Josè Restaurant, il ristorante stellato che ama la cucina concreta
Non pensereste mai di vedere ragazzini intenti a giocare a pallone in un ristorante stella Michelin, ma è ciò che accade al Josè Restaurant. Il ristorante a Torre del Greco guidato da Domenico Iavarone si ascrive di diritto nella categoria “cucina concreta”. Di cui vi abbiamo parlato recentemente anche con Re Santi e Leoni a Nola.
E che, per restare agli stellati in Campania, annovera tra le sue file molti esponenti. Come Il Papavero a Eboli di Fabio Pesticcio, tra l’altro con prezzi micidialmente ridotti, Palazzo Petrucci a Napoli con il “cuoco che cucina” Lino Scarallo. O Il Buco a Sorrento di Peppe Aversa a Sorrento in grado di smontare qualsiasi idea di mangimificio turistico. E Nonna Rosa a Vico Equense con la star Peppe Guida. Elenco che potrete rimpolpare pescando beninteso anche da altre regioni.
Perché Josè Restaurant è una stella per le famiglie
Ma Josè Restaurant è una sorta di unicum proprio per questa immagine di bambini, moloch della critica più feroce alla voce disturbi al ristorante, liberi di sgambettare nel prato della villa. Lontani da schermi di telefonini. Che fa il paio con un’offerta gastronomica che combina l’alta cucina di sostanza e la formula easy di brace e pizza.
Già, perché Josè ha più di un’anima e altrettanti spazi da ristorante. La quinta di verde che separa il parcheggio (plus di comodità) delimita l’area esterna con il pavillion, la serra, in legno che accoglie i tavoli. E ospita il chiosco con il forno per le pizze e la possente brace a vista. Tutto all’insegna del relax.
Non è che faticherete a prendere posto sotto il porticato che si apre davanti alla sala del ristorante. Il parco è lì davanti a voi e i bambini sgambettano emulando i beniamini del Napoli Calcio. Senza arrecare alcun fastidio, anzi.
Josè Restaurant insomma è un ristorante stellato per famiglia che sa come intrattenere i più giovani con un menu dedicato e fuori carta della tradizione. O che furoreggia con il pop della pizza e della carne.
La filosofia della cucina concreta è pratica abituale
Domenico Iavarone non ha dubbi: il suo credo è far star bene i clienti senza mettere paletti ad ogni passo. Accoglie le tavolate e non si preoccupa se un commensale vuole piatti alla carta mentre gli altri ordinano un degustazione.
Un’idea concreta che rende ancora più piacevole affidarsi al suo consiglio. Se state cercando un posto che vi faccia saltare dalla sedia, sarete accontentati. E non solo per fare quattro passi nel verde.
Che poi l’abusare, ci mettiamo anche noi tra questi, del famoso wow ha creato una divaricazione con la realtà. Perché mai non dovrebbe stupire un piatto di spaghetti al pomodoro fatto come la divinità della cucina vuole? O entusiasmarsi per un uovo (spoiler) rivisitato ma con il gusto giusto? Misteri della novità a tutti i costi e parametro malamente immaginato nella scala dei valori di nostra signora la Guida Michelin.
Cucina, sala, brace, pizza: cosa volete di più da un ristorante come Josè?
Restiamo sul concreto e facilmente verificabile. Che non riguarda solo la cucina ma si allarga alla sala con Pasquale Marzano, maître, e Salvatore Maresca, sommelier, che mettono subito a proprio agio. Un cocktail di professionalità ed empatia che non è facile trovare. La squadra del Josè Restaurant è ben affiatata. E anche nuovi elementi come il pizzaiolo che scherza sulle sue origini per affermare la capacità di fare la pizza si inseriscono in una cornice più che rosea.
Fare le cose sul serio senza prendersi sul serio è la cifra distintiva. Ma non voglio anticiparvi ancora sul tema pizza.
Bollicine e vino
E vado invece sul benvenuto. Calice di champagne Valentin Leflaive che sta benissimo sugli amuse bouche. Oliva ascolana non fritta, pappa al pomodoro che sa di ragù denso e fresco, biscotto al pepe con barbabietola crème fraiche e caviale di tartufo nero, pistacchiocon mortadella e vin cotto.
Scegliere il vino con il menu al buio è come tirare fuori la carta vincente dal mazzo. Mi aiuta il nome Mercoledì della nuova cantina Vigneti Tardis di Bruno De Conciliis. Che sarà mai un fiano del giorno della settimana da vigneti che sono tra Acciaroli e Casal Velino? Avevo sentito parlare nella mia seconda patria cilentana del progetto di Jack Lewens, ma me ne ero dimenticato. E questo vino, servito in un calice da cognac, è fantastico.
Benvenuti a bordo tra mare e campagna
La cucina scalda i muscoli anche con i grissini, il pane multicereale, la focaccia da accompagnare alla lattica a forte acidificazione. Bella sberla che prepara al primo antipasto.
La razza arrosto con orzo, fave e pomodori secchi stabilisce subito il metro e il rapporto tra mare e terra. Tra alta cucina e dimensione contadina. In un boccone fresco e piacevole.
