Birra. Zwanze 2010 in simultanea Roma-Bruxelles-Philadelphia
Un evento imperdibile era stato preannunciato da Manuele Colonna durante la serata di degustazione della Gueuze di Cantillon al Bir&Fud di Roma. Presente Jean Van Roy, Manuele aveva invitato i presenti alla spillatura di Zwanze 2010 Blanche de Quenast di Cantillon in contemporanea al Ma che siete venuti a fa di Roma, al Moeder Lambic di Bruxelles e al Monk’s Cafè di Philadelphia. Un avvenimento internazionale che rappresenta il primo appuntamento di una serie di serate uniche, in cui saranno servite alla spina assolute rarità.
L’annuncio parlava chiaro: “Si inizia con la Zwanze 2010, infustata in una quantità limitatissima che verrà spillata CONTEMPORANEAMENTE . Ovviamente si tratta di un evento irripetibile, prima e ultima possibilità di assaggiare alla spina la Zwanze di Jean Van Roy, quindi si consiglia di non fare troppo tardi… “
E io sono arrivata presto. C’era meno affluenza del solito, colpa (o merito?) dell’ora da pre-aperitivo. Mi sono quindi preparata ad assaggiare questa birra “unica”. Con il nome Zwanze si indica l’umorismo tipicamente bruxellese e quindi la goliardia in genere, la confusione giovanile, ma a Bruxelles è anche un’arte di vivere, e come ha suggerito @slowriot81 aka Fabio Cagnetti nella serata precedente, “a Roma si direbbe caciara”.
Dicono che sia tradizione fare un po’ di confusione (non ci stupiamo) quando si beve la Zwanze. Manuele Colonna mi spiega che si tratta di una birra bianca vecchio stile a fermentazione aperta. Leggo che è composta da malto (60%), grano (35%), avena (5%) e luppolo. Il profumo è solo leggermente acido e si sentono gli agrumi, soprattutto limone, anche al naso. In bocca la trovo molto più morbida delle aspettative con un’acidità leggera che le dà freschezza, sapore di lieviti (dovrebbero essere Brettanomyces bruxellensis e/o B lambicus), e quello che prima mi sembrava limone in bocca è più un’erba cedrina, o forse questa sensazione è solo dovuta alla leggera speziatura. Sicuramente tra le Cantillon che ho bevuto questa è la più facilmente bevibile e l’ho trovata anche molto dissetante, non sento odori o sapori selvaggi come in altre birre a fermentazione naturale anche se all’orecchio mi giungono parole come “aia”. Sono contenta di aver avuto l’occasione di fare questa esperienza e assaggiare una birra che in fondo mi aspettavo più complessa e difficile. Una birra da bere chiacchierando con gli amici in una calda serata trasteverina di settembre in compagnia di una ciotola di patatine fritte come Sforno insegna con ketchup fatto in casa del Bir&Fud.
[Daniela Delogu]