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Ristoranti
9 Maggio 2010 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 15:23

Della realtà e della cucina nuova

“Un fantasma si aggira per” l’occidente. Parafrasando uno degli incipit più famosi negli anni 70, questo fantasma è la Crisi! Una crisi che oramai è
Della realtà e della cucina nuova

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“Un fantasma si aggira per” l’occidente. Parafrasando uno degli incipit più famosi negli anni 70, questo fantasma è la Crisi! Una crisi che oramai è strutturale e non solo socio-economica, di sistema e sta profondamente cambiando tutto. Non possiamo ancora dire se sarà solo un male, o avrà una parte di bene, ma quello che sappiamo è che muterà molto e niente rimarrà esattamente ciò che era prima.

No caro lettore, non sono impazzito e non voglio girare con una lanterna in mano a scassarti i santissimi di domenica mattina: solamente penso molto in questi giorni, non di economia ma di cibo, da quando leggendo qui e lì sulla rete, noto che molti si sono all’improvviso svegliati in un mondo cambiato! A destra s’ode uno squillo di tromba, ci avverte che non si può più sopportare una ristorazione da 300 euro a pasto, a sinistra risponde uno squillo, che scopre sgomento che la polvere di stelle può essere noiosa. In mezzo la 50best ha iniziato anno dopo anno a premiare anche ristoranti apparentemente più semplici, privi di quella idea di lusso gommato e transalpino a cui il nostro piccolo mondo era abituato.

Quello che mi fa molto pensare è che tutto questo ci viene venduto come una rivoluzione, improvvisa e dirompente. Mah, a me tapino, non sembra affatto e mi lascia stupito e basito il clamore. Il mondo della ristorazione italiano ed occidentale, sta cambiando da tempo, sta evolvendo verso una diversa idea di lusso e piacevolezza. Cosa che del resto è accaduto in ogni settore della vita: l’operazione è iniziata tanto tempo fa in modo inesorabile e silenzioso, pensate solo a come sono cambiate le case del benessere, a come le cucine siano diventate parte integrante della casa e del ricevere, a quanto ci fa sorridere o indignare entrare in alcuni salotti con la servitù in livrea e gli argenti in tavola ed invece quanto (tutti noi) troviamo più elegante e divertente un padrone di casa che nella sua cucina tecnologica ci riceve con parannanza e bicchiere in mano, mentre cucina con gesti sapienti la nostra cena. Sembra un piccolo passaggio, ma in quel passaggio c’è un mondo, una concezione intera del vivere. Tondelli vince su Gozzano!

Questo succede da qualche lustro. La cosa strana era che sino ad ora la ristorazione restasse legata ad un’idea di lusso e grandeur antistorica e anacronistica. Personalmente non ci trovo nulla di esaltante ed eccitante a pensare che per 40 coperti servano il doppio delle persone, lo trovo solo uno spreco! E sapete, sprecare quando molti faticano ad arrivare alla fine del mese lo trovo estremamente inelegante.

Ma davvero ci sembra una novità? Io, invece, vedo la ristorazione (soprattutto la più accorta ed attuale) muoversi in questa direzione da anni nello stivale e nel mondo. Se vi sedete alle tavole stellate di Parigi, vedrete pochissimi gourmet e molti turisti danarosi e per lo più disinteressati al cibo; se vi sedete da Pinchiorri o a la Pergola, uguale. Viceversa posti come Chateaubriand o le Bigarrade li troverete sempre pieni di un pubblico appassionato e allegro, ugualmente al Reale di Rivisondoli o al povero diavolo di Torriana. La modernità ed il contemporaneo risiedono in questi posti, si nutrono di  una idea di cucina apparentemente più semplice ed efficace.

