I vini Emidio Pepe da Mimì alla ferrovia, spettacolo lungo 60 anni
60 anni da bere in un solo sorso, anzi, in più calici. È la storia del vino di Emidio Pepe dall’Abruzzo servita al ristorante Mimì alla ferrovia a Napoli. Per la storica trattoria fondata da Ida e Emilio – al secondo Don Mimì – nel 1943 in posizione strategica passava l’Italia. Lo diceva il fondatore e a più di 80 anni il fitto reticolato di fotografie alle pareti immortala le visite e l’evoluzione di un locale rimasto fedele a sé stesso. Senza perdere l’occhio sul presente per guardare avanti.
Proprio come è successo con la famiglia di Emidio Pepe che appunto di anni di cantina ne festeggia 60. Sono quelli trascorsi da quando, nel 1964, “nonno” Emidio – come lo racconta la giovanissima nipote Elisa – aprì la sua cantina con il nome di Aurora. Una nuova alba per un giovane che a sua volta aveva affiancato padre e nonno nella cantina di casa. Datata 1899.
Una storia che taglia 60 anni
Un altro mondo, anche allora, che guardava al Trebbiano e al Montepulciano d’Abruzzo come a “vini da taglio”. Buoni a rinforzare partite di altri più nobili vitigni. Ma la storia di Emidio Pepe si svolge diversa. Al contrario di quanto era l’opinione comune. Proprio come quella di Ida a “Mimì” Giugliano che il loro ristorante lo avevano aperto sotto i bombardamenti. Roba da incoscienti.
E questo intrecciarsi di follie le abbiamo ritrovate al tavolo di Mimì alla ferrovia per celebrare il genetliaco di Emidio Pepe. Officiato dalla terza generazione in cantina con Elisa De Iulis Pepe per i calici. E con Salvatore Giugliano che ha messo la tradizione partenopea nei piatti a modo suo. Insieme a Margaux Gargano, seconda generazione di Velier che ha inserito i vini di Emidio Pepe nelle Triple “A”, la selezione delle migliori espressioni di ogni terroir.
Tre storie di successo con le giovani leve in grado di surfare sulle onde della tradizione per spingersi in alto sul palcoscenico contemporaneo. Grandi vini, grandi piatti, grande distribuzione.
Siamo a Torano Nuovo nella DOCG Colline Teramane. 10 chilometri lo separano dall’Adriatico, 20 dal Gran Sasso. L’incrocio tra brezza marina e venti freddi della montagna assicurano un’ottima escursione termica. Il suolo argilloso lascia le radici di andare in profondità a cercare la componente minerale.
Il nuovo e l’antico di Emidio Pepe
Un racconto che si snoda dall’ettaro di nonno Emidio di fronte casa da cui è partita la storia della cantina per arrivare ai 17 ettari vitati dell’oggi. Ma sempre con la stessa filosofia: selezione delle vigne secondo le parcelle, viti a pergola perché la maturazione all’ombra fa bene ai chicchi e alle bucce che sono sottili e traslucide. Insieme alla decisione di continuare ad utilizzare le vasche di cemento con la sola innovazione, nel 1985, di vetrificarle per eliminare la porosità.
Il Trebbiano da Emidio Pepe lo pigiano ancora con i piedi per avere il controllo dei grappoli e dare il giusto peso alla vendemmia senza rompere i raspi. E il Montepulciano lo diraspano a mano, oggi come 60 anni fa. Affidandosi in cantina alle fermentazioni spontanee che vogliono tempi non sempre uguali. Insomma il vino è pronto quando è pronto.
Che potrebbe sembrare una non indicazione, ma vi basterà pensare che in 60 anni nella cantina di Emidio Pepe non è entrato un enologo esterno. Né tantomeno qualcuno della famiglia ha studiato enologia. Il risultato è che ogni bottiglia di vino racconta con precisione l’annata.
I vini sono imbottigliati senza chiarifiche e/o filtrazioni. Il che comporta la possibile e naturale formazione di un deposito. A seconda della potenzialità dell’annata, solo una parte delle bottiglie è messa sul mercato. Da sempre la cantina di Emidio Pepe è dedita all’invecchiamento secondo quella filosofia che non credeva – e ha fatto bene – a un Trebbiano o a un Montepulciano da taglio. Il tempo è l’ingrediente “segreto” di una cantina che ora conta più di 350 mila bottiglie. Un calendario in 40 annate da scegliere e da bere senza riserve, almeno a giudicare dalle due verticali proposte.
Cosa fanno Chiara e Elisa nella cantina Emidio Pepe
Verticali che sono andate di pari passo alle generazioni. Emidio e Rosa, la saggezza. Le figlie Daniela e Sofia che negli anni si sono divise tra amministrazione, vendita e cantina. E ora le nipoti Chiara ed Elisa impegnate rispettivamente in cantina (dal 2020) e nell’ospitalità. Un passaggio di testimone come avvenuto venti anni prima tra Emidio e Sofia. Segno di continuità anche nel modo di intendere la vite che è parte di agricoltura. Emidio Pepe si è sempre dichiarato agricoltore e 700 piante di olivi stanno a testimoniarlo insieme alle altre colture.
