Aiuto, hanno ammazzato in quel di Roma la pasta del Pastificio dei Campi!
No, niente, nisba, niet. Il connubio Gragnano-Roma-Milano non ha funzionato. I profumi e i sapori della Costiera, la cena a tutta pasta di Gragnano con la materia prima del Pastificio dei Campi nell’interpretazione di Fabio Baldassarre, è stata una spaventosa débâcle. Di quelle della serie se non l’avessi vista non ci crederei.
Al Ketumbar, luogo gastrofigo côté oriental-chic con spugnatura grigia e tavoli con divani separé, è andato in scena un percorso che avrebbe fatto sballare qualsiasi appassionato pastarolo. Agli assaggi d’autore la prima delusione che ho subito addebitato al mio ritardo di una ventina di minuti sulle operazioni di avvio. Gli antipasti in mood finger food sono una tortura se devi ingollare tutto con un cucchiaino di plastica, ma il conchiglione con verdure e salsa huancaina spegnerebbe qualsiasi entusiasmo.
Poco male, il menu prevede 4 formati di assoluta lussuria: mafaldine, vermicelli, paccheri, calamarata più l’aggiunta di una pasta mista in guisa di dolce.
Il tavolo reagisce male mentre apparecchio la prima foto con impazienza. Insalata di Mafaldine con gallinella di mare all’olio, fave e pecorino. Fredda, ovvio, ma all’altezza di un brunch da catering “famolo strano”. Resta nei piatti e siamo abbastanza imbarazzati.
Arrivano i vermicelli con cozze, “cacio di mare” e pepe nero. Stanno spiegando cos’è il cacio di mare ma, complice anche la sfiga di una bottiglia al sapore di tappo versata a due degustatori professionisti, restiamo letteralmente basiti per il livello di scottura dei vermicelli.
Ma il peggio deve ancora arrivare. Paccheri con pomodoro del Piennolo, basilico e peperoncino. Paccheri addirittura spaccati come la peggiore pasta da discount. Come sia possibile che un prodotto da 10 euro in su al chilo possa sprofondare in un abisso così cupo resta un mistero. Tavolo disperato e senza parole (ma con molta fame) e abbandono di uno dei commensali.
Lo stato di sfiducia viene in parte lenito dalla calamarata all’amatriciana il cui azzardo di combinazione formato-condimento resta tale, anche per una certa consistenza del pomodoro da passata in tetrapak, ma almeno il controllo della cottura è umano.
Chiudiamo su un assurdo dolce in mista corta di Gragnano con infuso di carote, piselli e zabaione alla curcuma con tutto lo zucchero possibile “estratto” dalla pasta.
Una fanciulla foodblogger prova ad inzupparci le frittelle, ma la legge del contrappasso è micidiale: sono crude.
Usciamo abbastanza perplessi dopo aver salutato la sempre gentilissima Mafaldina. Ci viene il sospetto che il patron Giuseppe Di Martino (assente per impegni di lavoro oltreoceano) abbia voluto utilizzare gli appassionati, i giornalisti e i foodblogger convenuti come cavia di un test per soppesare la fidelizzazione al marchio che riscuote tanto successo sulle tavole e in rete. Ma se era il modo di festeggiare la certificazione di produzione 100% Made in Italy, ricevuto dall’Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani, meglio allora aspettare una nuova occasione conviviale. A meno che non sia una manovra tattica di Fabio Baldassare che ha deciso di diventare Unico non solo per l’attesa dell’apertura del suo ristorante a Milano, ma anche per le modalità di invito!