Tre Olivi a Paestum, ho assaggiato il menu che racconta il Cilento: ottimo
Aveva cercato una stella Michelin e ne ha ottenute due con uno 0-2 che ha fatto discutere. E ora inizia la nuova stagione con un nuovo chef. Da 0 a 2 stelle Michelin è patrimonio del ristorante Tre Olivi a Paestum. La creatura di Giuseppe Pagano, ospitata nel Savoy Hotel, riapre i battenti dopo la conferma delle due stelle ad opera di Giovanni Solofra, partito per altri lidi (probabilmente la Toscana). Sui lidi della Magna Grecia, a due passi dalla spiaggia e dai templi, è arrivato Oliver Glowig. Tedesco (quasi) naturalizzato Caprese anch’egli protagonista di un memorabile 0-2 stelle Michelin all’Aldrovandi di Roma. Cosa che al tempo, correva l’anno 2011, fece discutere.
Sulla carta una fusione nucleare perfetta tra lo chef e l’imprenditore. L’uno ha lanciato nell’empireo il Capri Palace e il Riccio sul mare e l’Aldrovandi in città per un totale di 5 stelle. L’altro ha una visione strategica che ha imposto l’azienda San Salvatore ai vertici della notorietà internazionale partendo dalla terra della mozzarella di bufala. E del vino con le etichette disegnate dall’indimenticabile Gillo Dorfles di cui è stato amico. Senza dimenticare La Dispensa lungo la SS. 18 che rifocilla migliaia di turisti sulle strade delle vacanze. E poi ovviamente l’Hotel considerata la migliore struttura ricettiva di Paestum. Cui si aggiunge il Beach 93, stabilimento balneare scelto da Vip e notabili. Una galassia in cui entrano vigne, bufale, olio, ortaggi: miniere pronte a rifornire cucine e menu.
Un mix esplosivo cui è impossibile resistere. E infatti ci siamo fiondati non appena è arrivata la notizia della riapertura del ristorante.
Com’è il ristorante Tre Olivi a Paestum
Sì, lo so. Non si dovrebbe andare all’apertura di un ristorante. Ci vuole un periodo di rodaggio, l’assestamento ecc, ma l’occasione è troppo ghiotta avendolo a 35 chilometri da casa. E poi Oliver Glowig è chef apprezzato e non solo per le eliche cacio, pepe e ricci di mare. Piatto cult tra i più assaggiati (e magnificati) della sua cucina.
Invariato il contenitore, disegnato dall’architetto Diego Granese, con i bonsai e la calda accoglienza all’apertura della porta d’ingresso dalla lobby dell’hotel. I toni sono quelli ambrati delle calde serate di Paestum con l’arredo in legno e le doghe dei tre olivi al soffitto. Pochi tavoli occupati, ma d’altronde l’apertura è stata tenuta sotto silenzio.
Nuova squadra, nuovi menu. Oliver Glowig ha con sé la storica sous chef Narcisa David. In sala c’è un’altra colonna portante del ristorante due stelle Michelin, il sommelier Roberto Adduono chiamato a proporre gli abbinamenti.
Carta di semplice lettura ed efficace. Due menu degustazione, My Signature con i piatti storici di Oliver Glowig (e qualche variazione di ingredienti). E poi Paestum Tale che mette insieme la tecnica dello chef e gli ingredienti del territorio. Che non si limita a Paestum. È il menu nuovo, se così vogliamo dire a chi conosce i piatti di Glowig. Entrambe le soluzioni a 160 €. E poi la possibilità di scegliere i piatti alla carta con 3 portate a scelta e la possibilità di mixare tra i due menu (110 €). 16 piatti che sono una bella lista per accontentare clienti tradizionalisti, territoriali e internazionali.
Il menu Paestum Tale, la recensione
Partita dura da scegliere con le intramontabili eliche cacio e pepe con ricci di mare e il piccione. Due piatti “sparatutto” che vincono sempre in qualsiasi partita. Ma andiamo di ignoto con il menu Paestum Tale. E giusto una bottiglia di Gioì Extreme, brut rosè di San Salvatore che sull’etichetta inalbera il famoso bufalo apparso tra le vigne, ad accompagnare.
Il benvenuto di Oliver Glowig al Tre Olivi di Paestum svolge subito il tema dei ricordi e del nuovo territorio che lo chef ha esplorato da gennaio. Grissini al mirto (sì quello della mozzarella), cialda con le alici di menaica, taralli napoletani. E poi sui piedistalli, la bresaola di bufala su pane cristallizzato da quello raffermo con crema di carciofi, rosa di pancetta, crema di fave, crema di ceci di Controne. Insomma, Paestum e dintorni.
Il cotto e crudo di frutta e verdure che in verità è un piatto storico di Glowig lo riconferma. Cambia in base alla stagionalità dei vegetali. Ottimo, ma non è una scoperta.
I prodotti della terra di San Salvatore
Ecco il primo piatto Paestum Edition. Dentice cotto a vapore, vongole bianche, yogurt di bufala di San Salvatore, confettura di kunquat fatta in casa con frutti dell’orto e piselli. Si parte soft con lo yogurt un po’ blando, ma il mare arriva delicato con le onde placide di questo anticipo di stagione estiva.
