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Ristoranti
19 Ottobre 2016

5 punti irrinunciabili per una sala di successo. Come al Ristorante Berton a Milano

La sala di un ristorante è quello spazio fisico e sensazionale in cui si entra e “si sta” per tutta la durata di un’esperienza enogastronomica. È il luogo
5 punti irrinunciabili per una sala di successo. Come al Ristorante Berton a Milano

Andrea Berton

La sala di un ristorante è quello spazio fisico e sensazionale in cui si entra e “si sta” per tutta la durata di un’esperienza enogastronomica. È il luogo del primo impatto, delle prime impressioni che accompagnano l’ospite fino alle battute finali.

La sala, fatta di gesti, persone e arredi diventa elemento fondante e imprescindibile di un ristorante di successo.

lorenzo-sica

Per conoscere e raccontarvi tutti i segreti di quell’elemento fondante abbiamo interpellato Lorenzo Sica, giovane Direttore di Sala che da due anni e mezzo lavora al fianco dello chef stella Michelin Andrea Berton (prodigo di consigli nell’indirizzare i lettori di Scatti di Gusto ai migliori indirizzi meneghini)nel Ristorante Berton a Milano.

Dunque, quali sono i punti che fanno di una sala l’attributo e la spalla di un ristorante di successo?

Ecco le risposte.

1. ACCOGLIENZA

PHOTO; MARCO SCARPA/SKORPIONPRESS

Quando si varca la soglia, ciò che l’ospite vede è il biglietto da visita di un ristorante. Tutto quello che viene visto, toccato e sentito deve essere pensato nei minimi dettagli: quindi accoglienza che parte dall’immagine.

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Il nostro ristorante nasce in un quartiere nuovo di Milano e lo rispecchia. Abbiamo fatto della modernità il leitmotiv della nostra immagine. Lo si può capire dagli arredi, che tendono al minimalista senza eccedere nel freddo e nell’impersonale. E lo si può vedere dalle nostre nuove divise, pensate e letteralmente cucite addosso al personale di sala e cucina. Eleganti e moderne, ma non troppo, fresche e giovani, frutto del lavoro dell’azienda Eleventy di Milano.

Dinamica e vivace, proprio come noi, l’azienda ha saputo trasformare la filosofia del ristorante, il pensiero dello chef e il mood di tutta la squadra, in abiti da lavoro per me e i miei collaboratori, per il maître Marco Franzese e il sommelier Luca Bertè che sono rappresentativi del nostro modo di lavorare. Ad esempio per lo chef ha realizzato un pantalone in tessuto strech molto leggero, con tasche laterali proprio per andare incontro alle sue esigenze in cucina.

L’abito è sinonimo di cura e attenzione al dettaglio ed una marcia in più per la sala di un ristorante di successo.

Ma l’accoglienza è fatta anche di modi garbati, che mettano l’ospite a suo agio. Nei primi 10-15 minuti si pongono le basi di tutto quello che verrà vissuto poi dal cliente, ed è fondamentale non solo mostrarsi attenti, presenti e capaci, ma soprattutto capire l’esigenza di chi è appena arrivato.

2. CAPIRE L’OSPITE

Ristorante Berton

Quando si lavora in un ristorante come quello di Andrea Berton, si ha che fare un target molto vasto: c’è chi cerca l’esperienza gourmet, chi per un pranzo e/o cena di lavoro importante, chi per una serata romantica. In questo scenario, capire l’ospite per noi vuol dire lavorare come un sarto per cucire addosso a lui un’esperienza ad hoc. L’obiettivo deve essere fare di quella cena o quel pranzo un momento indimenticabile e nei primi 10 minuti di accoglienza cerchiamo di capire quali sono i motivi e lo scopo della visita al ristorante.

Individuare le esigenze – e l’umore del cliente stesso – significa anche capire quale tavolo può dimostrarsi il più adatto, che approccio avere – se più o meno informale – quanto spingersi nel proporre all’ospite un percorso e quanto invece lasciare a lui la decisione. Imparare a capire tutto questo, rispondere alle richieste, tacite e manifeste di ogni ospite, è ciò che rende unica e indimenticabile ogni esperienza.

Perché non esistono cene, momenti, piatti giusti in assoluto: esistono persone diverse, con gusti e umori diversi, e il nostro ruolo è incastrare alla perfezione tutte le parti in gioco.

