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20 Aprile 2010 Aggiornato il 7 Aprile 2019 alle ore 17:15

A Firenze, il panino di ‘ino non teme confronti

Firenze. A mezzogiorno mi faccio un panino e via. Eccola la punta di rammarico per un pasto di sopravvivenza nella fatidica pausa pranzo che si consuma
A Firenze, il panino di ‘ino non teme confronti

Firenze. A mezzogiorno mi faccio un panino e via. Eccola la punta di rammarico per un pasto di sopravvivenza nella fatidica pausa pranzo che si consuma attaccati ad un bancone spesso avvolto in creme e precotti. Aiuto, ingollare calorie senza sentimento e piacere è la dannazione dell’uomo (e della donna) moderno. Se da McDonald’s non ridi non è che seguendo le strisce di maionese/carciofini/tonni/pollo/lo-riscaldo ti sbellichi dalle risate. Per fortuna, io un paio di posti dove rinvigorire i trascorsi da paninaro di Antignano (per i nordici trattasi di zona mercato di Napoli) me li sono annotati. Non si sa mai, anche in trasferta finisci con doverti traghettare tra una pausa e l’altra, fare quel tanto tardi oltre l’ora “X” per cui non troverai nessuno disposto a darti da mangiare se non “quelli sulla piazza” che sono lì proprio per adeguarsi agli orari impossibili del turista in cerca del posto da raccontare. A Firenze, di recente, ha lasciato attaccate al bancone le papille non un solo gastrofanatico, ma addirittura un intero manipolo di quelli da guerra pesante. Una processione con tanto di santo che si è spiaccicata nel posto da pollice verso.

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Capita a tutti, ovvio, ed è per questo che il Panino, quello con la P maiuscola, è una cosa seria, serissima. Può salvarti una giornata. Quindi carta e penna e segnate ‘Ino, diminutivo di Panino. Nome veloce come Ci-ro, anzi di più per evitare che qualcuno possa dimenticarlo. Nome conosciuto, ribatterete, e sia lo concedo, ma in quei momenti di obnubilamento da calo dei zuccheri è meglio googlizzare la mappa nel cervello e come un San Bernardo andare a fiutare il percorso di salvezza per Via dei Georgofili. Appena lasciato l’Arno, la bottega di Alessandro Frassica vi appare bella pulita nel suo disegno contemporaneo di antica bottega dei sapori.

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Alessandr-ino è tipo simpatico che ha smesso, è il caso di dirlo, i panni dell’uomo dedito all’abbigliamento e al glamour per lanciarsi a capofitto nella passione che lo faceva scrivere da una decina di anni per Slow Food. Il 10 novembre 2006 apre la sua bottega che sembra riallacciarsi ad un’idea rinascimentale dell’artigianato di qualità in una città che è vieppiù incalzata da turisti smarriti nella storia e disorientati nel presente. Un luogo di servizio vero, innanzitutto, perché ‘inno è aperto tutti i giorni dalle 11.00 alle 17.00. Cioè quando hai bisogno di un intermezzo, di rifocillarti o di acquistare qualcosa per il desco casalingo.

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Sì, perché non l’ho definita bottega tanto per ritornare al tempo di Dante. L’è bottega perché vende le cibarie che puoi mangiare sul luogo o portarle via come accade in salumeria. Crossover nato dall’idea di mangiare quello che vedi e mangiare per decidere cosa comprare. Una bottega evoluta, insomma, “perché sarebbe ingenuo pensare di spingere a fare la spesa o almeno soltanto quella”, spiega Frassica che cercava uno strumento per far conoscere prodotti di qualità e chi quei prodotti li fa venire alla luce. Occorreva un contenitore e quel contenitore è appunto ‘ino. Così voi saltate la filosofia slowfoodista che è alle spalle del bancone, ma ne godrete appieno. E lo si può fare non solo nel luogo deputato di via dei Georgofili, ma anche in qualche catering durante gli eventi che vedono il panino ino-ino gran protagonista. O da qualche giorno al Bar de L’O, ossia al lussuoso punto di incontro foderato in pergamena dell’hotel L’Orologio disegnato dall’architetto fiorentino Marianna Gagliardi. Luogo molto bello ispirato al mondo del collezionismo del vintage da polso cui dovrebbero restare fuori i parvenu. Un ulteriore companatico per il nobile panino fiorentino che, oltre alla materia di prima qualità, ha il pregio di venire via a prezzi d’antan. Basta allungare lo sguardo sul menu appeso di fronte al bancone e lasciarsi conquistare dalla nicchia dei salumi o dalla danza delle signore che maneggiano la Berkel rossa come meglio non si potrebbe per dare ampia soddisfazione alle papille già titillanti davanti a cotanta vista.

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Noi, in tre, abbiamo fatto un percorso piuttosto ricco che si è snodato attraverso formaggi potenti (pecorino con pinoli di San Rossore o pistacchio di Bronte o zafferano, taleggio di Eros Burani) accompagnati da una mostarda di Dario Cecchini, fresco Mediterraneo (tonno rosso Sangiolaro con pomodorini e capperi lilliput di Pantelleria), cinta senese di Paolo Parisi e salame rosa di Bologna, panino con tapenade, crudo e pomodorini. Il tutto accompagnato da un bicchiere di rosso.

Qualcuno che ne sa una più del diavolo dice che il tempo del lusso e dell’alta ristorazione è finito, che l’informale prenderà il sopravvento, che la semplicità sarà il nuovo lusso, che l’onda delle tapas, dei pinchos e dello stare insieme a tavola sarà vincente. Prossimo futuro? A Firenze, da ‘ino è già passato prossimo. Correva l’anno 2006, poco lontano dagli Uffizi e da Piazza della Signoria. Un’altra storia tutta da gustare!

‘ino. in Via dei Georgofili 3r-7r. Firenze. Telefono +39 055.219208.

Foto: Francesco Arena

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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