È il fulmine che prepara alla tempesta. L’uovo, asparagi, patate affumicate in guisa di crema e il caviale sono un esempio di equilibrio e di flashback potente. Stra-buono, molteplici wow e migliore piatto del pranzo. Domenico Iavarone lo fa accompagnare da un blinis, ma devio sulla focaccia che ripulisce a puntino il fondo.
Ancora mare e terra con la zuppa di verdure primaverili, sconcigli e cipolle marinate. Il piatto mette in risalto la capacità di padroneggiare le materie prime cosiddette povere. Un saluto alla primavera forte e chiaro.
I primi piatti del Josè Restaurant
Uno dei cult del ristorante Josè: il risotto al limone con scampi e liquirizia. Come potrete immaginate a Tenuta Guerra i limoni sono di casa. La cottura in brodo di bucce e mantecatura in assoluto di agrume sferza il riso addolcito dalla liquirizia. Gli scampi croccanti di mare chiudono alla grande il piatto.
E carciofi sia con le fettucce che qui si ammantano del sapore dei ricci di mare ben dosati con il parmigiano. Liquirizia prima, liquirizia ora con un effetto balsamico che si apre tra i rivoli dello iodio. Una mano dosata in curva e con l’acceleratore a tavoletta.
Per l’alta cucina la triglia è come il foie gras o il piccione
La triglia è alta o bassa cucina? Sicuramente è uno dei pesci più difficili da governare. A parità di “specie” di fondale o di scoglio, la dimensione incide sul risultato finale. Che deve essere corroborato da un attento labor limae sul diliscare un esemplare da 250 grammi. Solo così diventa un boccone da antologia che per Domenico Iavarone è in un abbinamento quasi da catering matrimoniale: pesce e patate. Al ristorante Josè la serve con le patate fritte, la lattuga romana e i ravanelli sormontata da un’aria al pepe. Quasi una nobile concessione alle arti vacue di spume e spumette, ma qui in linea con la leggerezza del piatto.
Break per le papille con un pre dessert che sarebbe un dolce vero e proprio. L’arancia speziata con curcuma e sorbetto ai fiori di sambuco e anice resetta come da manuale di alta cucina.
La pizza per sfottere chi sfotte
E poi c’è il colpo scenografico del Josè, lo sfottò all’alta cucina secondo i massimali recitati dagli hater dei ristoranti. In un ristorante stellato si mangia poco e all’uscita l’unica soluzione è mangiare un panino per spegnere la fame chimica. O una pizza. Che Domenico Iavarone porta al tavolo nel cartone da asporto su cui c’è la sua faccia e l’invocazione “Domè, tengo fame”. La taglia rigorosamente con le forbici come vuole la nuova religione contemporanea. Non senza chiedere scusa al vate Enzo Coccia. E io me la gusto nella ottima combinazione di un impasto al cacao con farcitura ai tre cioccolati e frutti rossi all’assenzio.
Buonissima e anche i nazionalpoportodossi della cucina della nonna migliore dei stellati resteranno satolli. E le fette restanti le porteranno via a casa. Proprio come ho fatto io pregustando l’inzuppo assassino nel cappuccino a colazione.
Ci mette il suo anche Salvatore che copre l’etichetta della bottiglia: la birra Vignarella 2018 di Maestri del Sannio. Pizza e birra. Ma cosa volete di più concreto in un ristorante stellato mentre i vostri bimbi segnano ancora una volta il gol decisivo?
Un paio di cose: andare ad assaggiare la pizza e fare un ripasso di carne alla brace.
Voto: 9,5/10
Menu e prezzi di Josè Restaurant, il ristorante di Tenuta Villa Guerra
Due i menu degustazione proposti per l’intero tavolo (ma con apprezzate eccezioni).
Libertà a 100 €. 5 portate principali a scelta dalla carta. In abbinamento 4 vini a 40 €.
Viaggio a 120 €. 7 portate principali a scelta dello chef. In abbinamento 5 vini a 55 €.
E quindi la carta da cui pescare in libertà o affidandosi a Domenico Iavarone.
Antipasti
Il gran crudo (50 €, non ordinabile nel degustazione)
Razza arrosto (28 €)
Cuore di carciofo (26 €)
Uovo con gli asparagi (24 €)
Zuppa di verdure primaverili (26 €)
Pasta e riso
Risotto al limone (30 €, minimo per 2 persone)
Pasta mista con piselli, astice e provola (35 €)
Ravioli al vapore con verdura alla soia, salsa di lattuga e fiordilatte (26 €)
Candele spezzate alla genovese (26 €)
Fettucce di grano duro con ricci, carciofi e parmigiano (30 €)
Pesce e carne
Triglia (35 €)
Pescato del giorno con spinaci, zafferano, asparagi e infuso di limone (35 €)
Roll di maiale con carciofo ripieno, miele e rosmarino (32 €)
Galletto (40 € per almeno 2 persone, non ordinabile nel degustazione)
Petto d’anatra in crosta di sale alle erbe (40 €)
Baccalà arrosto con pinoli, pomodori infornati e latte affumicato (35 €)
Dessert
Selezione di formaggi campani (18 €)
Cake alla banana (15 €)
Pâte à bombe (15 €)
Arancia speziata (15 €)
Pizza al cacao (28 € per 2 persone)