Strofinacci sporchi nei ristoranti inglesi
La legge sull’adulterazione di cibi e bevande nella civilissima Gran Bretagna ha già 150 anni ma questo non vuol dire che la sicurezza alimentare non sia (anche) un suo problema. Erano infatti pronti i festeggiamenti, alla Royal Society of Chemistry di Londra, dell’ultracentenaria normativa sulle frodi alimentari quando un topo morto è saltato fuori (si fa per dire) da un barattolo di fagioli. Era l’inizio di settembre e lo sgradevole episodio, corredato da inguardabili immagini, si aggiungeva alla già nutrita serie di “corpi estranei” rinvenuti in passato nei piatti (e negli imballaggi) da Inglesi e Americani e documentati dalla stampa per l’occasione: denti (umani e animali) nel formaggio, nell’hamburger e nei biscotti; frammenti metallici in preparati a base di carne e nella verdura congelata; feci di ratto in pizze e pane surgelati; scarafaggi vivi e morti nei contenitori del riso e dello zucchero di un ristorante indiano e persino dita o porzioni di dita in un contenitore di crema al cioccolato e nel prosciutto. La Health Protection Agency stima che ogni anno 4,5 milioni di persone in Inghilterra e Galles soffrono di malattie correlate all’assunzione di cibo adulterato tra cui Salmonella ed Escherichia coli.
Ora l’ultimo colpo alla fiducia dei consumatori è stato sferrato dai risultati di una ricerca effettuata dalla HPA in 120 ristoranti e take-away nel Nord-Est dell’Inghilterra. Dall’indagine è emerso che il 56% degli strofinacci utilizzati nelle cucine (133 quelli testati) presentano batteri “a livelli inaccettabili” (oltre 10 mila per unità). La lista degli “intrusi” comprende Enterobatteri (in 86 strofinacci), Escherichia coli (21), Stafilococco aureo (6) e Listeria (5).
Dei ristoranti oggetto della ricerca solo il 32% utilizza strofinacci usa e getta, una pratica caldamente raccomandata, mentre scarsa è l’igiene osservata nei ristoranti che riutilizzano asciugapiatti lavati. “Anche se molti locali igienizzano i loro strofinacci con candeggina e altri tipi di disinfettanti, non sempre i resti di cibo, sui quali i batteri si riproducono, vengono rimossi completamente”, ha dichiarato John Piggott del laboratorio di Leeds della HPA.
E intanto la HPA ha divulgato anche i dati relativi al monitoraggio sulla salmonella contratta nel Regno Unito a seguito del consumo di carne e (soprattutto) uova di anatra. I casi di cui l’agenzia è venuta a conoscenza nel corso del 2010 sono 66, in netta crescita rispetto al 2008 (34) e al 2009 (47) e con una maggiore incidenza nell’Irlanda del Nord e nelle regioni del Sud-Est e del Nord-Est dell’Inghilterra. Si tratta di una forma di Salmonella (Typhimirium DT8) che produce sintomi del tutto simili a quelli di altre forme dello stesso batterio e che già in passato si era fatta viva in Irlanda a seguito del consumo di uova di anatra.
Foto: Anthony Appleyard
[Fonti: The Independent, Health Protection Agency]