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26 Dicembre 2012 Aggiornato il 2 Luglio 2014 alle ore 21:42

Foie vs Faux gras. Il paté vegetale Gaia alla guerra del fegato grasso

La partita vegetariani e animalisti contro appassionati del foie gras segna un altro punto a favore dei primi. Dopo la messa a bando del fegato grasso nei
Foie vs Faux gras. Il paté vegetale Gaia alla guerra del fegato grasso

La partita vegetariani e animalisti contro appassionati del foie gras segna un altro punto a favore dei primi. Dopo la messa a bando del fegato grasso nei ristoranti in California e al Salone di Colonia in Germania è la volta dell’Inghilterra. La Camera dei Lord ha eliminato la preziosa cibaria dal menu del suo ristorante Barry Room a Westminster dal 1 gennaio 2013. Non è l’equivalente delle limitazioni, o meglio dei rialzi dei prezzi, della buvette dei palazzi italiani (qualche similitudine confessiamolo c’è), ma qualcosa di maggiormente simbolico e pari all’esclusione dai banchi dei supermercati della Coop (la cui decisione politically correct ha fatto sobbalzare più di qualche scettico intento a comprendere quante confezioni fossero mai esposte e vendute prima della storica decisione).

Il dado è tratto. E se dal 2009 già qualche gourmet si preoccupava di degustare il Faux Gras, gioco di parole con foie per richiamare la scelta (o la deriva, fate voi) vegetariana, per metterne in luce le qualità, il 2013 potrebbe essere l’anno della radicalizzazione dello scontro. A favore o contro i palmipedi, a favore o contro i gourmet.

Contro il foie gras

Basta andare sul sito belga di Gaia o di L214 per comprendere le ragioni del NO al foie gras. Le anatre e le oche sono vittime del gavage, la tecnica che per due settimane nel caso delle anatre e tre settimane nel caso delle oche le sovralimenta con il mais che viene spinto direttamente nell’esofago da macchine pneumatiche. L’alimentazione provoca un ingrossamento del fegato, una malattia, la steatosi epatica che fa aumentare il volume dell’organo fino a 10 volte quello normale.

Gli animali vivono e muoiono tra stenti e il loro continuo alitare ne è la testimonianza più evidente: sono costretti a cercare di abbassare la temperatura corporea innalzata dall’alimentazione forzata. A causa del gavage aumenta anche la mortalità dei palmipedi. In Francia, dove il Faux Gras inizia a diffondersi, circa 1 milione di anatre non sopravvivono alla procedura di ingrasso e non diventano foie gras.

Tartex, società tedesca, che produce il Faux Gras, nel 2008 ha realizzato una nuova confezione che richiama l’idea del lusso e Gaia è riuscita a conquistare l’anno scorso 160 mila consumatori che tra rimorsi di coscienza e spinta salutistica (il finto foie gras ha il 40% di calorie in meno) lo hanno utilizzato nei loro menu e ricette. Soprattutto durante le feste tra Natale e Capodanno quando il consumo sale vertiginosamente.

Se per il lancio pubblicitario Gaia ha utilizzato sosia Marilyn Monroe, Elvis Presley ou Arnold Schwarzenegger, in campo per l’associazione animalista Peta, che ha ottenuto l’estromissione alla Camera dei Lord, è sceso Sir Roger Moore oltre a Chantelle Houghton in versione Babba Natale. E voi più di James Bond o di Lord Brett Sinclair che dicono no al foie gras, conoscete qualcuno di più esclusivo da accostare al foie gras da interdire?

Non basta. In tempi di crisi occorre sottolineare che una confezione di circa 100 grammi costa 3,50 €. Riuscite a indicare anche un solo piatto lussuoso a un prezzo così piccolo?

A favore del foie gras

Basta con il populismo. Che differenza c’è tra allevare un’anatra e un pollo, un coniglio o un manzo destinati all’alimentazione umana? Le ragioni estreme dei vegetariani possono essere comprese. Ma non quelle di chi di spara una fiorentina da due chili o un quinto quarto romano e poi si indigna per il fegato grasso.

Quale gourmet potrebbe mai approvare la scelta di mettere nel Faux Gras dell’olio di palma che assicura la spalmabilità del composto? Sarebbe come affermare che è consigliato aggiungere olio di palma nella ricetta della crema di cioccolato e nocciole.

Le oche e le anatre si ingozzano naturalmente di mais per prepararsi alle migrazioni e a tante ore di volo. Il gavage non fa altro che seguire l’istinto naturale.

Ci sono almeno 10 buone ragioni per pensare che il foie gras in tavola sia un piatto da tutelare come i monumenti storici. Quanto sarebbe diverso l’allevamento delle oche e delle anatre da foie gras se si mettesse loro a disposizione ingenti quantità di mais e si cacciassero con il fucile nel momento in cui si alzano da terra?

Se Slow Food sostiene il cibo buono e giusto, la presenza dei produttori francesi di foie gras all’ultimo Salone del Gusto di Torino varrà almeno un punto a favore dei consumatori di foie gras.

Pensate per un istante a tutto il comparto del foie gras che va in malora. Cosa faranno gli addetti di quel settore e cosa potrà mai identificare il lusso del cibo se abbiamo già levato il caviale, le ostriche sono diventate pop e le aragoste non sono più quelle di una volta? L’economia gira anche sui miti e mica vogliamo far esplodere la bolla gastronomica?

Votare

Mentre proviamo a immaginare un sostituto sul piccione di Oliver Glowig o un’alternativa al panino di Cristina Bowerman, che sta lottando al Romeo con l’umami hamburger nelle preferenze dei gastro-capitolini, c’è qualche altra ragione per spingervi a votare a favore o contro l’eliminazione del foie gras dai menu dei ristoranti italiani quando sarà diventato politically correct (o di moda, fate voi) non cedere alle lusinghe del fegato grasso? Oltre a non sapere cosa abbinare con lo champagne, ovvio.

[Link: lemonde, thetelegraph, L214. Immagini: Blancspot, Gaia]

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