 Jheronymus Bosch van AKEN, dit BOSCH - Bois-Le-Duc, vers 1450 - Bois-Le-Duc, 1516<br>La Nef des fous Vers 1510 - 1515 © Musée du Louvre/A. Dequier - M. Bard

Jheronymus Bosch van AKEN, detto Bosch - Bois-Le-Duc, circa 1450 - Bois-Le-Duc, 1516. La Nave dei folli (1510 - 1515) © Musée du Louvre/A. Dequier - M. Bard

Nel cibo e nel mondo della ristorazione, sta avvenendo con qualche anno di ritardo, il medesimo processo che abbiamo già visto nel vino: la difesa della territorialità dei prodotti, della loro maggiore fruibilità e piacevolezza, la voglia di meno trucchi e belletti per riscoprire la sostanza. Ecco, sostanza è una parola assai importante nella nuova cucina d’autore. Dopo anni in cui si è inseguita la polvere di stelle, la spettacolarizzazione degli chef e dello show food, oggi si ritorna ad una ricerca di maggiore identità, piacevolezza e golosità, mi verrebbe con una sola parola dire semplicità! Si semplicità, ma non banalità. L’effetto speciale effimero, l’ooohhh mentre esce il fumo sprigionato dall’azoto liquido in una teiera, la ricerca continua del gioco hanno fatto il loro tempo, così come hanno rapidamente divertito, hanno rapidamente stancato.

Ricordo come fosse oggi ad una Identità Golose di anni fa un giovanissimo Niko Romito sul palco dire: voglio ritornare ad una cucina golosa, semplice, efficace, nella quale le tecniche non siano in evidenza ma siano piegate alla piacevolezza generale del piatto; la domanda che voglio sentire non è come l’hai fatto, ma è ti piace? Ecco in queste affermazioni c’è la dichiarazione di uno stile che sta profondamente cambiando la cucina e la ristorazione italiana, ma sono anni che questo succede e incontra consensi. Ho citato Niko, ma ugualmente potrei citare Uliassi, Gennarino Esposito, Scabin, Bottura, Salvatore Tassa (solo per dire i primi che mi vengono in mente). Se a questi andiamo ad aggiungere dei nuovi cuochi o dei locali non di primissima fascia il quadro appare ancora più chiaro.

L’Arcangelo a Roma è la cosa più vicina idealmente ai gastro-bistrot francesi, una cucina schietta e di grandissime materie prime, che sa pescare dalla tradizione, senza rinunciare a tocchi di creatività personali. Il lavoro in Franciacorta della dispensa di Fusari va esattamente nella stessa direzione, come quanto sta facendo Cesare Giaccone a Fontanafredda. Locali come il Metrò di San Salvo, la Bandiera di Civitella Casanova o la locanda San Lorenzo di Puos d’Alpago continuano (pur nelle relative differenze) a portare aventi la bandiera di una cucina di primissima qualità ad un prezzo corretto. Solo pochi esempi tra i tanti possibili, ed ancora di più lo saranno in futuro, per dire che sono molti in Italia (e non solo) i ristoranti dove si sta abbandonando un’idea della grande cucina come Formula Uno, come inaccessibilità per abbracciare una cucina più solida, inclusiva ed anche economica.

Il tutto senza rivoluzioni, senza accelerazioni impreviste che tanto scaldano gli animi della via Pál virtuale; ma in un percorso naturale, che partendo da Samboseto e passando per il Gambero Rosso è via via arrivato con naturalezza ai giorni nostri in costiera amalfitana, sino alle montagne abruzzesi. Un divenire continuo ed inesorabile, sincrono con i tempi e i bisogni attuali, insomma una lunga linea di cucina che lega una storia oramai antica di materie prime, sapori e suggestioni; nella quale la tecnica è un accessorio importantissimo, ma in secondo piano rispetto alla efficacia generale del piatto.

A questo si aggiunge una esigenza tutta italiana: Il nostro paese ha una ricchezza di prodotti e materie prime, di saperi e tradizioni che sono una ricchezza inestimabile, da difendere come la cappella degli Scrovegni o i Fori romani, compito della cucina e dei nostri cuochi è farsi sacerdoti di questa ricchezza, per ricontestualizzarla e conservarla nella modernità e imporre così nel mondo quella moderna cucina italiana che è la novità più bella dell’ultimo decennio. Volendo lanciarsi in una metafora: è esattamente quello che è successo nell’arte con il riappropriarsi di alcuni pittori della straordinaria tradizione artistica italiana. Senza più alcun timore di provincialismo, con l’orgoglio di affermare che da una storia secolare possa germogliare qualcosa di nuovo ma nel solco della tradizione pittorica: così è nata la Transavanguardia che ha reimposto qualche anno fa l’arte italiana alle ribalte dell’arte moderna internazionale.

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