di troppo il velluto della carne. Ne avrei fatto a meno al pari della béchamel su cui riposavano delle crêpes a forma di cannellone con uno stracotto di spalla che ha rimesso a posto ogni cosa. Ma si sa, i campioni si rialzano veloci e sono pronti a colpire duramente. Il primo gancio arriva dai paccheri al sugo di muscolo, salvia e prosciutto croccante in guisa di saltimbocca. Una variazione dell’ultimo minuto che non ha permesso di utilizzare i migliori paccheri del mondo, ma il condimento vola sopra ogni cosa. Eccezionali. Non danno il tempo a qualche fanciulla di esporre il cartello del round che arriva l’uppercut che ti stende. Un risotto ai due fondi per sottolineare il basic della scelta. Il piatto della serata che non solo mette in chiaro cosa vuol dire carne bovina, ma ti riconcilia con le preparazioni di riso di Bonci. E si sta lì a mugolare e a leccarsi le ferite per questa andata a tappeto che capisci come la vittoria sia in mano alla manzetta di Barbieri. Una tagliata di collo impreziosita da erbe aromatiche che risveglia arcaici istinti predatori. Non c’è più necessità di andare in giro con arco e frecce, ma si fa a meno anche delle posate. E ci sta pure il rinforzo, questo sì, con un bis esaltante.
A campanella ormai muta, ecco il dessert, il maialino con marmellata e confit di pomodoro che ha il pregio di far ricordare che esiste anche il maiale nella sera che ha visto trionfare una manzetta allevata come si faceva in altri tempi.