3. ATMOSFERA

Andrea Berton Clelia Martino

Amo definire l’atmosfera che si respira al Ristorante Berton un’atmosfera friendly, non nel senso della sua traduzione letterale. Non amicale o troppo amichevole, ma meno formale. Meno austera, anzi direzionata ad instaurare un feeling con l’ospite, in modo che si rilassi, si lasci trasportare da questa atmosfera più leggera e si senta parte integrante del ristorante.

L’ospite per noi viene prima di tutto, e immergerlo nella giusta atmosfera lo predispone positivamente a tutto il dispiegarsi della serata: anche l’assaggio è premiato dall’atmosfera. Se permettiamo all’ospite di non pensare a nulla, liberandolo anche dalla pomposità di un’immagine stereotipata di sala che non esiste più, dedicherà più tempo alla scoperta del piatto, dei profumi, dei sapori e delle consistenze.

4. PROGRAMMAZIONE

cucina-ristorante-berton

Altro elemento imprescindibile è la programmazione. Programmare vuol dire rendersi pronti a qualsiasi evenienza o imprevisto, essere sul pezzo. Noi ci prepariamo a tutto grazie a una grande formazione che faccio con i miei ragazzi.

Ci prepariamo sui tutti i prodotti, perché oggi una sala di un ristorante degno di tale nome non può permettersi di non sapere ciò che porta a tavola. Perché si ha che fare con gente sempre più preparata e appassionata, perché bisogna essere consapevoli delle possibili allergie o scelte alimentari alternative. Ci prepariamo su ciò che ci succede intorno: alle 9.00 del mattino, dopo il briefing leggiamo il giornale tutti insieme, per essere aggiornati, per approfondire la propria cultura personale e per essere in grado di avere un approccio con l’ospite che sia completo.

5. SINERGIA TRA SALA E CUCINA

Andrea Berton Mini

Parola d’ordine: fare team. Lo spirito di squadra è il vero punto da cui parte tutto e la squadra è l’intero ristorante. Cucina e sala sono come il motore di un’auto: la cucina è il cilindro e la sala è il pistone, non possono sussistere e non possono lavorare l’uno senza l’altro. Il team è unico, con una suddivisione dei ruoli ma non degli intenti. Il fine ultimo del lavoro di tutta la squadra è costruire un’esperienza che sia unica per ogni singolo ospite e si può raggiungere questo scopo solo con un lavoro sincrono e sinergico.

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Due sono gli elementi che ci hanno permesso di riuscire in questa non facile impresa: una brigata molto giovane e l’affiatamento, umano oltre che professionale, che si è creato tra i membri di tutto il personale. Noi al Ristorante Berton entriamo alle 9.00 del mattino e usciamo all’1.00. Ci confrontiamo, condividiamo gioie e dolori, viviamo insieme. Un momento speciale è quello del pasto: lo si fa tutti insieme e i ragazzi di cucina – che vengono da tutta Italia – spesso preparano i piatti tipici delle loro regioni. Questo diventa un ennesimo momento di confronto e crescita, per capire le tradizioni e i sapori. E per capire le persone.

Credo ci sia un altro elemento che abbia aiutato la costruzione della squadra: il feeling e la stima reciproca che si sono creati sin da subito tra me lo chef Andrea Berton. È una persona che sa riconoscere l’impegno che ognuno profonde nel ristorante e quando convinto di un tuo progetto, ti dà piena fiducia e quella giusta motivazione giusta per andare avanti.

Un’ultima domanda, come ha spiegato in un’intervista esclusiva a noi di Scatti di Gusto Sergio Lovrinovich, direttore della Guida Michelin Italia, per la rossa ciò che va guardato è la performance assoluta del piatto e noi il contorno.

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Può la sala contribuire a quella performance assoluta?

Io credo proprio di sì. Noi non siamo semplici veicoli che trasportano un piatto. Noi della sala siamo ambasciatori e naturale prolungamento della cucina. Siamo dei portavoce che raccontano gli ingredienti e come questi siano stati combinati dallo chef e dalla sua brigata. Raccontiamo il loro lavoro cercando di fare del piatto un elemento vivo. Quando lo staff di cucina prova un piatto, noi di sala lo assaggiamo e questo ce lo fa conoscere, memorizzare e capire. In questo modo possiamo raccontarlo a 360°, dalla sua composizione alle sensazioni che trasmette. Traghettare un ospite verso la conoscenza di quel piatto, renderlo invitante perché si spiega la combinazione dei sapori o accattivante per il lavoro che c’è dietro o ancora guidare l’ospite in un ordine di assaggio così come voluto e pensato dallo chef, contribuisce alla performance assoluta di quel piatto.

[Immagini: Marco Scarpa, Facebook, Scatti di Gusto, Vincenzo Pagano]

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