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Pizzerie
15 Settembre 2021 Aggiornato il 17 Settembre 2021 alle ore 15:03

Francesco Martucci tradisce il credo artigianale con la birra in pizzeria

Francesco Martucci appare in foto con la maglietta sponsorizzata da Birra del Borgo e nel mondo della birra artigianale scoppia la polemica
Francesco Martucci tradisce il credo artigianale con la birra in pizzeria

Guardando la carta delle birre della pizzeria I Masanielli di Francesco Martucci cosa pensereste? Che le birre sono artigianali. Proprio come le sue pizze. E questo anche se i volumi di produzione sono altissimi.

Pacifico il sillogismo.

Francesco Martucci sforna pizza artigianale di qualità
I prodotti che utilizza Francesco Martucci sono artigianali di qualità
Le birre ai Masanielli sono artigianali di qualità

Non fa una piega.

Almeno fino al post di Giovanni Puglisi che scrive sul caso Martucci – Birra del Borgo e accende la polemica.

I protagonisti del confronto

Martucci e gli sponsor

Per chi non dovesse conoscere i protagonisti, Francesco Martucci è il bad boy della pizza che ha dato uno scossone alla città di Caserta conquistando premi, riconoscimenti e soprattutto clienti. Che nel tempo sono diventati veri e propri supporter trasformando un oscuro pizzaiolo di provincia in una star nazionale. Sua, per dire, la firma sull’apertura dell’anno: la pizzeria “di” Sofia Loren a Firenze.

Giovanni Puglisi lavora per birrifici artigianali e scrive di birra artigianale. “Un settore di cui faccio gli interessi e che difenderò in capo al mondo”, spiega nei commenti. Osservatore e penna acuta pronto a svelare vizi e virtù di ristoranti, pizzerie e locali.

Il post lo leggete al link con tutti i commenti e ve lo riportiamo per vostra comodità di lettura in fondo all’articolo.

Il motivo del contendere

stesura

In breve, il ragionamento di Puglisi segue la logica del sillogismo. Un prodotto che entra nella pizzeria di qualità I Masanielli di Francesco Martucci è percepito come artigianale e di qualità.

La pietra dello scandalo non è nella carta delle birre artigianali de I Masanielli, fornitissima, ma nella maglia che Martucci e il suo staff indossano. E che vediamo nelle foto in giro sui social.

Appare come sponsor Birra del Borgo, la creatura nata artigianale di Leonardo Di Vincenzo e acquisita nel 2016 dalla multinazionale AB Inbev.

pizza e birra del borgo

Per Puglisi, e molti altri commentatori, suona come un tradimento. Le polemiche seguite all’acquisizione del marchio di Borgorose portarono a una feroce polemica nel mondo della birra artigianale. Poteva una birra dichiaratamente artigianale continuare a mantenere la sua identità anche in seno a un gruppo così grande?

La storia si ripete con Francesco Martucci e la birra servita alla pizzeria I Masanielli. È il cosiddetto effetto crafty spiegato da Puglisi nel confronto con Martucci.

La birra artigianale spiegata da Giovanni Puglisi

pizza e birra artigianale

Ho studiato le strategie dell’industria, che consistono nel creare un prodotto che assomigli nell’estetica a quello artigianale (un cosiddetto prodotto “crafty”), e di associarlo poi a grandi ristoranti e pizzerie in modo che acquisisca prestigio.

Così l’industria limita la possibilità che la clientela generalista possa entrare in contatto con prodotti artigianali autentici; che rimangono così sempre più relegati nella loro nicchia.

Legare un prodotto crafty a un nome e a un locale come ai tuoi, è un colpo durissimo per il mondo artigianale: a te potrà sembrare di no, ma fidati, è così. Una reputazione come la tua, un locale come il tuo, una pizza come la tua marchiati con un logo dell’industria: cosa possono pensare i clienti, se non che si tratti di una birra di qualità?

La scelta della birra non solo da Martucci

Ora, sono scelte, sicuramente sono molte di più le pizzerie in cui si beve solo industriale rispetto a quelle in cui si beve solo artigianale, e non è un dramma. In questo senso ti fa onore avere in carta tante bottiglie artigianali, e averne servite alla spina. Dal punto di vista della confusione agli occhi del cliente, però, servire sia prodotti artigianali che crafty è il peggio che possa accadere: perché in quel modo il crafty passa definitivamente per artigianale di fronte a chi ne sa meno. È proprio questo l’inganno che l’industria vuole attuare ai danni del consumatore, e per tarpare le ali al mondo artigianale.

In questo senso, sarebbe meno peggio scegliere di avere artigianali in bottiglia e servire alla spina Peroni, Moretti, Nastro Azzurro: la clientela sa almeno che prodotti sono, prodotti industriali “sinceri”, che non vogliono passare per ciò che non sono. Non cadere nella trappola del crafty aiuta il cliente a sapere con chiarezza cosa è artigianale e cosa no, e a scegliere consapevolmente.

Capisco che ci possa essere una fascia di clientela che “non vuole la birra artigianale”: a quel punto servigli una Baffo D’Oro e festa finita; perché proporre un prodotto dell’industria che nel gusto vuole imitare proprio l’artigianale?

La birra spiegata da Francesco Martucci

Francesco Martucci nuova pizzeria degustazione

La birra quasi artigianale insomma diventa una testa di ariete per conquistare uno spazio che non è il suo grazie all’appoggio di una pizzeria come I Masanielli.

