Gambero Rosso 2013: la pizza napoletana non è salva causa Bonci e Quaglia?
Sembrano svaniti nel nulla i titoli entusiastici di nemmeno un mese fa. La pizza napoletana STG è salva grazie al Pacchetto Sicurezza approvato dal Parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, il 13 settembre 2012. Si faceva riferimento alla riserva di nome, alla questione se sia possibile o meno registrare quel marchio grazie alle nuove norme di tutela della Dop, dell’Igp e della Stg.
Il titolo esatto, basta leggere l’Ansa che prontamente dà la notizia, poteva essere: La pizza napoletana dovrebbe salvarsi.
Le condizioni necessarie sono che sia istituito il Consorzio di Tutela come previsto dalla normativa e che si stabilisca un nuovo nome. Inoltre, gli stati membri dovranno recepire la decisione del Parlamento Europeo emanando i decreti attuativi della direttiva. Insomma, tutt’altro che una passeggiata. È questo il motivo per cui su Scatti di Gusto non troverete nulla di questo salvataggio: siamo alla Protasi, anche se con l’uscita della Guida Ristoranti d’Italia 2013 del Gambero Rosso siamo arrivati subito alla tragedia.
Cosa è successo? La guida ha previsto una nuova categoria, i tre spicchi sulla falsariga delle tre forchette che vanno a premiare l’eccellenza. Apriti cielo, tutti avrebbero pensato alla vittoria a mani basse delle pizzerie napoletane e invece sorpresa. Delle 4 pizzerie che hanno preso i tre spicchi la più vicina a Napoli è la Pizzeria Pepe a Caiazzo (Caserta), quella che a Napoli chiamerebbero la pizza di paese.
Due sono a Roma (Sforno e La Fucina) e una a Verona (I Tigli).
Parte quasi subito la protesta con tutti i difensori della pizza napoletana pronti a dare battaglia. I post macinano like e i tweet volano che è un piacere.
L’offensiva è condotta con la solita virulenza da Luciano Pignataro che, forte del suo ruolo di caposervizio del Mattino, lancia dalle pagine del quotidiano e dal sito la crociata contro il Gambero Rosso, Verona, Roma e la pizza non napoletana.
La Gazzetta Gastronomica annuncia la protesta con la convocazione da Gino Sorbillo per ricordare urbi et orbi che la vera pizza è quella napoletana. Stefano Bonilli deve precisare che non sarà a Napoli e che non pensa a nessun tipo di complotto politico (?!)
Ma allora se c’è tutta questa protesta, perché mai al Gambero Rosso avrebbero preso questa simile cantonata? Per fare un dispetto a Gabriele Bonci come il sempre livoroso Pignataro ventila? O per fare un piacere a Molino Quaglia?
Probabilmente, nessuna delle due ipotesi. Luciano Pignataro che ha officiato il rito di Anteprima Pizza Up a Napoli (un successo, come dichiara) avrebbe dovuto ricordare l’intervento di Chiara Quaglia che aveva sottolineato come la pizza non è appannaggio esclusivo di Napoli e che bisogna considerare altre pizze meritevoli e probabilmente più conosciute e apprezzate di quella napoletana. “La fama della pizza napoletana è un fatto romantico”, aveva chiosato Chiara Quaglia. Una dichiarazione che aveva provocato qualche reazione di disapprovazione da parte di Massimo Di Porzio, di Gino Sorbillo e di Salvatore Salvo.
Peccato che nel video girato da Elvio Gorelli nè nel resoconto del padrone di casa non ci sia questo significativo e premonitorio passaggio.
Aveva ragione Chiara Quaglia? Forse per un dato quantitativo piuttosto che qualitativo: basta chiedersi quanti sono gli abitanti/consumatori di pizza a Napoli e quanti sono quelli del resto d’Italia?
La guida del Gambero Rosso si è comportata come una guida: ha fotografato, o ha pensato di fotografare, una realtà consolidata. Ci sono migliaia di persone che scelgono di cenare con una pizza, non con una pizza napoletana. Che è cosa diversa da altre pizze (come anche quella di Franco Pepe piuttosto che quella al metro per restare vicino Napoli).
Provare a comprendere non significa però giustificare: ritenere che la pizza napoletana come genere non abbia un campione di eccellenza è un po’ assurdo. E questo ai curatori della guida del Gambero Rosso va sottolineato.
Ma senza urlare altrimenti si fa solo ammuina. E bisogna anche ricordare ai pizzaioli napoletani che il confronto con le altre realtà e tra di loro è la prima regola per comprendere a che punto è “l’avversario”. Richiudersi tra quattro mura o giocare il campionato tra Capodichino e Arenella porta inevitabilmente a crogiolarsi del proprio buco dell’ombelico.
E noi sappiamo che la loro abilità è elevatissima anche in sede di confronto al buio: come hanno dimostrato Gabriele Bonci e Gino Sorbillo alla nostra iniziativa Impasti possibili a Roma. A proposito, il Pizzarium non è nemmeno citato mentre Sorbillo (Anna, la titolare – forse Gino non è abbastanza conosciuto come pizzaiolo) deve accontentarsi di due spicchi.
Certo il lavoro del futuro Consorzio di Tutela della pizza napoletana STG parte con un discreto svantaggio: prima dell’Europa deve convincere l’Italia addirittura della sua eccellenza.
Sperando che non si passi dalla tragedia alla farsa.