Mogano, ristorante vicino Roma che ha il fuoco vivo in cucina
Siamo appena fuori Roma Nord sulla Cassia. Titolavamo qualche mese fa “Mogano a Formello, ristorante che sposa piatti e birra artigianale”. Ed è questa la cifra identitaria di un ristorante nato accanto al birrificio artigianale Ritual Lab. Di cui possiamo dire è parte integrante. Per un concetto familiare visto che lo chef Matteo Faenza è insieme ai fratelli Giovanni e Valerio. Se Matteo cucina, Giovanni e Valerio si occupano di produrre e distribuire la birra Virtual Lab. Il cui laboratorio è nato prima del ristorante che doveva aprire come pub.
L’occasione, nel 2021, è acquistare gli arredi di un noto ristorante stellato romano che chiuse i battenti proprio quell’anno. Lo riconoscerete appena entrati guardando i séparé in griglia di legno. Sono quelli che erano da Metamorfosi. Insomma, un’abile applicazione di riciclo e di sostenibilità oltre che di risparmio. Così passare dal pub al ristorante fine dining è stato un attimo. E se volete conoscere la storia di Matteo Faenza e del motivo del nome, il link è questo.
Ma dicevamo della birra che è il complemento dei piatti e dei menu degustazione approntati. Cosa che se siete andati sul link avete appena letto. Ebbene, ho deciso di assaggiare i piatti di Mogano senza l’abbinamento con la birra. Una bottiglia di vino dall’esigua carta perché se a voi e ai vostri commensali non piace la birra non mettereste il ristorante Mogano nella vostra lista.
E sarebbe un peccato perché Matteo Faenza ha una bella mano e il fuoco vivo dentro anche se in fase complichiamoci un po’ la vita. Il che comunque non gli ha vietato di entrare in Guida Michelin con una segnalazione che vale sempre oro a dispetto di quanto dicano i detrattori della Rossa.
Il benvenuto del ristorante Mogano è in cucina
Il tono informale è il benvenuto servito in cucina, modo di conoscere lo chef senza attendere il rituale del fine cena. E in attesa di altri clienti ci si intrattiene in conversazione. Cosa complicata se non fossimo stati i primi a varcare la soglia in una fredda serata in settimana.
Ma è la cifra dello chef che vuole ricercare e anche meravigliare. Dal suo alambicco tira fuori una bevanda analcolica al luppolo che con il leggero amaricante è chiamato ad aprire l’appetito. Fermenta ma non produce alcol. “Il luppolo è un ingrediente molto scomodo”, ci avverte Matteo Faenza che sottolinea come l’utilizzo in questa sorta di acqua profumata sia limitato a meno dell’1%. Per realizzarlo in cuina preparano un’infusione di acqua e luppolo a freddo (non superando cioè i 36°C), che mandano al birrificio per l’innesto di lievito selezionato. E da qui la preparazione ritorna in cucina dove è lasciata a fermentare.
E gli snack non sono meno particolari. Non mangereste banana e parmigiano reggiano, confessatelo, nemmeno se fosse Cattelan a inchiodarvi il cracker sul muro. Matteo Faenza, invece, vuole fare un omaggio al Sud America e al platano fritto e riempie le cialde croccanti con l’inusuale farcitura.
Sempre guardando al Sud America, ecco la versione del ceviche di Formello che fa a meno del pesce per proporre una fassona cruda in bagno di latte di tigre (limone invece del lime) e senza coriandolo. Va mangiato come un’ostrica.
E poi il quasi involtino primavera da intingere nella salsa di “soia” Pisa, dell’azienda agricola di Carlo Nesler di Viterbo, che non ha soia ma è prodotto con i legumi ed invecchiato due anni.
La breccia è aperta è l’appetito c’è.
Il pane e la birra
Ritorniamo al tavolo nella bella sala del ristorante Mogano ed ecco il pane. Matteo Faenza si dichiara autodidatta e anche nella pagnottella c’è lo zampino della birra. Che guardando agli ingredienti – cerali, acqua e lievito – è considerato un pane liquido.
Così nell’impasto ci va una percentuale di trebbie della birra che un po’ complica la vita alla maturazione. Accanto croccante al mais, taralli con foglie di sale, burro, olio di San Bartolomeo.
