Eataly Roma. Tra Igp romagnola e riminese, scelgo la piadina Gricia di Maioli
Piadina romagnola o piadina romagnola alla riminese? Piadina Igp – indicazione geografica protetta – che dopo un po’ di tenzoni e scaramucce è arrivata compatta al decreto ministeriale di protezione nazionale transitoria, viatico per il riconoscimento europeo. Meritevole, dunque, di tutela incondizionata dopo un percorso che non era partito con il piede giusto: come fai a spiegare all’Europa che quelli di Rimini volevano una denominazione distinta rispetto alla romagnola tout court e non solo per questioni di circonferenza del disco?
Il Disciplinare descrive le due tipologie: romagnola con un diametro minore (15-25 cm) ma più spessa (4-8 mm), e alla Riminese con un diametro maggiore (23-30 cm) e più sottile (fino a 3 mm). Il neonato Consorzio di Promozione della Piadina Romagnola elenca i quattro ingredienti base della piada:
- Farina di grano tenero
- Acqua (quanto basta per ottenere un impasto omogeneo)
- sale (pari o inferiore a 25 grammi)
- Grassi (strutto, e/o olio di oliva e/o olio di oliva extravergine fino a 250 grammi).
Il Disciplinare contempla anche materie prime opzionali come gli agenti lievitanti (carbonato acido di sodio, difosfato disodico, amido di mais o frumento, fino a 20 grammi), con il divieto di aggiungere conservanti, aromi e/o altri additivi.
E’ tutto qui il segreto dei chioschi diffusi in tutta la Romagna che hanno un giro d’affari stimato in 15/20 milioni di euro. Dopo l’impasto e la porzionatura, c’è la laminatura attraverso matterello manuale oppure laminatrice meccanica. La piada si cuoce su un piano cottura che varia da 200 a 250°C per massimo 4 minuti. Per potersi fregiare dell’Igp, la piadina deve essere confezionata nelle sole zone di produzione.
Che non sia stato un percorso facile quello che ha portato al disciplinare lo dice la statuizione che prevede, tenetevi forte, confezionamento e congelamento. Ancora una volta si sente stridio di polpastrelli sui vetri, anzi unghie sulla lavagna. E mi si accappona la pelle nel pensare a qualche altra nostra tradizione che causa condizionamento di ingrediente rischia l’estinzione e chiede petizione.
E’ consentito nella sola fase di confezionamento, l’impiego dell’atmosfera modificata e/o l’aggiunta di alcool naturale” e che può essere conservata fino a 12 mesi “in regime di congelazione o surgelazione”
Surgelata come un qualsiasi fast food da ficcare nel microonde. Per sfamarsi piuttosto che godere. Bisogna poter trasportare lontano dai luoghi di produzione perimetrati da Dop e Igp, sento già ronzare gli avvertimenti nell’aria. E allora vi dirò che ben lontano dalle rive del Rubicone del conservato con data di scadenza, la piadina si può mangiare. Anche a Roma.
In quello store altissimamente acclamato o sordidamente disprezzato che risponde al nome di Eataly Roma, la piada non l’hanno portata in bancali. Hanno preferito portare chi la fa: i Fratelli Maioli, Mirko e Alessandro, direttamente da Milano Marittima.
I re della piada sono sbarcati in uno spazio al piano terra con le cabine bianche e azzurre ed hanno subito spopolato insieme ai panini di ‘Ino. La vittoria dello street food, direte voi. Certo, ma come si fa a non innamorarsi della loro piada quasi carnosa, avvolgente nel gusto dalla più semplice Prosciutto di Parma a quella più complessa “La Gricia” che vuole essere un omaggio a Roma (pancetta arrotolata Antica Ardenga e crema di pecorino Brunelli con pepe nero).
E poi c’è il Crescione che sembrerebbe altra storia rispetto alla piadina ma è ugualmente invitante. Trattasi di piadina che viene farcita prima di essere messa in cottura e richiusa come un calzone. Naturale e tradizionale con le erbette di campo (il nome deriva dal crescione con cui veniva farcita questo tipo di piada) diventa pungolante con pomodoro, mozzarella e salsiccia piccante.
E assolutamente peccaminosa nella variante dolce con crema gianduia e nocciole. Quella che sgorga dalla fontana di Venchi che è di fronte.
Alla fine diventa difficile pensare a eventuali querelle di circonferenza (anche se quella dei Maioli è a metà via tra lo spessore della riminese e quella romagnola), mentre sul congelato e assimilati forse siamo tutti d’accordo. Mica vorremo fare la fine della mozzarella di bufala Dop che una norma sta mettendo a repentaglio?