Non è che si sta fermi da Emidio Pepe, però. Nei nuovi impianti prediligono la pergola, in grado di coprire i grappoli dall’insolazione, a cui talvolta si aggiunge l’ombreggiamento di altri alberi da frutto. Il sovescio è praticato differentemente a seconda del vigneto, accordando la preferenza ai cereali in presenza di piante più vigorose. E invece le leguminose tra le vigne che necessitano di più nutrimento. E se un tempo i sovesci erano interrati, oggi si preferisce un semplice taglio per abbassarne l’altezza e garantire ulteriore protezione del suolo dall’eccessiva insolazione.
A ciò si aggiungono le prime sperimentazioni portate avanti da Chiara con l’impiego del latte. Che crea una trama sulla foglia della vite in grado di prevenire l’attacco dell’oidio. Come successo con le pratiche biodinamiche proposte da Sofia e Daniela in passato, le sperimentazioni sono portate avanti in maniera progressiva. Si studiano gli effetti nel corso degli anni su porzioni sempre maggiori di terreno, fino a una totale applicazione. Così oggi, attraverso l’osservazione del passato, l’adattamento del gesto alle esigenze odierne e la progettazione del futuro, Daniela, Sofia, Chiara ed Elisa si fanno custodi del lavoro cominciato da Emidio Pepe.
Gli assaggi dei vini
Prima batteria con i bianchi. Il Trebbiano con meteo africano lenisce e cura. Si va indietro partendo dalla 2019 per passare alla 2009 e alla 2004. Tre vini differenti per colore, profumi, gusto. Rispecchiano da vicino, come avevano avvertito, l’annata.
Fresca e con grandine (e senza Montepulciano) la 2019.
Freddissima – condizione storicamente amata dal nonno – la 2009.
Fresca ed equilibrata la 2004.
Io mi giocherei una fiche sulla 2019 in grado di reggere bene il tempo e di attenuare la verve vegetale con il trascorrere degli anni. La 2009 è andata giù che è un piacere mentre la 2004 la vedo compagna di tavolate a suon di classici. Pesce.
Intermezzo con il Pecorino 2022 che è stato messo a dimora per la prima volta nel 2006. Vino più intenso e meno floreale rispetto ad altri colleghi.
E poi si passa al Montepulciano d’Abruzzo. La sequenza è 2015, 2007, 2003 e 2000. Il più giovane è davvero giovane. Bello potente. Che fa da contrappunto al 2000, annata calda che non sarebbe il massimo e invece Emidio Pepe dà la zampata al tavolo. Guardo il menu degli assaggi dei piatti che proporrà Salvatore Giugliano al termine delle verticali. E appunto giudizioso: “devo provarlo con il peperone mbuttunato”. Sono indeciso con il Taco bao alla genovese e maionese alle alici di Cetara. Montepulciano 2003 o spinta verde del Trebbiano 2009? Meglio tenerselo per sé.
Insieme all’annata 1983 che al tempo del mio proibizionismo ero ancora minorenne. Farò un ritorno al futuro in attesa che il liquido rosso si adegui a questa nuova libertà fuori dalla bottiglia.
I piatti di Mimì alla Ferrovia e i vini di Emidio Pepe
Viene prima il vino o il piatto. Se c’è una cosa che mi è piaciuta moltissimo in questa doppia verticale è il liberi tutti dopo gli assaggi di vino. Al tavolo c’è chi fa la spola con il banco dei vini e quindi si può provare ad abbinare come meglio si crede.
L’indecisione permane con il classico peperone di Mimì alla ferrovia e il più innovativo Taco bao alla genovese. Due storici di “bella” consistenza che offrono più di un motivo per prediligere il bianco o il rosso. Alla fine faccio l’ecumenico con il Trebbiano sulla genovese che ha la nota marina e il Montepulciano sul peperone. Con tutte queste annate a disposizione esce più forte questo o quell’ingrediente ed il gioco è molto buono.
Con alici, provola, wasabi e zucchine alla scapece, la preferenza va sul Trebbiano 2009 che lascia spazio alle acidità. Il consistente crocchè di patate con tartare di gamberi rossi si sposa con il Trebbiano 2019 e con il vivacissimo 2022.
E poi c’è lo zito allardiato. Spadellato da Elisa con Michele Giugliano (qui il video). Che musica con il Montepulciano a salire e a scendere con le annate e il pomodoro che si fa strada.
È anche il momento del 1983 in questo ritorno al futuro quando l’allardiato era ancora più allardiato. Al naso dice ancora lasciami un po’ a riposare, ma in bocca accompagna saggio il condimento della pasta. Si può fare.
Lo allungo sul tubettone con peperoncini verdi, pomodori del piennolo, salsiccia e bufala affumicata.
Resetto con un babà e mi dico convinto dei piatti di Salvatore Giugliano e dei vini di Emidio Pepe.
Ottima intuizione in quel dell’Abruzzo. Da vino da taglio a vino che ti taglia piacevolmente il passaggio non era così facile e scontato.
Emidio Pepe. Contrada Chiesi. Torano Nuovo (TE). Tel. +390861856493 Instagram
Mimì alla Ferrovia. Via Alfonso D’Aragona, 19/21. Napoli. Tel. +390815538525 Instagram