Visivamente attraente la crema di spinaci che nasconde un cuore di funghi cardoncelli e nocciole. Un ponte tra Roma e Viterbo con i funghi cardoncelli coltivati in grotta e quindi disponibili tutto l’anno. Sono cotti sulla griglia e rilasciano una piacevole nota affumicata. Conditi con latte di mandorla del viterbese come anche le nocciole e l’olio di nocciole. La spuma di spinaci e patate con gocce di latte di mandorle, guarnita con semi di zucca tostate e foglioline di ossalide del giardino di Ritual Lab, stempera un po’ troppo con l’umidità la forza dei cardoncelli. Una registrata in consistenza potrebbe rendere più performante un piatto già gradevole.
Matteo Faenza si fornisce del latte vaccino per filare al tavolo un fiordilatte di consistenza molto stretta per il piatto di caprese. Il fiordilatte espresso è lavorato con attenzione a partire da una cagliata asciutta per formare due bocconcini salati in pasta per consentire il servizio espresso.
L’effetto caprese è garantito dal gazpacho, dai pomodorini anche in guisa di polvere croccante e dall’olio al prezzemolo. Scenicamente perfetto e di buon gusto.
I primi piatti del ristorante Mogano
Un altro cavallo di battaglia di Mogano sono i tortelli ripieni di formaggio inglese conditi con brodo di cipolle arrostite, foglie di erba sale e un croccante alle cipolle. Il formaggio lo produce l’azienda agricola Ammano che utilizza una tecnica di trasformazione simile al cheddar. Lo spessore della pasta è importante e accompagna la consistenza del formaggio più strutturato degli usuali ripieni. Qui avete anche la ricetta.
Un uovo di ceramica che si scoperchia nasconde il ramen nostrano, interpretazione molto azzeccata di Matteo Faenza del piatto asiatico. Sul fondo c’è un brodo di pollo che accoglie il diaframma di manzo marinato e cotto alla griglia, rapa bianca, baby mais, taccole. In cima ai tagliolini all’uovo, fatti in casa e tagliati al coltello, un uovo di quaglia attende solo di essere rotto per mangiare tutto insieme. Wow, bel piatto.
Le carni
Si va sul piccione fornito dall’agricola Il Poggio di San Casciano dei Bagni. Matteo Faenza lo fa maturare per un mese dallo stagionatore con la superficie coperta da malto. Poi lo cuoce e lo nappa nel burro. Il petto è sormontato dal cavolo nero. Un altro buon piatto del ristorante Mogano.
Il petto di manzo è brasato con la birra Bock di Ritual Lab a prevalenza di malto che può essere utilizzata in cucina perché il malto sprigiona sentori dolci. Il pesto fatto in casa, lo scalogno in agrodolce e il finto spicchio di mandarino che è una crema di scalogno cotta in un succo d’arancia lo accompagnano. La rifinitura del piatto è affidata alla versione Mogano della salsa ponzu cioè prodotta a partire da legumi e servita fredda in contrasto con la carne. Una carne scioglievole e saporita.
Il dolce
Il pre dessert è una granita di rapa rossa, arancia e zenzero guarnita con fiori brassicaceae accompagnata da frolla con crema di latte e miele e gel di mango. Perfettamente rinfrescante.
Bella da vedere e soprattutto buona la ganache di limone, composta di limone con polpa scorza e succo di limone, scorza esterna di cioccolato bianco e tuile.
E quindi
Fuoco vivo, bella mano, Matteo Faenza riuscirà sicuramente a far parlare di sé grazie ad una cucina frizzante che ha solo necessità di qualche messa a punto dei dettagli per diventare travolgente. Non ve la perdete anche se non siete appassionati di abbinamenti con la birra.
Voto: 8/10
Menu e prezzi del ristorante Mogano a Formello
Da Mogano non c’è un menu à la carte e si può scegliere tra quattro percorsi di degustazione, il più corto Walk in è di tre portate (90 €), l’intermedio Contaminazione laziale da cinque (110 €), il lungo Ispirazione – quello recensito – da otto (130 €).
Infine c’è il menu Chef’s tabel da X portate, un percorso da vivere in cucina che viene modulato sulla curiosità e capacità di proseguire idealmente all’infinito la degustazione da parte del cliente (180 €).
Il pairing è previsto con birra o vino (3 birre: 20 €, 3 vini: 40 €; 6 birre: 35 €, 5 vini: 65 €; 7 birre: 40 €, 6 vini: 80 €) o infusi analcolici (3: 15 €; 5: 30 €); 7: 40 €. E si può anche pescare dalla carta.