Pizza Canotto. Perché mangiarla lo spiega Corrado Alfano della pizzeria Nonna Mà
Voi lettori di Scatti di Gusto già conoscete la pizzeria Nonna Mà a Frattamaggiore. Al banco c’è un veterano della pizza: Corrado Alfano.
Se non avete ancora letto l’articolo che spiega la sua pizza approfondite subito e mettete in conto la fila da fare per assaggiare una delle sue pizze.
La sua pizza l’abbiamo definita canotto veloce, cioè cornicione pronunciato ma non eccessivo. Veloce perché ha un buon CX aerodinamico di penetrazione.
Insomma un pizzaiolo classico e di lungo corso che si è evoluto restando al passo con i tempi.
Nella battaglia quotidiana, soprattutto su Facebook, che si consuma tra sostenitori della pizza tradizionale senza se e senza ma, spesso riconducibile al concetto tutto napoletano del chiummo (il piombo), e dei canottisti a spada tratta, spesso spiaggiata sulle secche di cornicioni gonfiati a suon di miglioratori, Corrado Alfano cerca la via di mezzo. Che come sappiamo professa la virtus.
Per la sua professione di fede si è affidato a un post sul social in cui offre la sua definizione di pizza canotto.
Eccola.
“CANOTTO”
Nel mondo pizza, prodotto ottenuto con un impasto che ha subito vari processi enzimatici, in seguito ad una lievitazione e una gestione ottimali ,che fanno si che si sviluppi più co2, il che significa meno zuccheri complessi, per azione di alfa amilasi e beta amilasi , più digeribilità e relativo sviluppo di profumi e sapori della farina usata.
Adesso mi spiegate, cortesemente, cosa avete contro questo prodotto?
Buona pizza a tutti.
Per riprendere il concetto e ampliarlo: cosa avete contro una pizza più digeribile realizzata solo con farina e sapienza della manualità del pizzaiolo chiamato a sviluppare con attenzione i tre pilastri su cui si fonda una pizza perfetta?
Studiare l’impasto, la farcitura e la cottura significa individuare farine pulite, ingredienti di qualità, asciugare e cuocere correttamente la pizza, individuare l’ottima composizione del topping e le relative fasi di cottura. Impiegare fiordilatte o mozzarella di bufala secondo le regole condivise e troppe poche volte scritte, esaltare il valore del pomodoro senza ricorrere allo zucchero, evitare l’utilizzo di grassi aggiunti negli impasti (almeno nella pizza di derivazione napoletana e l’olio extravergine di oliva nelle tipologie che lo richiedono anche se qualche genovese ha idee diverse), comporre il percorso sapendo che è il risultato a premiare il procedimento (diretto o indiretto) e non il contrario.
Quanto complicato sia adottare questa regola di semplicità sono ancora pochi pizzaioli a saperlo.
Non siete d’accordo?