Abbruzzino e Ceraudo: le stelle Michelin della Calabria a Roma
“Avevo voglia di Calabria” è il pretesto di Luca Boccoli del Settembrini Cafè per l’evento che ha unito in cucina due chef stellati: Caterina Ceraudo (Dattilo, a Strongoli, in provincia di Crotone) e Antonio Abbruzzino, (Alta cucina locale a Catanzaro), che divide la stella con suo figlio Luca, ventisei anni, “l’ideatore dei piatti di stasera”, ci spiega.
Luca arriverà poi a fine serata, reduce da uno stage in Finlandia, e in procinto di iniziare un’esperienza a Parigi.
Il menù, diviso equamente nelle portate, ha riservato piacevoli punte di originalità, ed è stato abbinato a una selezione dei vini prodotti dalla famiglia Ceraudo, nell’azienda agricola di Strongoli, tra cui il Grisara (vendemmia 2014), che quest’anno ha conquistato anche i Tre Bicchieri della guida Vini d’Italia 2016 del Gambero Rosso.
Proprio con il Grisara (pecorello 100%), apriamo la degustazione, che prevede un ‘benvenuto’ (Dattilo), composto da un panino al sesamo con tartare di gambero e maionese agrumata, e una sfogliatella (fritta dorata) con un ripieno di sardella e caciocavallo, filante e piccante al punto giusto, ma ancora troppo delicata per il vino, che ne esce predominante per struttura e aromi.
Tutt’altro discorso per l’antipasto, il gambero con sfoglia di rapa rossa, melograno e fegatini (Alta cucina locale), un piatto ‘tridimensionale’ per le diverse persistenze dei sapori, che sfumano in momenti successivi. Ultimo, l’amarognolo del pate di fegatini arriva a smorzare le dolcezze (della rapa e del gambero) e contrastare l’acidulo del melograno, preparando il palato ad accogliere l’aromaticità e la sapidità del Grisara con cui è decisamente a proprio agio.
La proposta di Caterina Ceraudo per il primo piatto è strepitosa: si chiama Sottobosco e ne evoca perfettamente consistenza e sentori. Abbiamo a che fare con una terra di porcini, ottenuta da una sabbiatura con il burro, spolverata su un cremoso di patate e topinambur. Sfoglie croccanti di galletti, champignon e finferli completano la composizione, sia sotto il profilo gustativo che ‘pittorico’. L’abbinamento è felice, con Imyr, chardonnay in purezza, affinato sei mesi in barrique, di buona struttura e alcolicità (14%), dai sentori di frutta gialla, dolce, lieve idrocarburo.
Bello anche l’abbinamento con il primo piatto di Antonio Abbruzzino, il risotto alla pastinaca, con curcuma, bottarga e mandarino, aromatico, speziato e leggermente amaricante, cremoso e allo stesso tempo consistente.
Il secondo è di nuovo a firma Dattilo, un omaggio alla tradizione natalizia laziale: carrè di agnello servito sulla carta da un’”insalata aromatica”, ma in realtà con un carciofo semplice ed essenziale. Nel calice è la volta di Grayasusi, rosato da uve gaglioppo, dal bel colore che ricorda il cerasuolo. Fresco, fruttato, lievemente speziato, molto piacevole, ma con la sapidità e la succulenza dell’agnello è una lotta impari. Non ce la fa. Idem per il rosso Petraro (gaglioppo, magliocco, greco nero e cabernet sauvignon) nonostante i 18 mesi di barrique e i 14 gradi, troppo fruttato e dai tannini un po’ polverosi.
Il dessert a cura di Alta cucina locale, è quasi espressionista. Una base di cioccolato declinata su consistenze diverse: il lievitato delicatissimo e scioglievole, il gelato fresco e vanigliato, e il sanguinaccio, denso, scuro, intenso e dal finale amarognolo. La coulis di lamponi e i frutti freschi completano il piatto con quel tocco di acidità che stempera la dolcezza e la nota di colore a contrasto. Un capolavoro.
Applausi e complimenti per i due chef a fine serata, usciti in sala per ringraziare il pubblico a tavola, senza divismi e senza clamore.
E con Settembrini Cafè che si conferma palcoscenico di belle serate.