Francesco Martucci spiega la decisione di inserire Birra del Borgo con la necessità di accontentare una clientela che non ha il palato per comprendere una più complessa birra artigianale.

Dovreste capire che una fascia di clienti non gradisce l’artigianale

E io vivo grazie ai miei clienti

Non grazie alle chiacchiere

Ecco quelle se le porta il vento

Spero di essere stato di aiuto per farti capire mannagg a capa toia che i locali non sono fatti per imporre(sarebbe da arroganti)

Ma per adeguarsi alla richiesta del cliente(in questo caso quelli che preferiscono l’industriale e ne sono tanti)

Non ho mai nascosto i miei spillatori

Non ne ho bisogno

Lascio scegliere

Questa polemica è sterile

Perché la pizza complicata sì e la birra no da Martucci?

futuro di marinara pizza Francesco Martucci

Una risposta di mercato probabilmente non comprensibile per i duri e puri

Anche un filino controsenso se pronunciata da un pizzaiolo che con passione e determinazione si era messo in testa di cambiare i gusti. “Imponendo” una pizza lontana mille miglia da quella di paese, penosa e tutta tovaglie a quadretti. Tra impasti speciali, fermentazioni, triplice cottura, ingredienti e farciture complesse e inusuali.

Seguendo il ragionamento della birra, insomma, sarebbe stato folle proporre una pizza diversa da quella cui era abituato il consumatore medio di qualche anno fa in quel mercato locale. Eppure la scommessa sulla pizza Martucci l’ha vinta. Perché non dovrebbe riuscirci con la birra artigianale dei duri e puri?

Ma Puglisi riflette piuttosto sulla incapacità del mondo della birra artigianale di essere unito e di comunicare bene i propri valori. Proprio per evitare che si aprano crepe come quelle che costringono Martucci a inseguire il mercato e a non fare da lepre come gli è di abitudine.

“E colpa nostra”, scrive dispiaciuto Puglisi. “Ma soprattutto loro”, aggiunge. Compresi i “tanti “giornalisti che scrivono di gastronomia solo trascrivendo comunicati stampa” e “senza una minima nozione di cosa sia la qualità; anche per loro, una birra vale l’altra”.

Ma una pizza, evidentemente, non vale un’altra.

Ed ecco il post che ha aperto la discussione.

Il post di Giovanni Puglisi

Giovanni Puglisi

Avrei voluto non dire nulla sulla faccenda Martucci-Birra del Borgo, ma una cosa la dico lo stesso.

La colpa è nostra.

Intendo “nostra”, del settore birra artigianale. È nostra perché non sappiamo muoverci in maniera organizzata e corale, non abbiamo saputo imporre il messaggio che il nostro prodotto è una mozzarella di bufala filata a mano, mentre una birra industriale è la Santa Lucia Galbani.

Non importa se confezionata in un sacchetto cartapaglia finto-fatto a mano, non importa se riporta in etichetta una bella illustrazione: sempre Santa Lucia Galbani è.

La colpa è nostra perché siamo stati contrapposti, sin dal primo giorno, dalle piccole rivendicazioni e antipatie che hanno attraversato il nostro piccolo mondo; come accade in ogni piccolo mondo, in ogni villaggio. Ma assorbiti dai gossip e dalle minuscole invidie, non ci siamo accorti che se avessimo lavorato insieme questo villaggio avrebbe potuto crescere, diventare un paese, una città e chissà, forse anche una nazione. Mentre stavamo lì a questionare, a frazionarci e atomizzarci come la sinistra italiana, abbiamo lasciato campo libero all’industria: che si è messa un abitino carino, si è data una ripassata al trucco e si è presentata all’appuntamento col grande pubblico travestita da birra artigianale.

Di chi è la colpa

La colpa è nostra perché abbiamo lasciato che un clone malfatto di tutto quello che abbiamo costruito in quasi trent’anni ci soffiasse il posto.

La colpa è nostra. Ma la colpa è anche loro.

La colpa è di chi si rende complice dell’operato delle multinazionali e per amore del profitto sceglie un prodotto scadente (perché questo è) spacciandolo ai propri clienti per eccellenza.

È di chi sceglie solo il meglio per il proprio locale – tranne che in materia di birra, tanto i clienti non sanno un cazzo e se bevono tutto.

La colpa è dei convegni internazionali di chef, che scelgono come sponsor i peggiori prodotti dell’industria, prodotti coi peggiori ingredienti, lavorati nel peggiore dei modi.

La colpa è dei tanti “giornalisti” che scrivono di gastronomia solo trascrivendo comunicati stampa, senza conoscere e approfondire nulla riguardo a ciò che gli viene detto, senza avere idea di come si fanno le cose di cui blaterano, senza una minima nozione di cosa sia la qualità; anche per loro, una birra vale l’altra.

La colpa è loro. Ma è anche nostra. Perché se avessimo comunicato bene, e fatto capire chiaro e tondo che servire una birra industriale in una grande pizzeria, o in un grande ristorante, è vergognoso quanto servire il Tavernello o il Fontal prodotto in Polonia con il latte in polvere, e se tutti i clienti che vogliono mangiare e bere bene avessero avuto chiaro questo concetto, allora col cazzo che loro avrebbero potuto fare e dire quello che gli pareva; e spacciare prodotti di bassa lega per eccellenze.

È colpa nostra. Ma soprattutto loro.

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