La discesa dell’Arcangelo nell’inferno dei sensi a elBulli di Ferran Adrià
Notte insonne. Dopo cinque anni di attesa, finalmente domani sarà il giorno, sarà Roses.
La partenza da Roma è alle sette, ma io alle 6 sono già in giro a contemplare la fontana di Piazza Mattei e cercare nel suo ovattato rumore acqueo, un idea, un cenno di cosa mi aspetterà domani alla corte del Re, dell’Immenso.
Puntuali come un orologio cinese arriviamo a Barcellona con mezz’ora abbondante di ritardo, ma ci disturba poco perché subito ci tuffiamo nel traffico ed osserviamo, divertiti, le nostre stesse italiche “virtù”: orde di donne di Roma Nord, ops, di Barcellona nord alla guida di micro suv chiacchierano amabilmente al telefonino incuranti del traffico e della polizia…..
Sulle onde di queste radio che ci accompagnano al Santuario di Cala Montjoi, ricerco disperatamente un Marione Corsi che possa allietarci, ma niente, nisba, solo musica di basso livello e suoni umani incomprensibili. Nico ride sornione alla mia richiesta di qualche stazione radio coatto-romana che parli di calcio. Sosta, panino, primo cibo ispanico, primo caffé espresso (molto sic). Si viaggia spediti per arrivare alla meta per cercare di riposare ed arrivare freschi, concentrati ed in forma al Soglio…
Tutto qui? Questo scialbo e quasi insignificante paesaggio di costruzioni post moderne ha dato i natali al più grande genio della cucina del ‘900? Vabbé troviamo l’albergo e ragioniamo, anzi aspettiamo, anzi no, vado a fare un giro a piedi. Ci sarà un mercato, un luogo, una chiesa, un sito dove Lui ha iniziato ad essere Lui, dove la vocazione lo ha stordito e travolto e l’ha costretto(perché essa, la vocazione quando ti sceglie ti costringe e ti lascia senza alternative di fuga). Provo a vagare alla cerca come un cane da tartufi…..
Finita ora la più grande esperienza emotiva sensoriale della mia vita. Non ho parole, cercherò di trovarle, faticosamente, domani. Niente è paragonabile a tutto ciò. Non vi è traccia di opera umana conosciuta. È antropologia, genesi, ricerca, antico, moderno… Un insieme totale e unico che lascia senza fiato e senza parole. Un universo parallelo che delinea un solco ed un confine netto tra noi esseri umani ed un marziano, un alieno che arriva da altri mondi, che ha studiato la cucina e gli usi umani dai tempi dei sumeri passando per Roma antica, il rinascimento fino ai giorni nostri… Colmando un vuoto di millenni di storia.
Torniamo indietro lentamente, rimuginando lentamente. Non parliamo di cibo lungo questi tornanti bui che di giorno esplodono di luce, macchia mediterranea, olivi e rocce. Che cosa c’entra il cibo con le emozioni frustanti e molteplici di questa sera? Il cibo è stato un veicolo che ci ha portato in una/dimensione irreale, palpabile solo con le sfere cerebrali, puro paradiso. Ma niente di tutto ciò sarà replicabile, realizzabile solo minimamente. Tutto questo resterà chiuso ed inaccessibile nelle stanze della memoria e butteremo le chiavi in mare.
È mattina. Qualcuno ha deciso di costruire orridi agglomerati di cemento e vetro sulla costa sinuosa di Roses, qualcun altro corre incurante del mare e delle spiagge pietrose. Io che avevo deciso di mangiare e non pensare mi ritrovo seduto a pensare al cibo, chiedo scusa, alla rappresentazione di quello che noi umani chiamiamo cibo, ma che a Cala Montjoi, nella testa e nelle mani di Ferran Adrià, diviene astrazione totale, catarsi ed istinto primordiale. La lepre nelle varie declinazione abbinata al suo sangue é un cazzotto in pieno viso che ti scaraventa in un passato remoto e tribale, dove la caccia è elemento religioso e nutrizionale, dove paesaggi storici millenario vengono riportati in un contesto moderno… Abbiamo mangiato io e i miei commensali quasi tutta la cena con le mani, bocconi esplosivi di storia e di immaginario viaggiando a ritroso nelle epoche e tornando a tratti, ma solo a tratti, su questa terra, cercando negli occhi gli uni degli altri, un cenno, un chiarimento che tutto ciò potesse essere vero, che la finzione avesse potuto farci superare il limite consentito della percezione del reale. Eravamo lì, nelle mani di questo straordinario comandante di navi spaziali che ha dominato il nostro spazio tempo papillare ed emozionale… Eravamo felici e distanti, dolce salato, amaro e acido non erano più nulla di reale associato a gusto e sapore ma nuvole distanti dalla terra, dove ondeggiare, volare, sognare….smaterializzarsi.
Ora in giro per questo gioiello di città chiamato Girona. Abbiamo lasciato la nostra prenotazione da Roca a due amici. Siamo troppo scossi dall’esperienza di ieri sera, troppo emotivamente coinvolti per poter fare confronti od analisi organolettiche obiettive. Decidiamo per le tapas, semplici ed immediate. Decidiamo di mangiare, nutrirci e non pensare. Stanotte l’ultimo mio pensiero è andato a luglio 2011, quando chiuderà i battenti questo patrimonio dell’umanità chiamato elBulli, quando l’attore unico ed inarrivabile del teatro del cibo tornerà sul pianeta da cui è venuto. Nulla sarà più come prima appena lui metterà fine a questa opera possente durata quasi venticinque anni. Un canovaccio che ha cambiato le sorti dinamiche e palatali del nostro gusto. A memoria d’uomo, da quando è stata inventata la gastronomia, una rappresentazione così non si era mai vista. Mai lontanamente qualcuno aveva approcciato il cibo, le cotture, le tecniche e la sua rappresentazione visiva in un modo scientifico ed emozionale allo stesso tempo. Non andiamo certo a scomodare i vari Escoffier, Carême, Point, Carnacina bla bla bla. Tutti meritevoli certamente di lode ed attenzione, ma qui ci troviamo di fronte ad un totem che chiamarlo cuoco suonerebbe offensivo, ad un genio totale che ha reso il cibo storia e storia il cibo. Un visionario che ha afferrato epoche diverse e le ha contestualizzate attraverso lo studio scientifico e l’analisi storica, perfezionando i banchetti da Trimalcione a Bartolomeo Scappi…..
L’autostrada ci riporta verso l’Italia verso l’aeroporto di Barcellona. Ci lasciamo alle spalle un viaggio di migliaia di km ed emozioni, come in un film di Terry Gilliam. Ci allontaniamo da questo moderno Parnasus che inganna il diavolo e rende felici gli uomini con le sue alchimie, con i suoi 40 bocconi ultrasensoriali che dividono la storia del cibo terrestre e trafiggono le regole umane della “tavola”.
Scriviamo fine a questo racconto, appagati e al contempo pervasi da un inquietudine latente e mai doma, consapevoli di un privilegio unico: noi c’ eravamo, abbiamo assistito. Grazie di esistere Ferran Adrià!
[di Arcangelo Dandini. Foto: vcrown.com, linternaute.com, Lluis Gene/Agence France-Presse — Getty Images, nessundove.net, Divulgação]