Vladimir Mukhin, identità quasi sconosciuta da Mosca a Milano
Vladimir Mukhin è riuscito a colpire Paolo Marchi, anzi, a prenderlo per la gola. Vladimir chi?.. Lui è uno chef russo, di Sochi (vi ricordate delle Olimpiadi invernali?). Chef di quinta generazione, come tiene a precisare con orgoglio. Sochi, come sapete, si trova nel sud della Russia, sul mar Nero, anche se il ristorante dove lavora attualmente Mukhin, “White Rabbit”, è a Mosca, al 16° piano di un palazzo al centro della città.
L’apparenza inganna. Non è un musone, come potrete forse pensare, ma è un personaggio gioioso, che parla molto, con gusto, con passione, esprimendo tutto l’amore per il cibo, per la sua professione e per il suo popolo.
Forse va un po’ controcorrente Mukhin quando afferma che “:…al ristorante non è l’estetica l’ingrediente più importante, ma l’anima russa, i sapori amati, gli ingredienti che non possono mancare: pane di segale, vodka, cetrioli in salamoia, aglio”. Ingredienti semplici, insomma, ma che sono alla base sia delle feste sia dell’alimentazione di tutti i giorni.
Partiamo con un antipasto: meringa a base di miele, con la gelatina di madeira, non portoghese, ma russa, “fatta con le uve del sud del Paese, con l’aggiunta di alcol di grano, per questo viene più saporita e gradevole”. Sopra sbriciola un po’ di terrina di foie gras, cotto nel pech’, un tipico forno russo, in un coccio, a bassa temperatura. Alla terrina viene aggiunto solo un pizzico di sale e di tartufo nero, che – dite ohhhh – nel sud della Russia si trova in grandi quantità.
Il piatto successivo prende spunto da una leggenda russa: “Se una giovane donna mangia un caco al giorno, rimane sempre bella”. Mito affascinante, verrebbe voglia di seguirlo (non lo conoscevo nemmeno io che come vedete dal mio cognome sono proprio di quelle parti). Ma come fare evitando cachi che allappano o si spappolano tra le mani? La soluzione è un tipo di cachi russo: cachi ambra, sodi ma dolci, mai fastidiosi, grazie al microclima della città di Sochi. Vladimir ha pensato di servire questo frutto con la carne essiccata del tipo bresaola (basturma), ed è stata la mossa vincente. Paolo Marchi è stato conquistato da questo abbinamento frutta/carne, definendolo sconosciuto in Italia (posso dire la mia? Faccio l’insalata di cachi vaniglia e carne lessata da una vita, ma nessuno per questo mi ha invitata a Identità!). Il profumo principale di basturma è il fieno fresco, e poi pepe e paprica, aromi forti ma essenziali. Il filetto così condito viene essiccato appeso sugli alberi, perché, spiega Vladimir, “a 2000 m di altitudine, dove abbiamo il ristorante di famiglia, non ci sono le mosche, e allora la carne può rimanere all’aria aperta”.
Alla fine nasce il piatto: il formaggio di pecora fresco, una sorta di ricotta, servito con i cubetti di cachi ambra, le fettine di basturma, una manciata di rucola e un condimento a base di olio di girasoli, senape e aceto balsamico italiano ristretto. Sapori veri, sapori del sud.
Il terzo piatto è a base di cozze del mar Nero che, spiega Muchin, sono più salate e più saporite di quelle mediterranee. Nel mar Nero si producevano annualmente 13 milioni di ostriche che si esportavano in Francia (e figuriamoci se i francesi l’avrebbero mai raccontato!), ma poi nelle acque del mar Nero sono finiti gli sconcigli di Vladivostok, letali per le ostriche. Morale della favola, adesso si ricomincia a rimettere in piedi gli allevamenti.
Le cozze vengono aperte in una padella con un po’ di sidro ed alchechengi e servite con il brodo stesso, amalgamato con un pezzettino di burro, la gelatina di sidro, un poco di spuma di cipolle rosse di Yalta (dolcissime e succose come quelle di Tropea) e una presa di sale nero di Kostroma, un sale molto particolare che, mescolato alla farina, si cuoce nella pech’ per 30 giorni.
Vladimir ha voluto far conoscere al pubblico le bacche dell’olivello spinoso (sono piccole, arancioni, crescono direttamente sui rami e hanno un sacco di proprietà curative). Un piccolo bonbon dal sapore esplosivo e dal profumo intenso.
Vorrei organizzare una bella spedizione al White Rabbit a Mosca e mi propongo come guida. Che fate, mi seguite per scoprire la cucina di Vladimir Muchin?