Pane & “quaccosa”. Glowig ha imparato un bel po’ di espressioni dialettali. Basta che ci sia il pane, buono – fatto in casa con le farine di Antonio Pellegrino della cooperativa Terra di Resilienza. Ad accompagnare quella che diventa una vera portata è la ricotta di bufala e olio extravergine di oliva entrambi di San Salvatore. La miniera di cui si diceva prima. Vietato accettare il refill che non farebbe arrivare al termine del percorso.
Che spara uno dei proiettili cari al Direttore della Guida Michelin, Sergio Lovrinovich. Le animelle di vitello sono accompagnate dalle spugnole farcite con salsa al prezzemolo e una spennellata di ricotta di bufala. Che conferma la sempre eccellente cottura del quinto quarto di Oliver Glowig e il tuffo nel mondo di Paestum.
Il mare e monti da Acciaroli a Controne
O meglio, immersione nelle acque del Cilento. Che se Paestum è ormai considerata l’ingresso al territorio dell’acrocoro, il mare e le colline si spingono ben più a sud. I bottoni celebrano il verde delle colline e dei monti interni e il blu del mare in larga parte incontaminato e punteggiato da bandiere e 5 vele. La pasta fresca, perfetta per stesura e cottura, racchiude la salsiccia di Noglia e accoglie i gamberi rossi di Acciaroli. La tradizione saldata dall’essenza di cipolla trova una nuova dimensione in questo piatto del Tre Olivi di Paestum. Che diremo di alta cucina, ma che ne mangeremo a vagonate stile trattoria. Se diventerà un altro cult come le eliche cacio e pepe con ricci di mare si vedrà. Ma voi segnatelo anche per una cena alla carta e non ve ne pentirete.
La geografia dei luoghi per chi è innamorato del Cilento (e io lo sono) è un richiamo irresistibile e al contempo spia di un giudizio tagliente. Oliver Glowig ci sa fare e la triglia di Punta Licosa in zuppetta va a nozze con i fagioli di Controne di Michele Ferrante e gli scuncilli. Ottima sapidità, triglia che esprime tutto il meglio anche al cospetto della cotenna di maiale e tributo al contadino più contadino che c’è in zona. Applauso.
La cucina cilentana è di terra
Non lo dite a chi è terrorizzato da parole come quinto quarto e soffritto. Ma Oliver Glowig gioca di destrezza per proporre il soffritto di capra preparato dalle donne di Vallo della Lucania e assaggiato da Storie di Pane. Piatto della tradizione che per me andrebbe diritto diritto in un menu per quanto bistellato. Saggiamente lo chef ne fa una pallina suadente che accompagna il capretto in forma di rollè insieme alla salsa con uova e fave. Un classico del periodo primaverile che ricorda un fatto fondamentale della gastronomica cilentana: è cucina di terra, non di mare. E lo ricorda molto bene. Ovviamente con carne locale e verdure dell’orto. Adduono intanto non resiste e propone un calice di Pinèro Ca’ del Bosco del 2019 che ci sta benissimo.
Il dolce al carciofo del Tre Olivi di Paestum
Un percorso ricco per quanto leggero com’è nella tradizione della cucina di Oliver Glowig che qui al Tre Olivi di Paestum ha subito giocato una mano convincente. E ora resetta il palato con una meringa ghiacciata al limone.
Per la conclusione con un dolce non dolce. L’ode al carciofo è un altro tributo al prodotto tipico della terra del Tre Olivi e al carciofo di Paestum. Che si incrocia con il babà napoletano e il gelato all’olio di oliva e pane. Un contadino che va in Ferrari invece che con il trattore, perdonatemi l’immagine. Dolce molto buono a chiudere una cena checché senza rodaggio.
Al “cambio dell’olio” (o delle tisane) probabilmente lo chef proporrà altri ingredienti che sono entrati nella sua dispensa cilentana. E penso saranno fortunati anche i clienti dell’hotel con le colazioni e il bistrot o gli avventori del mare al Beach quando inizierà la stagione dei bagni. Prossimo obiettivo personale, il menu My Signature. Occhieggiano le eliche e il raviolo caprese, ma ci sono anche piccione e alici di menaica. Un ripasso farà solo che buono.
Voto: 9,5/10
Quanto costa il ristorante Tre Olivi a Paestum
Come detto, due menu degustazione da 160 € a persona e la possibilità di scegliere alla carta 3 piatti da entrambi i menu a 110 €.
Menu Paestum Tale
Cotto e crudo di frutta e verdure
Dentice con vongole e piselli, yogurt di bufala e Kumquat
Pane & “quaccosa”
Animelle di vitello, ricotta e spugnole
Bottoni ripieni di salsiccia di Noglia con gamberi rossi crudi di Acciaroli ed essenza di cipolla
Triglia di Licosa e la sua zuppetta, cotenna soffiata, fagioli di Controne e scuncilli
Capretto, uova e fave
Meringa ghiacciata al limone
Ode al carciofo. Babà al carciofo con gelato all’olio d’oliva e pane
Menu My Signature di Oliver Glowig al Tre Olivi di Paestum
Cotto e crudo di frutta e verdure
Scampi crudi con cuore di carciofo e stracciatella di bufala
Pane & “quaccosa”
Raviolo Caprese in salsa di pomodorini e basilico
Eliche cacio e pepe con ricci di mare
Spigola al vapore con ostriche e gelatina alle alghe
Piccione con salsa di fegato grasso d’oca, carpaccio di fichi bianchi e alici di Menaica
Pomodoro, olive e pinoli
Il Tuffatore. Soufflé al cioccolato con gelato ai fichi secchi, salsa al cioccolato e liquore di finger lime